venerdì 25 settembre 2015

Polemiche / Vini 2015. Er mejo secondo Biwa e Golosaria. In disaccordo su (quasi) tutto

Che fatica. Ma spulcia e rispulcia, li ho trovati. Sono i “miei” vincitori dell’anno, i migliori produttori, le migliori bottiglie. Perché stancarsi a degustare decine di vini, installando giurie (o facendosele in casa), cercare sponsor, convocare conferenze-stampa? Per me è presto fatto, almeno in attesa che escano le varie guide del Gambero Rosso, dell’Espresso, dei sommelier (una dell’Ais, l’altra della Fis) ecc. ecc.  Mi è bastato mettere a confronto due classifiche et voila (v. pussee giò).
Alcuni nasano (Gardini
e Grignaffini, a destra)...
Prima di darvi il risultato, ecco com’è la faccenda. In questi giorni, quasi insieme, sono uscite due classifiche targate 2015 sui vini italiani: la Biwa (Best italian wine awards), inventata e promossa da Luca Gardini e Andrea Grignaffini, e la Top hundred di Golosaria (Marco Gatti e Paolo Massobrio). La prima mette in fila 50 aziende vinicole con un loro vino. La seconda, non li mette in fila, ma li elenca per regioni: le 100 migliori aziende con le loro bottiglie di punta.
Biwa si avvale per la giuria (che ha assaggiato quest’estate 300 vini per tre sere consecutive -però) anche di giornalisti come il vicedirettore della Gazzetta dello sport Pier Bergonzi (che ha fatto pubblicare la classifica sul suo giornale in anticipo sulla conferenza-stampa/premiazione); Daniele Cernilli, o Doctor Wine, come gli piace farsi chiamare; Antonio Paolini, simpatico battutista e, vabbe’, certo “esperto critico gastronomico e degustatore, firma di alcune fra le maggiori testate di settore che ha curato la realizzazione di numerose guide” (testuale e scusate il disturbo); Tim Atkin (Londra), Raoul Salama (con la a, di Parigi), Christy Canterbury (New York, ettepareva, giornalista, giudice  - oddio – formatrice e master of wine). Tutti soloni del vino, insomma.
…altri sfarfallano (Massobrio e Gatti)
Promotore, inventore, degustatore, sommellore, pardon sommelier, Luca Gardini, già qualche annetto fa, migliore sommelier del mondo ed ex-sommelier di Cracco.
Il Golosario, non si sa. Si presume abbiano assaggiato, degustato e giudicato forse in un po’ più di 3 giorni, Paolo Massobrio e Marco Gatti, fra una scrittura e l'altra delle loro molteplici guide, iniziative, saloni ecc. e, forse altri loro sodali (qui erano 100 i vini da scegliere su non si sa quanti assaggiati).
Direte: alla fine chissà quante cantine, quanti vini hanno in comune le due classifiche, dopotutto la classe non è acqua e in quanto a giudizio sui migliori vini non ci dovrebbe essere gran disaccordo. Macché. Biwa ritiene che Giuseppe Mascarello e figlio con Monprivato Barolo 2010 (Piemonte) sia il , Giuseppe Rinaldi con Brunate Barolo 2011 il e Duemani con Duemani Costa Toscana Igp Cabernet 2012 (Toscana) il 3°. E poi giù fino al 50° classificato.
Golosaria non si pronuncia ma enuncia i 100 senza discriminare, anche se poi pare (pissi pissi…) che ci sia anche un primo, la Cantina Ligabue con il Minego (Lombardia). Come l’ho saputo? Eh m’informo, giro, vedo ggente e anche siti internet (www.winenews.it, anzi: http://www.winenews.it/news/40027/il-minego-della-cantina-ligabue-in-valcamonica-il-vino-migliore-in-assoluto-della-top-hundred-2015-del-golosario-firmata-da-massobrio-e-gatti-con-tutte-le-etichette-che-saranno-in-assaggio-a-golosaria-2015-17-19-ottobre-milano)
Incrociando classifica dei 50 ed elenco dei 100, sapete quanti sono i vini in comune ai due gruppi? Nessuno! E le cantine? Tre. Come si spiega quest’ultima faccenda? Semplice. Anche se concordano sull’eccellenza di tre cantine, le due “giurie” l’attribuiscono però a vini diversi.
Ed ecco allora la “mia” superclassifica incrociata:
1°?) Santa Barbara (Marche): secondo Biwa per il Mossone Marche Rosso Igt 2012, secondo Golosaria per il Verdicchio Castelli di Jesi Classico Riserva Stefano Antonucci 2012.
2°?) Tua Rita (Toscana): Secondo Biwa per il Redigaffi Toscana Rosso Igt 2012; secondo Golosaria per il Giusto di Notri 2010
3°?) Ettore Germano (Piemonte): secondo Biwa per l’Hérzu Langhe Doc Riesling 2013, secondo Golosaria per l’Alta Langa brut metodo classico.
La superclassifica delle tre aziende vinicole, comuni alle due classifiche, la determina Biwa, che colloca Santa Barbara al 20° posto, Tua Rita al 30° ed Ettore Germano al 50°. Mentre per Golosaria: “questo e quello, per me pari sono…”.
Per godersi tutte le classifiche: biwawards.it,    www.golosaria.it/default.asp?id=4237


mercoledì 23 settembre 2015

Montalbano e il Barocco ragusano: tra cibo, mito e vino

La spiaggia di Punta Secca, davanti alla casa "di Montalbano"
Il Commissario non c’è e la sua casa, vista dalla piazzetta che sovrasta la terrazza e la spiaggia, sembra più diversa. In compenso il tramonto sul mare è spettacolare e quasi quasi ci si aspetta di vederlo nuotare nel mare turchese, ramato dal sole che muore. Tutto sommato la mitica Marinella dei romanzi di Andrea Camilleri, dove ha situato l’abitazione di Salvo Montalbano, non delude, anzi. Si chiama in realtà Punta Secca, frazione del comune di Santa Croce Camerina ed è a pochi chilometri da Marina di Ragusa, simpatico borgo marinaro nonché porto turistico molto apprezzato dagli stranierei, visto che in
350 ogni anno vi svernano risiedendo sulle loro barche. E la casa di Montalbano, nella realtà è proprio…La Casa di Montalbano, un b&b a 3 stelle, a cui i proprietari, dopo l’enorme successo della serie televisiva, hanno dato quel nome di appeal assoluto. Ovviamente, a parte le giornate in cui si girano i filmati, nel b&b si alloggia (su due piani, quello inferiore è a disposizione dei proprietari) e la prima colazione si fa anche su una delle due  terrazze dove Montalbano spesso cena o guarda il mare al tramonto (www.lacasadimontalbano.com, prezzi: 45-80 € a persona, minimo due notti). Previsto anche un tour Montalbano, con partenze dal “suo” b&b, che porta a visitare il Castello di Donnafugata, Ragusa Ibla, Modica e Scicli (mezza giornata, 145 € da 1 a 8 persone), oppure, tutto il giorno, aggiungendo Ispica, Sampieri e Donnalucata (220 €).
Casa Montalbano è in realtà un b&b
La Sicilia sud-orientale, vale a dire la provincia di Ragusa, non è solo mare, anzi è forse più caratterizzata dall’aspra bellezza delle sua campagne, delimitate dai muri a secco, segnata dai Monti Iblei, rilievi dall’andamento dolce che interrompono l’altopiano, esaltata dal particolarissimo Barocco dei suoi palazzi e delle sue chiese (uno su tutti: il Duomo di Ragusa Ibla, che con i 250 gradini della sua scalinata domina la piazza in modo impressionante).
Ma torniamo sul mare, raggiungendo in 20’ d’auto Scoglitti, frazione marina di 3-4mila abitanti del comune di Vittoria, molto animata nella stagione turistica. Qui c’è la trattoria perfetta per una scorpacciata di pesce, in quantità ma soprattutto di qualità. Il Sakalleo (piazza Cavour 12, tel. 0932.871688) è il regno di Pasquale Ferrara, ex-politico, imprenditore, padre prolifico e marito devoto, alla terza moglie come alle precedenti. E grande affabulatore. Soprattutto, gran cuoco. Ma togliamoci subito il dente, per quanto riguarda il prezzo: non è a buon mercato, ma nemmeno eccessivo, vista la qualità del tutto. Si può optare per la degustazione di antipasti (crudi o cotti, tutti freschissimi, di pesce e crostacei) a 35 €, per antipasti e primo (45 €), primo e secondo (sempre 45 €), antipasti e secondo (50 €), infine per il menu completo, antipasti, primo e secondo a 55 € (più il bere: buona selezione di bottiglie sicule). La festa comincia con salame di tonno e gamberi rossi, polpo bollito e polpette di seppia fritte, calamari all’arancia e scampi, leccia marinata e
Pasquale Ferrara, vulcanico patron
del Sakalleo di Scoglitti
sauté di cozze e telline. Da non perdere poi la pasta condita con aglio, olio, peperoncino, fumetto di triglia, vongole, bottarga, pane fritto. Per secondo, pesce di pesca rigorosamente locale, al sale, pezzogna o praio rosa perlopiù.
Degna conclusione con un cannolo di ricotta accompagnato da un bicchiere di Passito di Pantelleria.
Chi pensa che il Ragusano sia soprattutto da terra da vini rossi…non sbaglia. Ci sono naturalmente buoni bianchi da uve inzolia, carricante, grillo,  chardonnay, magari da moscato (secco), affascinante come il SP68 Bianco di Occhipinti (di Vittoria, www.agricolaocchipinti.it). Ma è il rosso a farla un po’ da padrone, grazie alle uve nero d’Avola, syrah, frappato, nerello mascalese. Uno dei vini più buoni della zona, ancora in qualche modo misconosciuto, benché sia l’unica Docg della Sicilia, è il Ceresuolo di Vittoria, da uve frappato e nero d’Avola. Il nome non deriva necessariamente dal colore – è un rosso rubino, anche carico – ma dal profumo di cerasa (ciliegie), che sovente lo caratterizza. Uno dei migliori è il Vigna Pettineo di Pettineo, biologico, del bravo produttore Maggio Vini (www.maggiovini.it ,vendita anche sul sito). Si affina 9 mesi in acciaio e altri 9 in bottiglia. Nel bicchiere, profumo di fragola, confettura di ciliegie e melagrana, in bocca è suadente, morbido, setoso e con una sua freschezza balsamica. Abbinamenti che vanno dalle paste con sughi forti, come quello di pecora, al tonno in crosta di sesamo. Sono eccellenti anche gli altri vini della Vigna di Pettineo, i Frappato, Nero d’Avola e Grillo in purezza e l’Amongae, un blend di nero d’avola (60%), cabernet e merlot.
Amongae di Maggio Vini:
Nero d'Avola, Cabernet e Merlot
Fondata nel 1607 dalla contessa Vittoria Colonna Henriquez-Cabrera e perciò a lei intitolata, Vittoria si caratterizza più che per il Barocco per una serie di edifici Liberty, Art Deco o eclettici: fontane, palazzi, tempietti e, certo, anche chiese barocche. Vale senz’altro una visita, magari di notte, quando le luci dei lampioni giallastri creano un effetto suggestivo proiettandosi sui muri delle antiche dimore.
Luogo da sogno per riposare con ogni comfort, dalla splendida piscina alla spa, al campo da golf l’Hotel Resort Donnafugata, ha belle camere con giardinetto e vista sui prati, bar e ristoranti all’altezza (Contrada Piombo, Donnafugata, www.donnafugatagolfresort.com da 207 €). Altro fiore all’occhiello dell’accoglienza iblea è l’Eremo della Giubiliana, antico convento-fortezza a sud di Ragusa, dalle mura in pietra bianca e le camere (una ventina, comprese 6 suite) ricavate dalle antiche celle dei monaci (Strada prov. per Marina di Ragusa km 7,5, contr. Giubiliana, www.eremodellagiubiliana.it doppia b&b da 230 €). Merita la visita Ragusa Ibla, cioè la parte più antica e storica di Ragusa, ricostruita dopo il terremoto del 1693 in gusto tardo-barocco? Ecco la risposta del grande scrittore siciliano Gesualdo Bufalino (1920-1996):  "Bisogna essere intelligenti per venire a Ibla. E convengo che c'è una discriminazione maleducata, non so quanto abbia da guadagnarne il turismo locale. Fatto sta che ci vuole una certa qualità d'anima, il gusto per i tufi silenziosi e ardenti, i vicoli ciechi, le giravolte inutili, le persiane sigillate su uno sguardo nero che spia…" (da una sua rubrica sul settimanale L'Espresso). Il Duomo di San Giorgio che domina la piazza in salita con le sue centinaia di gradini è spiazzante, per non dire altro. All’imbocco della piazza, sulla destra, il basso edificio neoclassico del Circolo di Conversazione, noto anche come Caffè dei Cavalieri, ove, nella finzione camilleriana, il medico legale Pasquano gioca a carte, spesso disturbato dal commissario Montalbano. Poco più oltre, da non perdere la bottega Gelati DiVini: i gelati sono al gusto di Moscato, Passito di Pantelleria, Brachetto, Marsala, ma anche rapa rossa, carruba, mandorle tostate (piazza Duomo 20, tel. 0932.228989).
Per vedere come viene realizzato il formaggio Ragusano Dop ci si può spingere poco più a nord
Formaggio Ragusano Dop al Caseificio Occhipinti
di Ragusa, nella campagna di San Giacomo, al Caseifico Occhipinti, dove sono ben lieti di raccontare, mostrare, far assaggiar e magari vendere le loro specialità. La perla è appunto il Ragusano, prodotto solo con il latte di vacche di razza Modicana (ormai quasi rara), alimentate con erba o fieno di pascoli dell’altopiano ibleo, caratterizzati da una varietà di erbe aromatiche e flora spontanea. È un cacio a pasta filata, ma consistenza dura, a forma di parallelepipedo, che stagiona in coppia a cavallo di una trave (come il caciocavallo rotondo) per almeno 3 mesi, ma la maturazione può durare oltre i 12. Il sapore è…sapido, cioè asciutto, piccante, anche aromatico. Da abbinare ai vini rossi locali, come il Cerasuolo o il Nero d’Avola. Qui lo si acquista fra i 13 e i 14 € al kg, secondo stagionatura. In vendita anche prodotti più freschi come ricotta (pure salata), mozzarella, latte e yogurt (contrada San Giacomo, Ragusa, tel. 0932.231669, www.latticinidifattoria.it).
A una decina di km più a nord, ecco Giarratana, il più piccolo comune della provincia, la cui gloria è…la cipolla. Non un ortaggio qualsiasi, ma un bulbo bianco tendente al bruno, bello saporito, ma non aggressivo, che può superare anche i 2 kg. Presidio Slow Food  (www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/cipolla-di-giarratana), viene utilizzata per condire focacce imbottite anche di pomodoro e altri ingredienti, e lei stessa ripiena e cotta in forno. L’azienda agricola Fagone di Giarratana (www.cipolladigiarratana.it) la coltiva, la trasforma e la spedisce in tutta Europa, da luglio a settembre. I suoi vasetti sono uno più goloso dell’altro: paté di cipolla e di cipolla e tonno, confettura, filetti in agrodolce, alla siciliana, aromatici, addirittura un paté di cipolla e salmone. Poco distante, Chiaramonte Gulfi con i suoi oli pregiati. Un eccellente produttore di questi extravergini della Dop Monti Iblei sottozona Gulfi è l’Oleificio Gulino (www.oleificiogulino.com). La bottiglia d’eccellenza è l’Erbesso, l’oliva, la tonda Iblea, il sapore, fruttato intenso, appena piccantino con sentori netto di carciofo.
Cipolla di Giarratana ripiena
Al Parco Calaforno di Giarratana si gustano i piatti tipici della zona nel ristorante Le due palme, anche locanda con qualche camera (ristoranteleduepalme.blogspot.it). Qui non manca mai la tradizionale cipolla al forno, mentre tra i primi è imperativo scegliere uno dei molteplici piatti di cavati (pasta fresca): alle due palme o alla Norma, agli aromi di bosco o al sugo di maiale; fra i secondi, la grigliata mista con chimichurri (salsa e marinatura all’argentina, con olio, aglio, peperoncino, origano e prezzemolo), l’agnello, il cinghiale, la costata ripiena e la salsiccia (prezzi: da 20 €).
Infine, dulcis in fundo, Modica. Dolce, come il suo cioccolato particolarissimo. Granuloso, friabile, perché lavorato a freddo, come facevano gli Aztechi, che trituravano i semi di cacao su una pietra, facendo così sprigionare il burro di cacao e ottenendone una pasta granulosa. La tecnica fu portata a Modica dagli Spagnoli e i modicani l’hanno mantenuta senza mai passare alla fase più industriale del concaggio. La massa di cacao viene così lavorata tuttora a 40°, aggiungendo solo zucchero, che, non riuscendo ad amalgamarsi, dà al cioccolato il caratteristico aspetto granuloso. La tavoletta modicana ha un aroma di cacao tostato, con note astringenti. Spesso viene aromatizzato con cannella o vaniglia, con peperoncino o carruba, agrumi o caffè.
E la città? Gesualdo Bufalino la descrive come “un paese in figura di melagrana spaccata; vicino al mare ma campagnolo; metà ristretto su uno sprone di roccia, metà sparpagliato ai suoi piedi; con tante scale fra le due metà, a far da paceri, e nuvole in cielo da un campanile all’altro, trafelate come staffette dei cavalleggeri del re” (da Argo il cieco).
Arroccato su una collina, il centro è un intrico di viuzze e scalinate. Manco a dirlo, è un trionfo del (tardo) barocco siciliano, con il Duomo di San Giorgio e quello di San Pietro, i vari palazzi, il Castello dei conti di Modica.
L'Italia di…cioccolato al Museo
 di Modica
Non ci attarderemo a descrivere Modica nei particolari, sono luoghi da vedere di persona, traendone suggestioni individuali. Torneremo invece testardamente sul suo cioccolato, per segnalare la presenza di un piccolo e imperdibile luogo di cultura materiale, appunto il Museo del cioccolato di Modica, in un’ala del Palazzo della Cultura (corso Umberto I 149, info 347.4612771, www.comune.modica.rg.it): attraverso pannelli viene raccontata la storia del xocoatl azteco fino ai nostri giorni, con una carta in rilievo dell’Italia fatta di cioccolato e l’evoluzione delle ditte modicane che lo produssero e lo producono tuttora. Sempre in loco si può prenotare una dimostrazione sulla preparazione del cioccolato modicano con antichi strumenti nel vicino Dammusu ro ciucculattaru. La stessa cosa, ma con strumenti moderni, a Casa Ciomod – Ospitalità Hiblea (via Nazionale Modica-Ispica,  www.casaciomod.com), dove si tengono dimostrazioni e corsi appositi. È una villa patrizia, trasformata in scuola di cucina, ristorante, hotel con piscina. Qui si utilizzano solo prodotti isolani, molti dei quali Presidi Slow Food, come il datterino di Scicli e la mozzarella ragusana, i capperi di Salina e il sale di Trapani, l’olio biologico e persino le farine prodotte da uno dei più antichi mulini ad acqua esistenti nella zona. Nel punto vendita Bottega Sicula-Butiq si trova molto della miglior produzione gastronomica (compresa una selezione di vini e di olii). E pure uno chef esperto in vasocottura Gurmé, ricette realizzate in vasetti di vetro ermetici, che ci si può portar via e mangiare ovunque. Anche a Bolzano. Alla faccia del km zero. E del resto, qui, più che i prodotti a km zero, preferiscono utilizzare quelli a km quadrati: 25.711, come l’intera superficie della Sicilia.
Balconi in stile barocco siciliano a Ragusa