mercoledì 20 giugno 2018

Al Méni (le mani) di Tonino Guerra e la kermesse di Bottura, il Grand Hotel di Fellini e la Notte Rosa: è la Romagna, bellezza!

Il tendone di Al Méni, la manifestazione di Rimini sulla gastronomia emilianoromagnola.

Lo so, lo so, lo so 
che un uomo, a 50 anni, 
ha sempre le mani pulite
 e io me le lavo due o tre volte al giorno
 ma è quando mi vedo le mani sporche
 che io mi ricordo di quando
 ero ragazzo


(Amarcord, di Tonino Guerra)

Rimini e Fellini, Fellini e il circo: nella piazza intitolata all’indimenticabile regista di 8½La dolce vita Amarcord, il 23 e 24 giugno risorge il circo, per il quinto anno consecutivo. Sotto il tendone, ma anche al di fuori, intorno, gran festa di sapori e saperi: si celebrano la cucina e i prodotti gastronomici dell’Emilia Romagna, passando dagli showcooking di 12 chef della regione e di altrettante promesse della cucina internazionale (i piatti si potranno gustare, e a prezzi da street food) al mercato degli artigiani e produttori di cibi particolari, sfiziosi o semplicemente tradizionali. Sono Al Méni, bellezza, e tu ci puoi fare molto, parafrasando al contrario l’Humprey Bogart de L’ultima minaccia. Ci si può andare per esempio, a Rimini, e ne vale la pena. Perché qui, signori, non sono in
Federico Fellini
mostre tette e natiche, ma le mani, Al Méni, come però NON s'intitola una piccola lirica di Tonino Guerra, poeta e romagnolo doc bensì solo la manifestazione. La poesia si chiama Amarcord, è in italiano (salvo smentite: così è riportata sul sito www.museotoninoguerra.com) 
e parla delle mani. Sarebbe stato il sindaco di Rimini a trasformarla in "Al Méni" e a divulgare con la complicità di Apt e uffici stampa la favola di una poesia di Tonino Guerra intitolata Al Méni.
Tonino Guerra
Le mani, comunque, degli artigiani del mercato (di una regione che ha il più alto numero di Dop e Igp d'Europa), che preparano prodotti come il prosciutto di Parma e il culatello di Zibello, l’Aceto balsamico tradizionale di Modena e i salumi piacentini; che coltivano la Moretta di Vignola come le olive di Brisighella. E le mani dei cuochi, che trasformano le materie prime in piatti tradizionali o innovativi.  Dietro questa due giorni di circo gastronomico, ma anche di fianco sopra e sotto, vien da dire, forse non poteva esserci che lui, Massimo Bottura, lo chef dell'Osteria Francescana di Modena, ormai celebratissimo nel mondo, ma che continua a spingere con entusiasmo trascinante sulla strada della qualità e della ricerca sul mondo della gastronomia e del sociale legato all’alimentazione. E poi le cosiddette istituzioni, che qui, a Rimini, in Emilia Romagna, sembrano funzionare a dovere. Qualche volta con zelo eccessivo.
Ecco un rapido excursus su chi c'è e che cosa succede.

Gli chef
Tra gli emilianoromagnoli, Giovanna Guidetti della Fefa di Finale; Daniele Minarelli dell’Osteria Bottega di Bologna, Alberto Faccani del Magnolia di Cesenatico, Agostino Iacobucci da Bologna,
Massimo Bottura, con Matteo Lunelli di Ferrari,
di nuovo 1° con Osteria Francescana nella
classifica The Word's 50 Best Restaurants 2018
con le sue contaminazioni partenopee. Poi, ancora, i romagnoli doc Silver Succi e Claudio Di Bernardo (quest’ultimo alla guida dei fornelli del Grand Hotel di felliniana memoria); Fabio Rossi, Terry Giacomello, che ha passato anni nelle cucine di Ferran Adrià e altri noti chef internazionali; Athos Migliari de La Chiocciola di Portomaggiore nella Bassa ferrarese, ove si gustano i prodotti di valle, a volte rivisitati in chiave contemporanea. E infine, ma ovviamente non ultimo, un giapponese, Takahiko Kondo, un giapponese che è sous chef all’Osteria Francescana di Bottura. 
Accanto a loro, cuochi e chef da tutto il mondo, dalla Thailandia alla Georgia, dalla Polonia all’Austria, dal Vietnam al Messico, dal Giappone all’Argentina. Giovani poco noti in Italia, già famosi o quasi nel loro Paese o in altro ove operano. Uno per tutti: Pedro Pena Bastos, già chef rivelazione dell'anno in Portogallo, poi un incidente che gli cambia almeno in parte la vita e lo indirizza verso un nuovo progetto in fase di realizzazione, un locale con un unico tavolo per sole 14 persone a Lisbona.

Il Mercato
A partire dal tendone e fino al porto, passando per il lungomare, si sviluppa il mercato dove non solo si assaggiano e comprano i prodotti ma si ascoltano i racconti degli artigiani-produttori, a volte veri e propri cantastorie delle loro eccellenze. Quali? Culatello e Parmigiano, olio extravergine e caffè, aceto balsamico tradizionale di Modena e...l'umile ma particolare aglio di Voghiera, per citarne solo alcuni.
Slow Food
Il gruppo dell’Emilia Romagna propone sotto il tendone Buono a sapersi!, ciclo di laboratori didattici ma anche ludici, incontri per imparare a scegliere il cibo quotidiano, facendo la spesa. Mentre alcuni esponenti dell’Alleanza dei cuochi SF (sono oltre 700, di osterie ristoranti, bistrot, cucine da strada) propongono i loro piatti basati in gran parte sui prodotti dei Presìdi.

Lo street food e il gelato di Fellini
Nel piazzale che circonda il Circo 8½, ci saranno speciali punti street food “stellati”. Il food truck della Macelleria Zivieri proporrà “qebab” di mora romagnola, panini e hamburger rivisitati sempre in chiave romagnola. Lo chef Alberto Faccani coordinerà le mani di alcuni chef alle prese con la cucina da strada. Il gruppo formato da Sangiovesa, Tenuta Saiano e Vermuteria porterà sulla costa i sapori dell'entroterra romagnolo: carni e vermouth della tenuta, declinati nei piatti e nei cocktail pensati per l’evento, per raccontare il territorio tramite sapori inconfondibili. Altro punto, quello della birra Amarcord, con una proposta di abbinamento inusuale per il cibo da passeggio. Uno speciale spazio sarà dedicato al gelato artigianale in collaborazione con Mo.Ca. e i docenti della Carpigiani Gelato University. All’interno della vetrina da 24 gusti, accanto al tendone del circo, si potranno trovare i sapori tradizionali ma anche i gusti speciali firmati dagli chef di Al Méni. Tra laboratori dedicati al sorbetto nutraceutico post spiaggia e al gelato gastronomico, all’aperitivo con gelato o al gelato detox, quello veramente da non perdere è lo squisito gelato felliniano (nel senso che piaceva immensamente al regista), chiamato appunto Gelato alla zuppa di Fellini, e cioè al gusto di zuppa inglese. Una vera bontà.
Il programma insomma è ricco, fitto e tutto da godere. Terminiamo (e ricominciamo) con un…picnic, anzi, alla francese, con il Déjeuner sur l’herbe nei giardini del Grand Hotel (domenica 24, dalle 11,30 alle 15). È curato dallo chef dell'albergo Claudio di Bernardo, da Roberto Rinaldini, gran maestro pasticciere, con la collaborazione di tutti gli chef presenti ad Al Méni, a cominciare da Massimo Bottura (prezzo: 40 €; solo su prenotazione, posti limitati; tel. 0541.56000, info@grandhotelrimini.com).

Il Grand Hotel
I giardini del Grand Hotel di Rimini
Ecco, appunto. Il Grand Hotel. Un monumento storico, con un allure di cui, forse, senza Amarcord di Fellini, non avrebbe goduto così intensamente, anche se in 110 anni di vita di personaggi illustri se ne son visti girare per i suoi saloni dal fascino Liberty. Compleanno il 1° luglio, con una serie di festeggiamenti che iniziano a giugno e proseguiranno fino ad agosto. Intanto, il 26 giugno si apre la terrazza, anzi ha luogo la Ouverture de la Terrasse d’été: in pratica l’inaugurazione del Grand Buffet estivo all’aperto, con 10 chef, guidati dell’executive chef del Grand Hotel di Bernardo. La musica dal vivo sul rondò farà da sfondo sonoro allo show cooking di Daniele Succi, riminese, chef del ristorante i-Fame dell’hotel i-Suite, sempre a Rimini, specialista nella cucina del pesce dell’Adriatico. Con lui, Silver Succi, del Quarto Piano, di Rimini; Paolo Bissaro de La Canonica di Casteldimezzo (Pesaro), noto in paticolare per il suo cannolo di crostacei e cremoso di pistacchi; Fabio Rossi del Righi di San Marino; Omar Casali del Marè di Cesenatico (ristorante, bar, bottega e spiaggia); Mariano Guardinelli dell’Abocar-Due cucine (l’altra è quella argentina) di Cesenatico; Enrico Croatti dell’Orobianco di Calpe, Alicante, in Spagna; Riccardo Agostini de Il Piastrino di Pennabilli (Rimini), piatto simbolo: Passatello, gamberi di fiume, piselli e tartufo nero. E Giampaolo Raschi del ristorante Guido, sulla spiaggia di Rimini (piatto simbolo: Seppia e squacquerone). 
Ognuno quindi cucinerà dal vivo, da una postazione diversa, il proprio piatto, per ora segreto: un vero e proprio spettacolo da vedere e gustare. Sulla terrazza inoltre, il buffet dei dolci, il carretto dei gelati e la cascata di frutta (prezzo: 65 € più le bevande)
Il 3 luglio viene presentato un nuovo libro dedicato alla storia dell’albergo, curato da Letizia Magnani per Minerva edizioni: GRAND HOTEL: RIMINI IL MITO Dall’Ostenda d’Italia al simbolo dell’Hôtellerie futura, mentre dal 5 sarà visitabile la mostra allestita nella sala Tonino Guerra 110 anni di storie di viaggi, un percorso fotografico fra i saloni del Grand Hotel (monumento nazionale dal 1994). L’albergo sarà anche parte di eventi sportivi celebrativi come la Pedalata nella storia, nel contesto del Bike Fest (raduno e biciclettata con partenza e arrivo nei giardini.). 
Beach party il 20 luglio e il 24 agosto, dal titolo Dal mare alle stelle, con dj e percorsi gastronomici in riva al mare. E il 1° agosto cena sotto le stelle, in un’atmosfera che si vuole romantica e liberty al tempo stesso (65 € più bevande).

La notte rosa
Un altro evento unico nel panorama italiano toccherà le coste e anche gli interni non solo della Romagna ma pure del settentrione marchigiano: La notte rosa, quella del 6-7 luglio. L’hanno anche chiamata Capodanno dell’estate italiana ed è giunta alla 13ma edizione. Con l’esigenza di inventare ogni volta non qualcosa, ma molto di nuovo. A cominciare dalle locandine e manifesti, all’insegna dello strillo: “Pink your life”, Vivi in rosa, che sfodera una combriccola di personaggi, dal ragazzo nero al tipo da spiaggia, dalla nonnina all’hipster, alla bimba col cuore rosa, tutti segnati dall’empatia, dalla gentilezza, dagli sguardi e dalla festa.
Tutto si svolgerà tra Rimini a Riccione, Cesenatico e Milano Marittima, Bellaria e Cattolica, Pesaro e i borghi e castelli romagnoli. 
Cosa succederà? Senze pretese esaustive (il programma completo è su: www.lanotterosa.it ) ecco qualche spunto. 
Alvaro Soler, “il cantante spagnolo più amato in Italia”, apre ufficialmente la 13ma notte rosa sulla spiaggia di Rimini, venerdì 6. E sabato mattina alle 5 (!) sulla spiaggia Riminterme esibizione al pianoforte di Remo Anzovino nel suo Nocturne Tour, mentre a Riccione venerdì dalle 5 alle 7,30, alla Spiaggia del Sole 86-87, concerto di Francesco Leo con la sua band L’Officina della camomilla.
Sempre venerdì: Nina Zilli a Riviera di Comacchio, Lido degli Scacchi (h 22.30); a Gatteo a mare, Ron con Lucio! Il tour; sempre a Gatteo, sabato, Roxi-bar – Vasco Rossi Tribute
A Cattolica, il 6: Annalisa bye bye live e il 7, Shel Shapiro, Quasi una leggenda… A Pesaro, il 6, Edoardo Bennato – Concerto rossiniano con quartetto d’archi.
E’ solo un assaggio di un programma vasto che in realtà ha degli anticipi e delle code rispetto ai giorni-clou del venerdì e sabato 6-7 luglio. Per esempio, Caparezza il 5 al Rimini Park Rock (a pagamento). 
Alla mezzanotte del 6 contemporaneamente su tutta la Riviera, gran spettacolo di fuochi d’artificio. Inoltre il Santarcangelo Festival (6-15 luglio) ”presta” al Capodanno dell’estate italiana, Multitud, il suo spettacolo inaugurale, una performance che coinvolge 70 persone e che vede protagonista l’artista Tamara Cubas: un’analisi della società contemporanea, dei rapporti interpersonali e della capacità di dissenso.
Monumenti, rocche e castelli dell’entroterra s’illumineranno, se non proprio d’immenso, almeno di rosa, mentre il centro storico di Bellaria-Igea Marina si trasformerà in un parco giochi con acrobati, giocolieri, clown, burattini e animazione per la gioia dei bambini e la curiosità dei grandi.
Ci saranno anche i pink cocktail e non ci si salverà da apparecchiature e cibi in rosa. Sfiorando il kitch, probabilmente. Ma contagiati dall’allegria romagnola.
Info. Per Al Méni: www.almeni.it.  Per il Grand Hotel di Rimini:  www.grandhotelrimini.com ,  tel. 0541.56000. Per La Notte Rosa: www.lanotterosa.it. Dove riposare: www.emiliaromagnaturismo.it/it/dove-dormire

martedì 12 giugno 2018

Com'è bello andar...nella Pescheria. Scegliere il pesce e farselo cuocere mentre si sorseggia un drink: alla salentina

I protagonisti di Pescheria con cucina di via Tito Speri a Milano

In principio furono fruttivendoli i pugliesi sbarcati a Milano per…sbarcare il lunario. Capostipiti i fratelli Abbascià fin dagli anni Cinquanta. Poi vennero i primi ristorantini, su tutti quelli degli Strippoli, negli anni Sessanta e Settanta. Quindi, un’esplosione di locali negli ultimi dieci anni, che per fortuna hanno trovato una Lega ammorbita verso i meridionali, ora che i nemici sono diventati magrebini & co. E adesso, che sia la volta dei salentini di conquistare Milano? Ce n’è già un paio notevoli, di locali, I Salentini di via Solferino e Grape in via L. Papi.
Ecco ora il nuovissimo Pescheria con cottura, costola dell’omonimo locale di Lecce, aperto pochi giorni fa dietro Porta Garibaldi, precisamente in via Tito Speri al 7.
Xatò
Negroni mediterraneo
Quanto il locale del sud è solare, colori accesi che rimandano al cielo, al mare e all’estate, tanto quello del nord mette in mostra tinte cupe quasi a rievocare la campagna lombarda d’inverno. Forse, bisognava fare il contrario! Ma tant’è, a Milano si gioca sul minimal, con una sua eleganza, tavoli in legno chiaro apparecchiati con tovagliette all’americana, alcuni pezzi d’arredamento retrò, una libreria che delimita la zona aperitivo dalla sala da pranzo, qualche soprammobile artistico del designer pugliese Massimo Maci, lampade create apposta con luci basse e un angolo bar dove si bevono, e si gustano, cocktail creati ad arte, di livello. La cucina a vista è governata dal giovane chef Rocco Costantini e non lascia spazio al folklore: è un concentrato di tecnologia a partire dal forno ad alta pressione.
Eppure, l’idea di partenza è rigorosamente retrò: pescheria con cucina. Significa che il pesce lo si può scegliere direttamente al banco refrigerato (dove si può anche acquistare per portarselo a casa) e poi ce lo si fa cucinare nel modo voluto. A Lecce funziona totalmente in questo modo, a Milano in realtà c’è anche un menu da consultare. L’hanno voluto così Fabio Ingrosso, giovane bocconiano alla sua prima impresa gastronomica, e il padre Daniele, imprenditore edile, ma appassionato da sempre di cucina e ristorazione.
Ma cominciamo…dall’inizio, cioè dall’aperitivo e quindi dal cocktail-bar. Un angolo raccolto, dove esercita l’arte della mixologia il giovane barman Paolo Mastropasqua, allievo del bartender e bar manager Fabio Bacchi, che ha dato la sua consulenza decisiva nella creazione degli 11 Signature drink, rielaborazione di alcuni classici in chiave mediterranea. Per esempio, appunto, il Negroni mediterraneo, a base di Gin Mare, Bitter bianco Luxardo, Macchia Vermouth bianco e Bitter mediterraneo Sirene. O il Ferrogallico, Gin, Vermouth dry, sherbet di cedro e limone, Champagne, servito con una spennellata di nero di seppia sull’esterno del bicchiere. O, ancora, il S. Ippazio per lu mare, Aquavit, Sherry Manzanilla, Vermouth al mallo di noci, sciroppo di pastinaca, Talisker whisky, Bitter Violento e lime, un cocktail, quest’ultimo, che “deve” fare molto bene al maschio, visto che il santo è considerato protettore della virilità e dell’apparato genitale maschile, oltre ad essere il patrono di un unico comune in tutta Italia, Tiggiano, in provincia di Lecce (noto anche per prodotti tipici come giuggiole e pastinache, una carota molto dolce). 
Tagliatelle con scampi, asparagi e nocciole
Una volta messi i piedi sotto il tavolo, se già non si è ordinato un pesce dal banco, magari un semplice ma in genere squisito dentice al sale, si consulta la carta. Nel capitolo Crudi o quasi crudi si parte dallo Xatò, un’insalata di baccalà, tonno, acciughe e scarola, per procedere con i carpacci, il ceviche di salmone e via a piacimento (e secondo la disponibilità del mercato) con gamberi rossi o scampi, acciughe ed ostriche, tagliatella di seppia o battuto di triglia, lamponi e pinoli.
I piatti del giorno…sono del giorno, ma insomma si dovrebbero quasi sempre trovare orecchiette baresi con ragù di gallinella, pomodorini e basilico (o anche al ragù di cernia o di scorfano) come i laganari con le sarde o alle cozze, il calamaro brasato, whisky e soia come il macco di fave e catalogna. O anche le classiche, quasi universali trenette con le vongole. E le più insolite tagliatelle di seppia fritta su crema di melanzane.
Mjere Rosato
Fra i must, il pinzimonio di gamberi, una ricetta semplicissima: buttate via sedano e carote e metteteci al loro posto i gamberi viola di Gallipoli, poi al posto dell’olio/aceto, fate cinque salse come le prepara appositamente lo chef: una crème fraiche, una guacamole (a base di avocado), un babaganoush alle melanzane (tipica mediorientale),  una salsa nordica a base di senape dolce e una piccantina col rafano. E, ancora, il polpo, “a pignata” secondo tradizione, cotto nella terracotta con pomodori e patate; oppure croccante, con i tentacoli leggermente affumicati e serviti su una crema di porri, con una quenelle di patate. Avete sete? Consiglio il Mjere Rosato Salento Igp di Michele Calò & F., morbido, fruttato ed elegante. Lo si può provare, ovviamente “stravolto”, anche nel cocktail Mjere, che contempla, oltre al Rosato, Bitter Campari, Vermouth Agnini all’aceto balsamico e…chinotto!
Info. Pescheria con cottura, via Tito Speri 7, tel. 02.6572301. Orari: 12-15, 19-24 (mai chiuso). Prezzi. Cocktail “della casa”, 13 €; classici, 10 €. Accompagnamenti ai cocktail, 4-12 € (vari piattini a base gamberi, calamari sarde, polpo…e ostriche). I crudi o quasi crudi: 15-25 €. Piatti del giorno: 8-22 €. Business lunch, 15 €.


venerdì 8 giugno 2018

La santa alleanza fra le bollicine classiche e quelle del Prosecco. I Lunelli e i Bisol insieme, ripartono dal...1542. Per scalare il futuro

Le colline di Valdobbiadene.
Guarda avanti Bisol, molto avanti. E per farlo, prende una leggera rincorsa, ripartendo dal…1542. È la data, secondo un documento ritrovato di recente, che attesta la presenza dei Bisol come viticoltori tra le colline di Valdobbiadene, in un territorio chiamato Chartice, oggi Cartizze, il colle enologiocamente più prestigioso dell'intera zona del Prosecco. Altre date certificano la lunga storia di questa famiglia del vino. Il 1875, anno della fondazione vera e propria. I nomi dei Bisol si rincorrono nei decenni: si parte da Eliseo, commerciante di vino in botti, passando per il figlio Desiderio, detto Jeio, con i suoi figli Antonio, Eliseo, Aurelio e Claudio; e poi ancora l’attuale generazione con Desiderio alla conduzione enologica ed agronomica e Gianluca alla promozione e valorizzazione, come presidente e amministratore delegato. E, con un balzo, di quasi 120 anni, il 2014, quando i Lunelli, proprietari storici della Ferrari di Trento, hanno acquisito al loro gruppo i vini di Bisol. Oggi, 2018, dopo quattro intensi anni di collaborazione fra le due entità spumantistiche, Bisol rilancia il suo brand, invero già prestigioso nel mondo delle bollicine, abbandonando produzioni a latere di spumante metodo classico, concentrando tutto sul Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg, e mantenendo solo il marchio collaterale Belstar di Prosecco Doc.
Gianluca Bisol e Matteo Lunelli

Per valorizzare il cambiamento, ecco il nuovo logo che affonda le sue radici nel Medio Eco: richiama la collina tonda di Cartizze e una B verde, che rimanda ovviamente al colore dei colli di Valdobbiadene ma anche al concetto di sostenibilità ambientale; e sotto mette in evidenza la dicitura BISOL 1542.
55 ettari vitati suddivisi in una ventina di poderi su colline spesso scoscese danno l’idea di una viticoltura non facile da condurre, su terreni diversi che bisogna conoscere a menadito: si va dai sabbiosi a quelli argillosi, ai ghiaiosi, che a loro volta in profondità si mutano in regolite e arenaria fossilifera, come nel caso di Cartizze o delle Rive di Guia; regolite e marne argillose, come per il Rive di Campea e il Crede. Tutti elementi naturali di cui bisogna tenere conto, visto che vino buono ormai si fa per l’80% sui campi. 
Dopo la vendemmia manuale in piccole cassette, il mosto per almeno l'85% di uve glera, si trasforma in vino, che deve però “prendere” la spuma, rifermentando su una base di lieviti e zuccheri in cisterne, autoclavi pressurizzate e refrigerate. Il futuro Prosecco Superiore vi rimane una ventina di giorni, poi viene trasferito in un’altra autoclave e filtrato. Perché le grandi autoclavi e non la rifermentazione in singole bottiglie come avviene per gli spumanti metodo classico? Perché questo, chiamato Martinotti o Charmat, risulta il metodo migliore per mantenere i caratteristici aromi primari dell’uva glera, classici quelli di mela gialla e fiori bianchi. In seguito, lo spumante viene imbottigliato e tappato con il tradizionale tappo a fungo.
Ma che significa "superiore"? L’appellativo riguarda tutta la produzione di Conegliano-Valdobbiadene: non vuol dire che ci sia un invecchiamento prolungato (non avrebbe molto senso) né che riguardi alcune porzioni di territorio esemplari. Semplicemente e un po’ esornativamente vuol far risaltare la zona storica, quella di Conegliano-Valdobbiadene appunto, particolarmente vocata per questi vitigno (il glera, un tempo chiamato prosecco) per differenziarla da altre, che vengono riconosciute semplicemente con la Doc. La superiorità, intesa come inimitabilità, sarebbe dovuta anche al riconoscimento dell’apporto tecnico culturale di Conegliano, dove nacque nel 1876 la prima scuola enologica d’Italia, e all'ambiente naturale unico dell’alta collina di Valdobbiadene, con vigneti collocati anche in posizioni estreme. 
Bisol è certo uno dei migliori produttori di Superiore, fra cui si possono annoverare nomi come Bortolomiol, Carpenè, Le Manzane, Merotto, Zardetto, che dispongono in proprietà o in affitto, di terreni in zone vocate e sanno come trattare e vinificare la benedetta uva glera. La piramide della qualità nella zona Docg di Conegliano-Valdobbiadene vede in vetta la collina di Cartizze, poi ci sono le Rive, 43 cru, cioè vigneti sulle colline più scoscese, che donano al vino caratteristiche leggermente diverse gli uni dagli altri, perché derivanti da terreni particolari. Poi, il resto dei terreni, tenuto conto che il territorio di Valdobbiadene è collinoso, mentre quello di Conegliano lo è di meno. 
Ma ecco alcune delle migliori bottiglie della produzione di Bisol.

Cartizze, Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg Dry
Spumante con un residuo zuccherino di 25 gr per litro, quindi di gusto amabile, come da tradizione, ma bilanciato da buona acidità e sapidità, con vari sentori floreali e fruttati, (pera, mela e peompelmo), elegante e convincente. Da abbinare a dolci poco zuccherini, ma anche a crostacei e molluschi (per esempio gratin di cappesante).


Relio, Rive di Guia, Valdobbiadene Superiore Docg Brut
Dedicato ad Aurelio (“Relio”) Bisol, da vigneti esposti a ovest e sud-ovest, mediamente a 250 metri s.l.m. È un brut, quindi secco, però al limite con l’extra dry avendo un tenore di zucchero di 11 gr/litro. Floreale e fruttato, è sapido ed elegante, con una freschezza non disgiunta da una certa morbidezza. Da abbinare a carpaccio di polpo, di ricciola.


Crede, Valdobbiadene Superiore Docg Brut Crede  
Crede, termine dialettale con cui viene chiamata l'argilla e infatti l'uva cresce su pendii argillosi un tempo ricoperti dal mare.Il terreno trattiene l'acqua vicino alle radici, evitando la siccità e permettendo agli acini di arricchirsi di delicate note floreali. Fresco ed elegante, con sentore di fiori di prato, in bocca è secco e sapido, con tipici ricordi di mela Golden e di pera. 


Molera, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry
Uve selezionate da vari vigneti, caratterizzati da terreni morenici: un suolo ghiaioso, poi scendendo più in profondità, uno strato di regolate e infine uno profondo di arenaria e conglomerati. Note floreali delicate, sapore morbido ma non eccessivo, poi un accenno minerale. Sapido. Buono con gli asparagi e uova fritte, pastasciutte con verdure, carciofi alla giudia.


Jeio, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut
Gli spumanti della collezione Jeio (il soprannome di Desiderio Bisol), sono stati concepiti per un consumo più easy, per feste, brindisi aperitivi, avvalendosi di un mix di uve da terroir "minerali" come quelli di Conegliano, e da colline più elevate, quelle di Valdobbiadene. Il profumo è di frutta gialla, pesca in particolare, susina; il sapore sapido, fresco, ancora ben fruttato, con finale agrumato. Aperitivo eccellente, si abbina bene con stuzzichini di pesce, olive ripiene, pasta con le sarde.