mercoledì 21 giugno 2017

Pizza vegana alla Filiale dell'Albereta di Erbusco. Nativa è l'ultima creatura di Pepe, innovativo pizzaiolo campano


Ma tu vulive 'a pizza,
'a pizza, 'a pizza...
cu 'a pummarola 'ncoppa,
cu 'a pummarola 'ncoppa,
Ma tu vulive 'a pizza,
'a pizza, 'a pizza,
cu 'a pummarola 'ncoppa...
'a pizza e niente cchiù!...
 (’A pizza, di Testa – Martelli, 1966)

2a classificata al 14° Festival
della canzone napoletana,
cantata da Fierro e Gaber
La gorgheggiava Aurelio Fierro, indimenticabile voce della canzone napoletana. Da allora la pizza è cambiata: c’è chi ne ha mutato l’impasto e chi gli ingredienti che vanno ’ncoppa, chi si è ancor più abbarbicato alla tradizione e chi ha voluto fare la rivoluzione. Franco Pepe si colloca forse a metà: ma è una mediocritas veramente aurea. Nel suo Pepe in grani di Caiazzo (Caserta) fa pizze apparentemente tradizionali, ma con ingredienti di ricercata qualità, fin dall’impasto. Cerca un equilibrio preciso tra gli elementi, non vuole stupire, ma creare qualcosa di nuovo, accompagnando, per così dire, la novità con un ricordo rassicurante della tradizione.
Nuova, nuovissima è invece la Nativa, la pizza da lui creata in combutta con Fabio Abbattista, chef del ristorante LeoneFelice e del bistrot VistaLago dell'Albereta di Erbusco, il relais di lusso dei Moretti, già regno culinario di Gualtiero Marchesi. Qui, tre mesi fa, in un chiosco a due piani, Pepe, grazie a un accordo con Martino de Rosa (di at Carmen) e la famiglia Moretti, ha aperto La Filiale-L’evoluzione della pizza, portandovi le sue preparazioni di maggior successo da Caiazzo, e creandone di nuove, legate al territorio franciacortino. Ora s’è inventato la Nativa, diversa da tutte le altre. Completamente vegana e dunque senza mozzarella o salumi vari. Per l’impasto ha usato un grano dimenticato (e riscoperto), il Monococco, da cui deriva una farina più scura, non facile da impastare, ma più sana e digeribile. In forno va solo la base, una volta cotta ed estratta dal forno viene rapidamente completata con un topping, anzi un ’ncoppa, vegano, fatto di pomodoro al forno con origano, hummus di ceci di Cicereale e avocado, e germogli di rucola selvatica. Una meraviglia.
Certo, la mozzarella non c’è e neanche gli altri ingredienti cui si è abituati. Ma vale la pena di
Franco Pepe a La Filiale di Erbusco.
provarla per vari motivi. Intanto perché è buona e il suo gusto è originale, in bocca risulta croccantina e un po’ friabile, l’avocado e la rucola donano freschezza e sapore; poi perché è veramente estiva, visto che solo la base è calda di forno, il resto è a temperatura ambiente. A ulteriore testimonianza della digeribilità e salutismo del piatto, la Nativa si gusterà anche nel Ristorante Benessere della Spa Henry Chenot, sempre all’interno dell’Albereta.
Dietro l’utilizzo del grano Monococco, c’è un’approfondita ricerca e sperimentazione medica del reparto di Gastroenterologia degli Spedali Civili-Università di Brescia. La ricerca ha messo in luce le proprietà di un frumento antichissimo (selezionato 10mila anni fa), ma poco produttivo e adatto per un’agricoltura a basso impatto ambientale, che non necessita di pesticidi, basilari invece per i grani comuni. La farina prodotta con il Monococco Shebar dal Molino Piantoni di Chiari (Brescia), secondo la ricerca,  ha basso tenore di glutine (ma non è comunque adatta ai celiaci), lievita poco ed ha un elevato profilo nutrizionale: 19% di proteine, oltre 90 g/kg di vitamina E e quasi 42 g/kg di ferro. Inoltre gli amidi del Monococco in genere sono meglio assorbiti dall’organismo umano rispetto al frumento normale, evitando il gonfiore di pancia. Insomma, la pizza risulta buona, ma anche salutare, il che non guasta.
Per preparare un impasto perfetto alla base di Nativa, Franco Pepe ha comunque dovuto tribolare non poco, perché tutti i parametri si dimostravano differenti da quelli delle pizze normali: diversa la quantità di lievito, diversi i tempi…Ma la vasta esperienza e la voglia di sperimentare di Pepe, uno dei più grandi pizzaioli moderni italiani, ha fatto il piccolo miracolo gastronomico che è la Nativa. Non è ovviamente l’unica che si può gustare alla Filiale, è solo l’ultima nata di una serie di altre pizze di gran successo nel locale campano e qui riportate pari pari. Su tutte la famosa Margherita sbagliata (magari da gustare con accanto il cocktail milanese Negroni sbagliato – spumante al posto del gin, forse un Contadi Castaldi dei Moretti…): vanno in forno solo l’impasto e la mozzarella di bufala, che poi verranno conditi con riduzione di pomodoro e basilico.
La carta delle pizze della Filiale si divide ne Le Fritte, Le Classiche (Marinara e Margherita tradizionale), Le Originali (la maggior parte, si va dalla Sensazioni di Costiera alla Pinsa conciata del ’500, sino alle due pizze ”nordiste” create apposta per la Filiale, con la consulenza di Abbattista: la Gustosa, con porchetta, scamorza affumicata, fiordilatte…e la Curtefranca, con ingredienti del territorio franciacortino e dintorni,  come la pancetta affumicata, il formaggio Fatulì della Val Saviore (Presidio Slow Food), nonché una battuta di broccoli e pistacchio. Si mangia in una sorta di chiosco, con alcuni tavoli all’aperto, il banco bar all’ingresso con vista sulla cucina e un’ampia sala al piano superiore. Circondati dal verde e a pochi passi dalle vigne di pinot e chardonnay, incastonate da cespugli di rose, che daranno vita alle bollicine dei Franciacorta Bellavista e Contadi Castaldi. E scusate se è poco.
Info. La Filiale-L’evoluzione della pizza, L’Albereta Relais& Chateaux, via Vittorio Emanuele 23, Erbusco (Brescia), tel.  030.7762608, pizza@lafiliale.it, www.albereta.it . Orari: mart.-sab. dalle 19; dom. 12-15 e dalle 19. Prezzo delle pizze: 10-20 €.







mercoledì 14 giugno 2017

Bianco bere: Mongarda Colfondo / Zanolari Vagabondo Un Fiorfiore di Grechetto / un Grillo benedetto

















Non è che per forza si voglia bere bianco d'estate e rosso d'inverno, bianco sul pesce e rosso sulla carne, no. È che si vuol bere bene, tutto qui. Ed ecco, a prescindere dalla stagione estiva, i 4 assi: bianchi ma per ogni stagione. Tutti un po' insoliti. Di piccoli produttori. Affidabili e bravi. Dal Veneto alla Lombardia, dall'Umbria alla Sicilia. Prosit.

Al vertice Col Fondo
Avete presente il Muscadet de Sèvre et Maine sur lie? È un vino francese della Loira, eccellente con i frutti di mare (ostriche, in particolare), pétillant, cioè leggermente effervescente, secco ma floreale e fruttato, affinato sur lies. Suona bene, no? Ma che cosa sono le lies? Nient’altro che i lieviti.
E il Prosecco Col fondo (scritto anche tutto attaccato: Colfondo)? È più o meno la stessa cosa, ma come suona meno affascinante! Lo avessero chiamato “sui lieviti” avrebbe un altro appeal. Ma la verità è che è una tradizione produrre prosecco col fondo, quasi dimenticata, ma oggi rinata come correntina del mare magnum dei prosecchi. Fa parte di questa nicchia produttiva anche il Vino Frizzante Col Fondo di Mongarda, piccola azienda vinicola di Col San Martino (Treviso), che produce anche due Prosecco Superiore di Valdobbiadene di gran classe, Brut ed Extra dry. Torniamo al nostro Frizzante col fondo (e con tappo corona, anch'esso tradizionale e che certo non danneggia il vino). Che cosa lo differenzia dal Prosecco classico? Il fatto di non prendere la spuma in autoclave, ma direttamente in bottiglia, quasi come uno Champagne o un metodo classico. Però i lieviti esausti non vengono espulsi con la procedura della sboccatura e neanche, quindi, il vino viene rabboccato, magari con un certo dosaggio di zucchero. Qui abbiamo un vino frizzante (non arriva cioè a 3 atmosfere di sovrapressione, altrimenti sarebbe uno spumante) completamente secco, nature, pas dosé si potrebbe dire, diritto, di profumi tenui, floreali, con ricordi di frutta esotica e qualche spunto agrumato, bellissime e persino abbondanti e minute bollicine. Certo, alla vista non è brillante: a causa della presenza del fondo si presenta, com'è giusto, velato.
Martino Tormena è il giovane produttore che, sulle orme del padre Bruno, da 11 ettari di vigne di glera, verdiso e altre vecchie varietà autoctone, piantate su uno strato sottile di argilla sopra roccia conglomerata calcarea, ricava l’uva con cui produce non più di 30mila bottiglie l’anno delle tre tipologie. Le pratiche agricole non prevedono diserbi né l’uso di concimi chimici e prodotti di sintesi. La raccolta è manuale, in cassette da 20 kg; poi si procede alla pressatura soffice con separazione del mosto fiore, decantazione per 18-24 ore, fermentazione in vasche d’acciaio, innestata da un pied de cuve prodotto con le loro uve (il che evita difetti e fermentazioni parassite, donando originalità organolettica al vino). Dopo la maturazione in vasche d’acciaio e cemento e l’imbottigliamento del vino, la presa di spuma avviene grazie all’aggiunta in primavera di mosto fresco messo da parte in vendemmia. Un vino originale e insolito, per chi non è della zona, che nella bottiglia di Mongarda si esprime al massimo della sua tipologia, con una carica di simpatia per l’allure genuina, contadina, da non sottovalutare.
Glera Frizzante col fondo, 10 €.
Soc. Agr. Mongarda, via Canal Nuovo 8, Col San Martino (Treviso), tel. 0438.989168, www.mongarda.it.


Vagabondo in Valtellina
Dal Veneto alla Valtellina, la zona settentrionale e montana della Lombardia, per un altro piccolo produttore emergente, Marcel Zanolari. A Bianzone, graziosa località vinicola a 37 km da Sondrio, Marcel, nella sua Fattoria San Siro, coltiva su 10 ettari nebbiolo e pinot nero, cabernet sauvignon e pinot bianco, traminer e riesling. Tutto secondo i dettami dell’agricoltura biodinamica. Nella raccolta cantina di Bianzone, i vasi vinari sono di materiali diversi: si va dall’acciaio dei fermentini alle pièce e barrique, alle anfore di argilla e cemento naturale da 660 litri (ognuna pesa, da vuota circa 1200 kg). Sì, perché Zanolari presenta sovente due versioni
dello stesso vino: maturato nel legno o in anfora. Così è per lo Sforzato, il vino principe della Valtellina, il Pinot nero, il Cabernet, il Pinot bianco. E per il Vagabondo Bianco, Terrazze Retiche di Sondrio Igt, un Riesling in purezza (anzi, per il vero, uvaggio di cloni differenti di riesling), che, nella versione Le Anfore, viene vinificato appunto nelle anfore di argilla, sabbia e quarzo a contatto con le bucce fino a conclusione della malolattica, ove poi rimane per 5-7 mesi. Affinamento successivo in bottiglia per circa un anno.
Il Vagabondo Bianco 2015 ha colore giallo pieno, tendente all’oro antico; bouquet distinto, fine, con sentori floreali e fruttati; un bel sapore secco, sapido, con richiami fruttati e sentori finali minerali. Vino da pesce e magari anche per carni bianche. Un consiglio per gustarlo in loco? Alla Trattoria Altavilla, sempre a Bianzone (www.altavilla.info), su un piatto di lasagnette con gamberi, salmone, branzino e crema di zafferano.
Vagabondo Bianco Le Anfore biodinamico, Terrazze Retiche di Sondrio Igt 2015, 33 €.
Marcel Zanolari, Azienda San Siro, via Teglio 6/10, Bianzone (Sondrio), tel. 0041.81.8443434, www.marcelzanolari.com.


Son Grechetto epperciò Umbro
Per decenni l’uva grechetto è stata poco considerata anche nella sua terra d’origine, l’Umbria. Poco curata la pianta, poco il vino, ne risultavano bottiglie di un bianco senza gran carattere, da bere ben fresco, soprattutto d’estate e con qualche piatto non troppo impegnativo. Ma negli ultimi tempi i produttori più avveduti si sono accorti che, curando meglio le vigne, si potevano ottenere prodotti interessanti, in cui riscontrare non solo freschezza ma anche struttura e una certa complessità. La Cantina Roccafiore di Todi, guidata dal giovane Luca Baccarelli e dall’enologo Hartmann Donà e che produce solo vini autoctoni e biologici, ha deciso di puntare anche su questo vigneto. E ha selezionato appositamente un clone poco diffuso, il cosiddetto G5: grappolo piccolo e spargolo (aperto, con acini radi), foglia a cinque punte, forma troncoconica. Queste caratteristiche ampelografiche sono in grado di donare al vino maggiore struttura e alta componente glicerica. L’enologo Donà, forte di un’acquisita esperienza coi bianchi dell’Alto Adige,  riesce ad estrarre anche vari aromi fruttati. Così il vino non va subito in bottiglia, ma è in grado di sostare per un anno intero in grandi botti di rovere di Slavonia, acquisendo personalità e complessità. Una sfida vinta, perché il Grechetto Umbria Igt 2015 si presenta con colore paglierino tendente all’oro, profumi minerali, fruttati (dal pompelmo rosa alla mela golden, alle erbe aromatiche), sapore secco, sapido, elegante, di carattere, con finale morbido.
Lo chef di Fiorfiore (stesso nome del vino), il ristorante che si trova all’interno del Country Chic Resort Roccafiore, inserito armoniosamente tra le  colline insieme alla cantina, consiglia di abbinarlo con primi piatti come strangozzi al ragù bianco di coniglio e timo con crema di rape rosse, rustichelli, e anche ovviamente coi crostini alla norcina, a base di fegatini di pollo, acciughe e tartufo nero. Ma non disdegnerei di gustarlo su una sontuosa catalana di crostacei.
Fiorfiore, Umbria Grechetto Igt 2015, 18 €.

Cantina Roccafiore, Voc. Collina 110a, Fraz. Chioano, Todi (Perugia), tel. 075.8942746, www.roccafiorewines.com


Un Grillo...della Madonia!
Dopo il G7 di Taormina, ecco il G’16 di Gangi. Sempre in Sicilia siamo, ma le similitudini finiscono lì. G’16 è un vino Grillo, prodotto nella piccola Tenuta San Giaime a Gangi, nella Madonie, un paese di 8mila abitanti, 1000 metri d'altitudine, che nel suo sito internet inalbera orgogliosamente i gagliardetti virtuali di "Comune Gioiello d’Italia  2012", "Uno dei Borghi più belli d’Italia", "Borgo dei Borghi 2014", "Les plus Beaux villages de la terre"…
Nei dintorni, la Tenuta San Giaime produce vino in quantità quasi lillipuziane, ma di qualità eccellente. Titolare è il siculo-milanese Salvatore Cicco, imprenditore al Nord e appassionato vignaiolo al Sud, assieme al figlio Alessio e con il cognato Franco Mastrandrea, cantiniere di lunga esperienza.  Consulente, un enologo del calibro del piemontese Gianfranco Cordero.
Sono solo 3 gli ettari di vigneto attualmente e poche migliaia le bottiglie prodotte, ma “fra tre o quattro anni contiamo di raggiungere il break even con 8 ha produttivi, 50mila bottiglie e una nuova cantina”, racconta Salvatore Cicco.
Due i vini, biologici certificati, un Syrah di cui è uscito l’anno scorso la prima annata 2015 (Vedere il post “Rossi d’inverno/Dalle Alpi alle Piramidi…etnee”, del 27/2/2016), e un Grillo 2016. E presto sarà la volta di Pinot nero e Nerello Mascalese.
La proprietà è antica, affonda le radici nell’800 e pare che il syrah già fosse presente, forse addirittura importato nel Medioevo dai pellegrini che transitavano in Sicilia provenienti dal Medio Oriente (Siria -Syrah) e diretti al Santuario di Santiago di Compostela, in Spagna. Da poche settimane è uscito il primo bianco, un Grillo in purezza, il G’16 appunto: “40 q.li d’uva, grazie a un’ottima vendemmia, nonostante le piogge estive, ci hanno dato 3500 bottiglie di superlativa qualità”, sostiene Cicco. Ed è vero. Alla vista, G’16 si presenta di un bel colore giallo paglierino; al naso, note vegetali che ricordano il fieno e il tè verde, ma anche floreali, di fiori bianchi; il sapore è equilibrato, armonico con una delicata acidità: pronto da bere, ma ricco di promesse anche a seguito di un ulteriore affinamento in bottiglia. Il vino ha fatto 6 mesi in tini d’acciaio e altri tre in vasche di cemento. Particolarmente consigliabile con primi piatti a base di verdure, con i frutti di mare, pesce al forno. Ma anche con un bel carpaccio cosparso di pezzettini di sedano, finocchietto, olio e pepe. Altro che G7…
G’16, Grillo Terre Siciliane Igt 2015, sui 14 €. Tenuta San Giaime, contrada San Giame, Gangi (Palermo), tel. 0921.564005, www.tenutasangiaime.it.


                                                       
                                                          DOVE SI BEVE IN BIANCO

1. Col S. Martino 2. Bianzone 3. Todi 4. Gangi

venerdì 9 giugno 2017

Grappe per l'estate? Si può. Abbinamenti a tavola? Non c'è problema. Parola di Anag. E di Bottega

Grappe all'assaggio per il concorso Alambicco d'Oro, organizzato da Anag
Che cosa abbinare a un bel risotto con le rane? Magari un Friulano dei Colli Orientali? Un Riesling dell’Oltrepò pavese? Eh no, troppo semplice. L’abbinamento perfetto si realizza con una Grappa di Moscato Riserva. Parola di Paola Soldi, presidente degli Assaggiatori di grappa e acquaviti, in acronimo Anag.
E con una Robespierre di manzo, lasciata riposare in Grappa di Barbera di 5 anni, erbe fini e spinaci
Robespierre con Grappa
di Barbera Ris. 5 anni
al burro? Un Morellino di Scansano, una Barbera? Fuochino, qui il gioco si fa più facile: la medesima Grappa di Barbera Riserva 5 anni, utilizzata per profumare la carne.
Ma eccoci al dolce. Con la Meneghina di panettone (fette di panettone, crema pasticciera, burro e, in questo caso, Grappa giovane di Vin Santo anziché il consueto Grand Marnier) e la fiorentina e cioccolatosa Torta Pistocchi, che bere? Vin Santo? Acquavite del medesimo? Macché, la risposta esatta è: Grappa di Chardonnay invecchiata, che fa matrimonio d’amore soprattutto con la Torta Pistocchi.
Con una cena speciale al Boeucc di Milano (uno dei più antichi ristoranti italiani, datato 1696) l’Anag ha voluto provare che si può: si può pasteggiare a Grappa, anziché a vino, basta seguire alcune accortezze. Per esempio, non ficcare il naso nel bicchiere dell’acquavite, come usa fare per il vino, ma passarlo qualche centimetro sotto le narici per non farsi anestetizzare i ricettori dall’alcol. E neanche va ruotato il bicchiere per ossigenare la grappa, che non ne ha bisogno: l’alcol già trasporta gli aromi verso l’alto senza alcun aiuto. Certo, anche il calice ha la sua importanza; trasparente, alto circa 10 cm e a stelo non molto lungo, pancia discretamente ampia, con restringimento verso la bocca, in modo che il bouquet della grappa sia convogliato verso l’alto assieme all’alcol volatile.
E poi, attenzione: la grappa non è una vodka della steppa ghirghisa, e neanche, da qualche decennio, lo sciacquabudella degli alpini combattenti: è un distillato raffinato (se fatto come dio comanda), che va bevuto con attenzione e a una temperatura acconcia: 15-18° per le acquaviti giovani e le cosiddette giovani/aromatiche, 19-20° per le affinate, invecchiate e riserve.
Ma come dev’essere una buona grappa? Lo spiega l’Anag, associazione di appassionati ed esperti, senza scopo di lucro, che si appresta a festeggiare i suoi primi 40 anni, nel 2018.
Grappa giovane: alla vista, trasparente, brillante e cristallina; al naso, alcol non pungente e poco percepibile, aromi di frutta e fiori in armonia ed equilibrio.  Grappa invecchiata: alla vista, sempre limpida, ma di colore da paglierino chiaro a mogano, dovuto alla permanenza in botti di legno, che può andare dai 6 mesi delle affinate ai 18 delle stravecchie o riserva, fino a oltre 10 anni.
Al gusto, sorseggiando una grappa, giovane o invecchiata, si percepiscono quasi esclusivamente i sapori collegati al dolce e all'amaro, non quelli salati o acidi, mentre gli odori si avvertono solo in fase retrolfattiva. Più la grappa è fine, inoltre, meno si avverte la sensazione bruciante in bocca. La percezione di calore dev'essere avvolgente ma non fastidiosa, con sapori puliti e ben equilibrati.
Per citare un grande esperto dell’argomento, come Luigi Odello, “la maggiore espressione di qualità di una grappa sotto il profilo gustativo...è data dalla sua discrezione, fondamentalmente dal suo “non essere”. Il vertice è l’armonia: la grappa invade il cavo orale senza violenza alcuna e si esprime in una piacevole sensazione di calore, per poi finire incorporea in successive nuvole d’aroma”.
La citazione è tratta da “Grappa. Innnanzitutto un fatto di stile”, un capitolo del bel volumetto di
Cocktail Passion Flower: 3/10 Grappa Alex,
3/10 Triple Sec, 3/10 Blue Curaçao, 1/10
Succo di limone. Shakerare. Da Spirit of Life
Sandro Bottega&Peter Dowling  Spirit of Life, voluto dallo stesso Bottega, uno dei più noti produttori italiani. Nella prefazione, il critico di distillati statunitense F. Paul Pacult sostiene che “pur essendo un prodotto tradizionale la grappa è tutto fuorché obsoleta. Pochi distillati infatti possono vantarsi di essere altrettanto moderni ed eleganti”. Il libro si fa apprezzare, oltre che per il saggio “La civiltà
dell’uva, del vino e della grappa”, di Fausto Sartori e per il capitolo più tecnico (ma divulgativo) di Odello, per alcune decine di ricette, che abbinano grappa e cucina. Ricette italiane e internazionali.
Per le prime, si va dai paccheri con riduzione di grappa e fave di cacao, alla mousse di grappa e fragoline, passando per un risotto con cardi, topinambur, polvere di caffè e riduzione di grappa, pizza alla fiamma, agnello con crostini di pane, fra le più significative. Seguono ricette di 17 nazioni europee, dalla Sacher torte al borsch, dai piccioni alla niçoise al gazpacho. E, ancora, piatti asiatici, del Pacifico, delle Americhe, di Medio Oriente e Africa. In tutti, le grappe Bottega la fanno da protagoniste, negli abbinamenti, o da comprimarie, come ingredienti delle ricette: Alex Bianca, Grappa Uvaggio Barricato, Grappa Alexander Platinum e l’Alexander spray, utilizzata per vaporizzare il distillato su un piatto o un cocktail (di cui è presente una ridotta ma significativa pattuglia nella parte finale).
Tornando all’Anag e alla sua azione meritoria di diffusione della cultura delle acquaviti italiane, val la pena di segnalare almeno i prodotti di vertice premiati al 34° Concorso nazionale Premio Alambicco d’Oro di quest’anno, organizzato dalla stessa associazione, le cosiddette Medaglie Gold.
Tre le vincitrici nella categoria Invecchiate: Grappa Terre dei Goti, Stefano Mancinelli (Morro d’Alba-An);  7.0 Grappa di Ruche’, Mazzetti d’Altavilla (Altavilla Monferrato - Al); e Clessidra Grappa Stravecchia 10 anni, Distilleria F.lli Pisoni (Pergolese - Tn).
Aromatiche Invecchiate: Grappa invecchiata in botti di Madeira, Sibona (Piobesi d’Alba - Cn)
Premio  design "Il vestito
della grappa"
Giovani: Grappa Segnana “Estrema”, F.lli Lunelli (Trento); Grappa veneta Selezione oro, Zanin (Zugliano – Vi).
Giovani aromatiche: Grappa Moscato Fior d’arancio, Fratelli Brunello (Montegalda – Vi). Acquaviti d’uva aromatiche invecchiate: Uve bianche Gran Riserva Malvasia, Andrea Da Ponte (Corbanese di Tarzo – Tv). 
Premio design "Il vestito della grappa": Grappa XO, Distilleria Sibona. (Piobesi d'Alba - Cn).

Info. Anag: sedi in 11 regioni, corsi di primo e secondo livello: www.anag.it. Boeucc Antico Ristorante: piazza Belgioioso 2, Milano, www.boeucc.it. Distilleria Bottega: Villa Rosina, Vic. Bottega 2, Bibano di Godega di Sant'Urbano (Tv), www.bottegaspa.com.