![]() |
Le colline di Valdobbiadene. |
![]() |
Gianluca Bisol e Matteo Lunelli |
55 ettari vitati suddivisi in una ventina di poderi su colline spesso scoscese danno l’idea di una viticoltura non facile da condurre, su terreni diversi che bisogna conoscere a menadito: si va dai sabbiosi a quelli argillosi, ai ghiaiosi, che a loro volta in profondità si mutano in regolite e arenaria fossilifera, come nel caso di Cartizze o delle Rive di Guia; regolite e marne argillose, come per il Rive di Campea e il Crede. Tutti elementi naturali di cui bisogna tenere conto, visto che vino buono ormai si fa per l’80% sui campi.
Dopo la vendemmia manuale in piccole cassette, il mosto per almeno l'85% di uve glera, si trasforma in vino, che deve però “prendere” la spuma, rifermentando su una base di lieviti e zuccheri in cisterne, autoclavi pressurizzate e refrigerate. Il futuro Prosecco Superiore vi rimane una ventina di giorni, poi viene trasferito in un’altra autoclave e filtrato. Perché le grandi autoclavi e non la rifermentazione in singole bottiglie come avviene per gli spumanti metodo classico? Perché questo, chiamato Martinotti o Charmat, risulta il metodo migliore per mantenere i caratteristici aromi primari dell’uva glera, classici quelli di mela gialla e fiori bianchi. In seguito, lo spumante viene imbottigliato e tappato con il tradizionale tappo a fungo.
Ma che significa "superiore"? L’appellativo riguarda tutta la produzione di Conegliano-Valdobbiadene: non vuol dire che ci sia un invecchiamento prolungato (non avrebbe molto senso) né che riguardi alcune porzioni di territorio esemplari. Semplicemente e un po’ esornativamente vuol far risaltare la zona storica, quella di Conegliano-Valdobbiadene appunto, particolarmente vocata per questi vitigno (il glera, un tempo chiamato prosecco) per differenziarla da altre, che vengono riconosciute semplicemente con la Doc. La superiorità, intesa come inimitabilità, sarebbe dovuta anche al riconoscimento dell’apporto tecnico culturale di Conegliano, dove nacque nel 1876 la prima scuola enologica d’Italia, e all'ambiente naturale unico dell’alta collina di Valdobbiadene, con vigneti collocati anche in posizioni estreme.

Ma ecco alcune delle migliori bottiglie della produzione di Bisol.
Cartizze, Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg Dry.
Spumante con un residuo zuccherino di 25 gr per litro, quindi di gusto amabile, come da tradizione, ma bilanciato da buona acidità e sapidità, con vari sentori floreali e fruttati, (pera, mela e peompelmo), elegante e convincente. Da abbinare a dolci poco zuccherini, ma anche a crostacei e molluschi (per esempio gratin di cappesante).
Dedicato ad Aurelio (“Relio”) Bisol, da vigneti esposti a ovest e sud-ovest, mediamente a 250 metri s.l.m. È un brut, quindi secco, però al limite con l’extra dry avendo un tenore di zucchero di 11 gr/litro. Floreale e fruttato, è sapido ed elegante, con una freschezza non disgiunta da una certa morbidezza. Da abbinare a carpaccio di polpo, di ricciola.

Crede, termine dialettale con cui viene chiamata l'argilla e infatti l'uva cresce su pendii argillosi un tempo ricoperti dal mare.Il terreno trattiene l'acqua vicino alle radici, evitando la siccità e permettendo agli acini di arricchirsi di delicate note floreali. Fresco ed elegante, con sentore di fiori di prato, in bocca è secco e sapido, con tipici ricordi di mela Golden e di pera.
Molera, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry

Jeio, Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut

Nessun commento:
Posta un commento