sabato 26 marzo 2022

La love story del Sole e dell'Alba e quella di Sergio e Gabriella. Leggenda e belle realtà. Grandi protagonisti l'Erbaluce e l'azienda vitivinicola Santa Clelia

Sergio e Gabriella Dezzutto sotto le loro vigne a pergola di Erbaluce

Nella notte dei tempi il Sole e la dea Alba si amarono sul bric più elevato delle colline che circondano Caluso e da loro nacque la bellissima ninfa Albaluce. Ne furono affascinati anche gli uomini, che la riempirono di doni sino a finire completamente messi e raccolti. Dovettero allora deviare il corso del lago prosciugandolo per tentare di fertilizzare i terreni, ma l’opera si risolse in un disastro. L’acqua male indirizzata travolse tutto provocando centinaia di morti. Allora Albaluce, presa da un gran dolore, scoppiò a piangere e le sue lacrime, cadute al suolo, fecero nascere grappoli bianchi e dolci di un’uva tosto chiamata Erbaluce. 
Un balzo di millenni per arrivare all’anno 2000 per un’altra storia d’amore, senza morte per fortuna, quella tra Sergio Dezzutto e Gabriella Piras. Fino ad allora, lui informatico a Ivrea e poi Milano, lei gelatiera a Mazzè. Stanchi di una vita cittadina e soprattutto amanti del buon vino, decidono nel 2000 di fare il grande passo: acquistano l’azienda agricola Santa Clelia, rimpiantano vigneti, rifanno la cantina, acquistano nuove attrezzature e si lanciano nell’attività di vitivinicoltori. Con successo.
Grappoli di Erbaluce
Fra la leggenda di Albaluce e l’attualità dell’azienda vitivinicola Santa Clelia corre comunque una storia di fatica, lavoro e valorizzazione di un vitigno rimasto nei secoli orgogliosamente autoctono. Forse il primo a citarlo nell’età moderna, fu
Giovanni Battista Croce, non un agronomo ma un gioielliere di casa Savoia, però colto wine lover, che seguiva con passione la coltivazione di una sua vigna sulla collina torinese. Il quale, in un volumetto del 1606, Della eccellenza e diversità dei vini Che sulla Montagna di Torino si fanno E del modo di farli, scrisse che “Elbalus è un’uva bianca detta Albaluce perché biancheggiando risplende: fa li grani rotondi, folti e copiosi, ha il guscio o sia scorza dura, matura diviene rostita e colorita”.
Proprio così. Le bucce delle uve, allevate col un locale sistema a pergola, almeno da chi rispetta la tradizione, danno acini dalla buccia spessa, ricchi di polifenoli e di acidità. Caratteristiche che, se ben sfruttate, facendo risaltare l’una o l’altra peculiarità, danno luogo a vini diversi ma congrui alla destinazione finale (versioni ferme o passite o spumantizzate), con risultati spesso eccellenti.
Siamo all’Erbaluce contemporanea, vino che è stato tra i primi in Italia a ottenere la Doc (1967), mentre nel 2010 è passato alla più severa Docg. 
Vino uno e trino. L’uva è sempre la medesima, appunto l’Erbaluce di Caluso, ma le versioni si sono moltiplicate: alle tradizionali costituite da vino bianco secco e ambrato passito dolce si è aggiunto lo spumante metodo classico, cioè con rifermentazione in bottiglia (in tutto, circa 1,2 milioni di bottiglie). A testimonianza della versatilità dell’uva.
Caluso è la località del Canavese attorno alla quale si trovano principalmente le vigne di Erbaluce. Il vigneto canavesano contempla anche uve nere che confluiscono nell’ampia Doc Canavese Rosso; si estende su 245 ettari di colline con suoli morenici (formati cioè dai detriti lasciati dai ghiacciai in ritirata nell’era pleistocenica (da oltre 1 milione a circa 700mila anni fa; per saperne di più: www.erbalucecarema.it/il-territorio ). 
La duttilità dell’uva Erbaluce è tale che che ormai quasi tutti i vitivinicoltori producono le tre versioni, oltre ai rossi canavesani, che però avendo delle regole Doc un po’ troppo permissive, risultano essere vini anche molto diversi fra loro e in ultima analisi poco riconoscibili. In quest’ultimo caso occorre assolutamente saper scegliere il produttore.
Santa Clelia è una piccola azienda agricola e vinicola, meno nota di altre, che hanno magari una storia più lunga (fra le migliori, Cieck, Ferrando, Orsolani, Pozzo). Eppure, è un esempio di come in una terra baciata dagli dei e dalle ninfe, agendo bene, con intelligenza e onestà, si possano conseguire eccellenti risultati qualitativi.
Sulle colline moreniche fra Mazzè e Caluso i Dezzutto hanno piantato a partire dai primi anni 2000, su terreni in parte sabbiosi, che quindi favoriscono il drenaggio delle acque, in parte argillosi, quindi ricchi di elementi nutritivi, con ciotoli utili a mitigare sbalzi termici eccessivi, le nuove vigne di Erbaluce (75%), con l’aggiunta di alcuni filari di uve rosse (25%), principalmente Barbera, Freisa e Bonarda (Bonarda canavesana, da non confondersi con quella dell’Oltrepò pavese). 
Appassimento delle uve
La forma di allevamento è la Pergola canavesana, molto antica, particolarmente adatta all’Erbaluce che, crescendo rigogliosa, ha bisogno di spazio. Questo sistema, denominato anche alteno canavesano, prevede ramificazioni ad almeno 1 m. da terra, con lo sviluppo dei tralci su una struttura portante a pergola. Una tecnica che in tempi moderni non permette grandi rese dell’uva in vino, ma favorisce invece la qualità. Le rese per ettaro dell’uva Erbaluce da Santa Clelia sono comunque inferiori ai limiti del Disciplinare di produzione (110 q.li), abbassandosi qui a 80-85. Inoltre la coltivazione dall’anno 2018 è anche ufficialmente biologica.
Il numero delle bottiglie prodotte può variare di vendemmia in vendemmia, ma si aggira intorno ai 50mila pezzi.
Arrivando dalla strada di Regione Rossana, a un paio di km da Caluso, fra i boschi di gaggìe e querce, appare sulla sinistra lo spiazzo, la casa di abitazione e il capannone-cantina dei Dezzuto. Sulla destra un boschetto che s’inerpica fino a raggiungere gli appezzamenti coltivati a vigna. Su un lato della corte, come al coperto, tini in acciaio per la fermentazione e la conservazione dei vini. Nel capannone, oltre ai vasi vinari e alla linea di imbottigliamento, in posizione elevata quasi sotto il tetto, il solé (ovvero il solaio, in piemontese), però aperto su tre lati, l’ambiente in cui vengono messe ad appassire le uve selezionate per dar luogo appunto al vino passito.
Sempre nel grande capannone è stato ricavato una sala coperta per le degustazioni. Il tutto ha un’aria rustica però nello stesso tempo efficiente. Il patron del resto sviluppa il racconto del suo vino con bonomia ma con padronanza tecnica eculturale. E gli assaggi sono guidati senza inutili orpelli e paroloni eccessivi, più con lo scopo di illustrare che di vantare domum suam.
Ecco allora il taccuino della degustazione.

Ypa, Erbaluce di Caluso Docg 2020


Il nome del vino è quello di una diabolica quanto leggendaria strega e regina che avrebbe regnato nel Canavese e che un brutto giorno avrebbe fatto scavare un nuovo letto per il fiume Dora, deviandolo in maniera devastante verso la zona di Candia e Mazzè (dove è ubicata Santa Clelia), e dove effettivamente si trova tuttora uno specchio d’acqua notebole come il Lago di Candia. Per produrre l’Ypa vengono selezionate uve dai vigneti con la migliore esposizione solare. Pigiatura soffice, lieviti selezionati per innestare la fermentazione, lunga permanenza sulle fecce fini (almeno 4 mesi), in modo da porre in risalto i profumi e i sentori più tipici.

Il colore è giallo paglierino con qualche riflesso verdolino; profumo fine, con sentori di fiori di campo e pompelmo. Sapore secco, fresco, sapido, con finale leggermente ammandorlato.

Abbinamenti: da aperitivo; risotto con le rane, frittate di verdura, fritture di pesce.

13,5°. 12mila bottiglie. Prezzo: 9 € la bottiglia.

 

Essenthia, Erbaluce di Caluso Docg 2020 (annata pressoché esaurita. La 2021 esce a metà aprile).

Le uve sono selezionate in vigna allo stesso modo dell’Ypa, ma in cantina vengono in parte sostituite le filtrazioni sterili con una lavorazione particolare (evitando così una parziale perdita aromatica). Il risultato è un vino più ricco e complesso.

Il colore è paglierino carico con qualche guizzo dorato; profumo fine, persistente, con aromi di pesca e agrumi (mandarino); in bocca strutturato, quasi morbido eppure di buon nerbo, elegante, con finale ancora sapido e lungo.

Abbinamenti: frutti di mare, sagne ’ncannulate (tagliatelle salentine ritorte) con vongole e bottarga, risotto al coregone e Erbaluce, filetti di spigola all’acqua pazza.

13°. 9mila bottiglie. Prezzo: 11 € la bottiglia.

 

Rigore, Erbaluce di Caluso Docg 2011, spumante metodo classico brut 

Il vitigno ovviamente è sempre l’Erbaluce in purezza, coltivata anch’esso biologicamente. Fermentazione alcolica in vasche d’acciaio e maturazione per due anni a temperatura controllata, poi imbottigliamento e sosta sui lieviti per la presa di spuma di 60 mesi.

Sboccato a inizi 2021 (la sboccatura viene fatta progressivamente per partite).

Bollicine fini, fontanella persistente; colore giallo paglierino; profumo fine, caratteristico, note agrumate e di pasticceria; vena gessosa. Elegante, sapido, generoso, di buona persistenza.

Abbinamenti: da aperitivo; crudité marine, spaghetti del frate (con la trota), frittura di paranza, gamberoni in tempura.

12,5°. 5mila bottiglie. Prezzo: 18 € la bottiglia.

 

Palère, Canavese Rosso Doc 2019


Uve Barbera (60%) più Freisa (20%) e Bonarda (20%), allevate a filari concorrono alla composizione di questo rosso, miscelate prima che s’inneschi la fermentazione. Il mosto rimane nei tini d’acciaio sulle bucce da 5 a 7 giorni, poi si svina e si lascia riposare il vino fino a primavera, quando viene imbottigliato. L’affinamento nel vetro prosegue per almeno 3 mesi prima dell’immissione in commercio.
Ha colore rosso rubino intenso, tipici profumi di frutta rossa (susina, mirtillo, anche marasca). In bocca secco, fresco, strutturato, tannino morbido e finale fruttato.

Abbinamenti: salame di patate, tofeja canavesana (è una pentola in coccio che dà il nome al piatto in cui cuociono a lungo cotenne di maiale, fagioli borlotti e vari “odori”), lasagne al ragù, grigliate miste di carne, bollito, formaggi di media stagionatura.

13,5°. 5mila bottiglie. Prezzo: 6,50 € la bottiglia.

 

Rox, Canavese Rosso Doc 2017


Questo vino, il cui nome deriva da quello della zona in cui viene prodotto, Rossana, è un po’ la riserva del Palère, essendo fatto con le stesse uve, ma ancor più selezionate e nelle medesime proporzioni. La differenza sta nella maturazione nel legno dei tonneau da 500-700 litri, che dura 3 anni, poi il vino si affina in bottiglia per 6 mesi.
Il colore è un rosso rubino tendente al granato; profumi di frutta rossa matura (lampone). Sapore asciutto, caldo, giustamente tannico, fresco con piacevoli note speziate.

Abbinamenti: supa mitonà (brodo, pane e formaggio oppure salsiccia), stracotto di lepre o cinghiale, coniglio alla canavesana, caponet (involtini di cavolo ripieni di carne).

14°. 4mila bottiglie. Prezzo: 12 € la bottiglia.

 




Dus, Caluso passito Docg 2012


Alcuni dei migliori grappoli di Erbaluce vengono riservati per il Dus (dolce, in piemontese). Dopo la vendemmia, in settembre, vengono stessi su graticci nella passitaia e vi rimangono fino al marzo successivo. Vanno sorvegliati attentamente perché se possibile non vengano attaccati da muffe indesiderate, mentre è gradito l’avvento della Botrytis cinerea sotto forma di muffa nobile, che di solito si manifesta verso metà gennaio e donerà al futuro vino sentori particolari, attenuandone, assieme alla giusta acidità, la dolcezza. In marzo segue la schiccatura, cioè la separazione degli acini buoni dai raspi e quindi la spremitura. Dopo la fermentazione, quando il vino raggiunge i 14-15 gradi alcolici e conserva un buon tenore zuccherino, viene messo in botti di rovere dove matura lentamente per 4 anni circa. 
Colore ambrato con riflessi dorati. Profumo caratteristico di frutta secca dolce, fra cui il fico, anche sentori di dattero e miele d’acacia. Sapore pieno, dolce e vellutato, ma sapido, non stucchevole. Magnifico.

Abbinamenti: pasticceria secca (paste di meliga, biscotti della duchessa, torcetti), zabajone, ma anche formaggi erborinati e/o piccanti (Gorgonzola, Stilton, Castelmagno invecchiato).

14,5°. 3mila bottiglie. Prezzo: 22 € la bottiglia (da 37,5 cl). 


Info. Azienda vitivinicola Santa Clelia, Regione Rossana 7, Mazzè (Torino), tel. 011.9835187, cell. 328.8611581, www.santaclelia.it .

Consorzio per la tutela dei vini Docg di Caluso e Doc di Carema e Canavese, piazza Ubertini 1, Caluso (Torino), tel. 011.9833860, www.erbalucecarema.it .

Dove Mangiare 

Gardenia, corso Torino 9, Caluso (Torino), tel. 011.9832249, www.gardeniacaluso.com . 1 stella Michelin. Cucina regionale e creativa; oltre alla carta, due menu, “Territorio” (4 piatti dall’antipasto al dessert, 75 €) e “Essenze e consistenze” (4 Emozioni iniziali, più Zuppa francigena, Anguilla laccata, Piccione alla brace..., 110 €).

Al girasole, via Roma 8, Barone Canavese (Torino), tel. 011.2072005, www.ristorantealgirasole.com  Trattoria moderna, che mira ad esaltare i prodotti del territorio. Menu degustazione (4 piatti) 38 €. Alla carta (4 piatti) da 45 €. Menu lavoratori (a mezzogiorno, da lun. a ven.) 12-17 €, bevande comprese.

Dove Dormire

A casa di Giò, via Campagnette 10, Casale di Mazzè (Torino), tel. 346.3081464, www.acasadigio.com . Azienda agricola biologica e fattoria didattica, che produce frutta e miele nella campagna canavesana. Quattro camere b&b, da 50 € al giorno. 



In marrone i vigneti del Canavese nella mappa del Consorzio dell'Erbaluce (disegno grafico di Alessandro Capra).
In basso al centro la zona di Caluso col lago di Candia e, più sotto, Mazzè.




venerdì 18 marzo 2022

Riesling top: la sfida degli Alsaziani. Tre vini basic o quasi alla prova d'assaggio. Risultato? Nulla da invidiare ai famosi vini della Mosella. A prezzi contenuti

Il vigneto alsaziano

I Riesling della Mosella tedesca (regione Mosel-Saar-Ruwer) sono probabilmente i migliori al mondo, o almeno i più famosi, ma anche i cugini francesi d’Alsazia non scherzano. La rivalità è antica e destinata a proseguire. La Mosella per altro è un fiume che nasce in Francia, nel massiccio dei Vosgi, continua il suo percorso per oltre 300 km, fa poi da confine fra Lussemburgo e Germania, vi entra, gettandosi quindi nel Reno a Coblenza. Fino a non molti anni fa i tedeschi accusavano i produttori alsaziani di fare dei Riesling troppo corposi rispetto ai loro, più esili ma più “minerali”, con quei caratteristici sentori di idrocarburi che

tanto soddisfano la “weltanschauung” di certi intenditori. Poco eleganza, troppo residuo zuccherino, era l’accusa. Quanto a zuccheri residui, in quelli tedeschi ce n’è spesso in abbondanza, ma lì l’abilità sta nel bilanciarla (parlando ovviamente di Riesling secchi) con l’acidità elevata che esprime l’uva.

In realtà oggi è difficile imputare con prove gli alsaziani di fare vini sbilanciati. La verità sta sempre un po’ nel mezzo: in ambedue le zone ci sono vini meravigliosi, vini buoni e discreti, con medie qualitative elevate e punte eccezionali (e prezzi, nell’ultimo caso anche di centinaia di euro la bottiglia).

Ho assaggiato ultimamente tre Riesling alsaziani, basic o quasi, e li ho trovato buoni o molto buoni; e di prezzo umano, il che non guasta.

Ecco gli appunti di degustazione. Con qualche utile premessa. 


L’Alsazia si trova al confine con la Germania (alla quale per vicende storiche è più volte appartenuta) e 500 km a oriente di Parigi. A ovest è protetta dalla catena montuosa dei Vosgi, che riparano in gran parte i vigneti dai venti freddi, tal che il clima, almeno rispetto ad altre zone alle medesime latitudini, risulta più secco e caldo, con piogge meno serrate. È famosa per i suoi vini da uve bianche aromatiche, Gewurztraminer (che gli alsaziani scrivono senza l’umlaut, cioè la dieresi sulla “u”), Riesling e Moscato.  Ma vi si producono anche Pinot bianco e grigio, Sylvaner e Crémant d’Alsace (spumante metodo champenois) e discreti rossi da uve Pinot nero.

Stando sempre sulle generali, si può aggiungere che i terreni su cui sorgono i vigneti sono molto diversi e questo naturalmente influisce sul carattere dei vini. Gli esperti sottolineano che ai piedi dei Vosgi il terreno, di origine alluvionale, è normalmente poco adatto alla vite, mentre nel resto del territorio si hanno campi caratterizzati da marna e argilla, da cui nascono vini di buona struttura,  ma un po’ a scapito  della finezza ed eleganza che segna i vini provenienti delle terre calcaree e sabbiose. Il famoso “sentore minerale”, tanto

apprezzato dagli intenditori, è più riscontrabile nei Riesling che nascono su terre scistose e ricche di ardesia.

Tornando all’eterna contesa, la vera differenza tra i Riesling alsaziani e quelli tedeschi, secondo Romina Romano (foto a destra), country manager Italia di Famille Helfrich, un grosso proprietario di Domaine in varie zone della Francia, consiste nel fatto che «In Alsazia - contrariamente a quanto accade in Germania - lo zucchero dell'uva è completamente trasformato in alcol, dando vita quindi a vini più corposi rispetto a quelli tedeschi. E, per la maggior parte, secchi mentre quelli tedeschi si declinano su diverse quantità di zuccheri residui». 

Se c’è un fil rouge che unisce Francia e Germania nella produzione di Riesling è, per Romano, «la scelta di non utilizzare botti - se non raramente - e di evitare la fermentazione malolattica, con lo scopo di preservare il carattere di ogni varietà».

Ma ecco i tre alsaziani alla prova bicchiere.

 

Riesling Klipfel 2020

Il vino. Il via alla degustazione lo dà il Riesling Klipfel 2020, un vino “base”, da bere giovane, come del resto segnala il tappo sintetico che, appunto, non permette alcuno scambio di ossigeno con l’ambiente esterno alla bottiglia, dato che sarebbe inutile e forse dannoso mantenerla in cantina oltre un paio d’anni. 

Un vino da approccio al mondo del Riesling, di grado alcolico “basso” (12°), di un sorprendente colore giallo, quasi dorato; i profumi sono delicati, fruttati (soprattutto agrumi – limone candito), con la famosa nota minerale d’idrocarburi, che ricorda (non è identica) il petrolio o i solventi. Buona corrispondenza naso/palato, per il fruttato e la mineralità; secco, vivace, di giusta acidità, che fa ben salivare. 

La tenuta. Di 40 ettari vitati, si trova a Barr, nel Basso Reno (cioè a nord) ma comprende vigneti che si estendono per 150 km da Marlheneim, ancora più a settentrione di Barr, fino a Thann, nell’Alto Reno, a sud. Creata quasi due secoli fa da Martin Klipfel con l’acquisizione del rinomato Clos Zisser, nel 1921 vede un precursore assoluto nel figlio Eugène che decide di produrre le famose Vendemmie tardive e le Selezioni di
acini nobili 60 anni prima dell’ufficializzazione delle menzioni. L’unione di una discendente, Andrée Klipfel con André Lorentz, membro dell’Accademia del vino di Francia, accresce poi la notorietà dell’azienda. Fino al 2016 guidata da Jean-Louis Lorentz-Klipfel e dalle sue tre figlie, è poi passata alla famiglia enologica e pur sempre alsaziana di Joseph Helfrich.

Gli abbinamenti: pesce, frutti di mare e con la famosa choucroute alsaziana (carne di maiale varia, - carré, pancetta, salsicce - crauti e patate), che il Riesling giovane contribuisce a sgrassare piacevolmente in bocca.

Voto: 7,5. Prezzo: 11 € la bottiglia.

 

Riesling Domaine viticole de la Ville de Colmar 2020

Il vino. Il colore è giallo limone. Al naso, risaltano maggiormente i sentori di fiori bianchi (mimosa, biancospino) e meno quelli di agrumi. La nota di idrocarburi si fa più elegante. Secco ma fresco, saporito, con un accenno di morbidezza vivace e finale lungo.

La tenuta. Anche questa casa vinicola ha una lunga storia, essendo stata creata nel 1895 da Chrétien Oberlin, un famoso ampelografo, che fondò anche un istituto per studiare trattamenti efficaci contro la fillossera e che creò pure un nuovo vitigno d’uva nera, tuttora coltivato, l’Oberlin. Alla sua morte vigne e cantina passarono al comune. Il vigneto di riferimento, il Clos Saint Jacques, copre oggi 28 ettari. Negli anni Settanta del Novecento il Domaine divenne impresa commerciale privata, passando successivamente alla Famille Helfrich nel 2011. Oltre l’80% delle vigne sorge su un mosaico di suoli differenti, dal granito al calcare, dall’argilla all’arenaria. L’età media dei vigneti è di 35 anni, e tra i più anziani molti sono quelli del Riesling.

Gli abbinamenti: oltre ai frutti di mare e ai crostacei, coq (galletto) al Riesling, formaggi di capra e pecora.

Voto: 8,5. Prezzo: 12,90 € la bottiglia.

 

Riesling Domaine André Lorentz 2020

Il vino. Bellissima l’etichetta della bottiglia (qui sotto a sinistra), che rappresenta i clos (vigneti diversi circondati da mura). Il colore del vino è giallo paglierino con qualche riflesso dorato. Profumi di fiori bianchi e di agrumi molto fini, ampi, eleganti; risaltano anche la mela verde e l’ananas. In bocca secco, ampio, ricco, con sentori minerali e una leggera mandorla salata.


La tenuta. L’unione di Andrée Klipfel (un’erede dell’omonima azienda) con André Lorenz, di cui si è detto
a proposito dei vini Klipfel, ebbe anche altre conseguenze vinicole. Lorentz si dedicò ampiamente alla valorizzazione dell’azienda della moglie, ma non dimenticò certo la tenuta di famiglia, che infine fu 
acquisita dal gruppo della Famille Helfrich. Si tratta attualmente di 30 ettari ubicati a Barr, con viti di età media di 20 anni, in una tarsia di suoli con differenti esposizioni.
Gli abbinamenti: pesce, sogliola alla mugnaia in particolare, cozze al gratin, coq au vin.

Voto: 8,5. Prezzo: 20 € la bottiglia.

 




Info. Famille Helfrich - Les Grands Chais de France, www.facebook.com/gcfcollectionitalia , www.groupegcf.com/our-terroirs/alsace.html

 

domenica 13 marzo 2022

Dal 13 Marzo, al "13 Giugno" la nuova Magna Carta giornaliera. Grande non per estensione ma per qualità

Carpaccio di ricciola, crema di barbabietola, crumble salato e dressing all'arancia

La Sicilia vinicola, ormai da alcuni anni, è una realtà solida e importante, dove ai nomi più noti si affiancano ormai piccoli e audaci produttori, che stanno costruendo l’ossatura minuta ma indispensabile a una produzione di qualità estesa e duratura. Un po’ se ne sono accorti anche alcuni dei migliori (e non necessariamente più cari) ristoranti del Nord Italia, ma non abbastanza. Merito allora a chi non si limita ai nomi più noti, ma ricerca e trova fra i vignaioli ancora poco affermati l’alta qualità. 

Il 13 Giugno di Milano non è secondo a nessuno in questa disamina. Il copatron (foto a sinistra) Edoardo Dolcimascolo (l’altro è il vulcanico padre Saverio), si occupa personalmente della selezione dei vini della Trinacria per poi illustrarli con competenza non supponente ai suoi clienti. Certo, il 13 Giugno è un locale di cucina siciliana (e anche mediterranea, con un focus particolare su pesce e crostacei), ma il fatto di per sé non garantirebbe che accanto a una cucina solida e gustosa vi sia un altrettanto indovinata proposta enoica. E invece…

Invece sì, perché la bella sorpresa, accanto all’offerta di una inedita carta giornalieraè quella di bottiglie particolari di produttori affermati, ma anche di gioielli poco o per nulla noti al Settentrione.  

Anziché procedere a un’elencazione puntigliosa quanto forse noiosa (e a tavola conviene comunque affidarsi all’esperienza di Edoardo Dolcimascolo), partiremo da alcuni esempi e all’inverso: dai vini per poi abbinarli ai piatti, preparazioni che, a rotazione e con i dovuti cambiamenti stagionali, fanno tutti parte della nuova “proposta giornaliera”, che si affianca alla gran carta, basata invece sui piatti classici siciliani e su altri di pesce e crostacei d’impronta mediterranea. Il menu quotidiano (in cui scegliere a piacimento, anche pescando in parallelo dalla gran carta) contempla 5 o 6 piatti marinari, che nuotano comodamente fra tradizione e innovazione: vocaboli forse abusati, ma che se declinati con serietà e competenza, come al 13 Giugno, hanno ancora un loro significato.


Ed ecco, per iniziare in letizia, una “bolla” trapanese, morbido spumante che può fungere da ottimo aperitivo. Si tratta del Jolie extra dry Feudi Branciforti dei Bordonaro, rotondo metodo Charmat da uve bianche locali (con un residuo zuccherino compreso tra i 12 e i 17 g/l), molto floreale, scelto come compagno ideale di un Carpaccio di ricciola mediterranea su crema di barbabietola, con crumble salato e dressing all’arancia (foto in alto). Qui il contrasto fra l’accenno dolce della barbabietola e il tono salino del pesce viene conciliato sia dalla salsina all’agrume sia dallo spumante extra dry.


Voti. Vino: 7. Piatto: 10. Abbinamento: 9.


Si passi ora a un vino fermo, di montagna, come l’Etna bianco 2020 di Benanti (si trova a Castiglione di Sicilia), le cui uve Carricante (in purezza), tipiche del suolo vulcanico, sono coltivate fra i 750 e i 900 m. dei versanti est e sud, spesso in un clima umido e piovoso, ma ventilato e caratterizzato da rilevanti escursioni termiche giornaliere. Viene fermentato in acciaio su lieviti autoctoni, maturando sulle fecce fini per qualche mese. Al naso, bei sentori di mela, in bocca, secco, diritto, sapido, con 
sfumature minerali. Da frutti di mare, anche ostriche. Nel nostro menu abbinato invece a una Coda di gambero in tempura di ceci e riso, con crema di mandarino, maionese al peperone crusco (lucano) e profumi di SiciliaPiatto eccellente, col suo gambero delicatamente fritto e un profluvio di profumi e sapori.


Voti. Vino: 9. Piatto: 8. Abbinamento: 8.


Coda di gambero in tempura



Si chiama Orange ma è un vino da uve bianche, questo Zibibbo di Pantelleria (un tipo di Moscato)  dell’Abbazia di San Giorgio, annata 2019, le cui vigne sono coltivate sulla nera terra pantesca. Tecnica biologica, anche con sistemi biodinamici, dunque nessun trattamento né concimi chimici o prodotti di sintesi nel campo. La macerazione, al contrario dei veri e propri vini Arancioni non è lunghissima (però dura oltre 20 giorni) e non avviene in anfore ma in acciaio, dove si prolunga anche la maturazione per circa 6 mesi, che 
poi prosegue anche in botti di castagno. Niente aggiunta di solforosa prima dell’imbottigliamento. Il colore è arancione chiaro, i profumi variano dall’agrume all’albicocca alla frutta secca, con sorprendenti accenni minerali e salati. In bocca, secco, sapido, diritto e intenso. Buon matrimonio (se servito non troppo freddo, cioè sui 12°-14°), più che per assonanza quasi per contrasto, con il Tagliolino spesso di pasta fresca con dadolata di gambero rosso e crema di pistacchio di Bronte, piatto succulento, morbido e cremoso, di gran classe.

Voti. Vino: 8. Piatto: 8. Abbinamento: 7,5.





Tagliolino con dadolata di gambero rosso



Rosso da uve Nerello Mascalese, irrompe in tavola Fragore, Etna Doc – Contrada Montelaguardia 2016 di Donnafugata.

Un vino di bella struttura e tannini abbastanza morbidi, scorrevoli, in cui risaltano i profumi di mora e gli accenni balsamici e minerali. Da accostare preferibilmente a carni come costolette alla griglia, stufati vari, anatra laccata. Ma Edoardo Dolcimascolo ha voluto osare, presentandolo con un Filetto di tonno croccante, su carciofi al limone di Sicilia. Piatto interessante, gustoso, ma dissociante. I carciofi al limone si sposano abbastanza bene col tonno, e il vino si abbina con virilità al pesce, ma contrasta con il carciofo leggermente inacidito dall’agrume.

Voti. Vino: 8,5. Piatto: 8,5. Abbinamento 6,5 (consiglio: gustare il pesce col vino – in questo caso voto 8 –  e alla fine il carciofo con…acqua).



Tonno croccante su carciofi




Cataratto, Grillo e Inzolia le uve, coltivate a non più di 200 m. s.l.m., in un clima prettamente mediterraneo. Dopo la fermentazione a 20-22° il vino viene “fortificato” (cioè fatto crescere di gradazione alcolica) con alcol di vino e poi invecchiato col metodo Soleras, che consiste nel travasarne una parte periodicamente dalle botti, disposte a strati, più alte (vino più giovane) a quelle più basse; quella a contatto col terreno, da cui si toglie il prodotto da imbottigliare, si chiama solera. Il procedimento dura almeno almeno 5 anni per il Marsala Vergine Soleras di Pellegrino che sviluppa 19° alcolici e ampi profumi di pinoli e nocciola, scorze d’arancia e miele. Dolce, intenso, sapido, un alcolico nettare. Effettivamente perfetto per accompagnare lo Zabaione freddo al Marsala e crumble alla mandorla di Avola, un dessert magnifico che onora la Sicilia e gratifica il palato del commensale con una dolcezza complessa e variegata, mai stucchevole.


Voti: Vino: 9,5. Piatto: 9. Abbinamento: 10.




Zabaione freddo al Marsala e crumble




Info. Ristorante 13 Giugno, via Goldoni 44, Milano, tel. 02.719654, www.ristorante13giugno.it 

Prezzi dei piatti della nuova carta giornaliera: 26-35 €. Specialità siciliane: 16-40 €. Antipasti crudi o cotti di frutti di mare e crostacei:  26-70 €. Paste&Risotti: 18-30 €. Pesce, couscous e crostacei: 30-70 €. Coperto: 5 €. Servizio: 15%.