martedì 14 maggio 2019

Sua Maestà il Barolo: ma è ancora un re? Tanti indizi dicono di sì. Dal successo dell'Asta alla kermesse di giugno "Io, Barolo" alla degustazione dei vini di Bolmida

I vini di Silvano Bolmida, produttore a Monforte d'Alba
Il re dei vini, il vino del re. Fu Giulia Colbert, moglie del marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo a far assaggiare al re Carlo Alberto di Savoia quel vino più strutturato rispetto a quelli che si bevevano all’epoca (prima metà dell’Ottocento). Sua maestà glielo aveva chiesto, dopo aver avuto notizia che
Giulia Colbert Falletti
quel rosso  tradizionalmente dolce e un po’ frizzantino era stato trasformato in un vino da “invecchiamento”, secco e corposo. Piacque così tanto al sovrano, che i Falletti di Barolo gliene inviarono 325 botti, una per ogni giorno dell’anno (esclusi i 40 della Quaresima). Il resto è (quasi) storia contemporanea: dall’avvio di una produzione consistente ad opera di Camillo Benso conte di Cavour al passaggio della cantina della marchesa Falletti (alla sua morte) alla famiglia Abbona e alla nascita e sviluppo di nuove produzioni nei decenni successivi, fino al conferimento della Doc nel 1966 e della Docg nel 1980. E poi, il Barolo contemporaneo, sovente fatto maturare non in grandi botti di rovere per lunghi anni, ma utilizzando le più piccole barrique o pièce (rispettivamente da 225 e 500 litri), per un minore numero di anni. Oggi, il disciplinare della Docg parla di una maturazione minima di tre anni, di cui 18 mesi in botti di rovere, di 5 anni per la Riserva e una gradazione alcolica di almeno 13°. Ma il Barolo si affina molto bene anche nelle bottiglie di vetro, se conservate in maniera adeguata e alla giusta temperatura. 
Ancora qualche dato. I vigneti coltivati a uva nebbiolo per Barolo coprono 2200 ettari di una decina di paesi del Cuneese, da Castiglione Falletto a Barolo, da Serralunga d’Alba a Monforte, da La Morra a Novello, da Verduno a Roddi, per una produzione annua che si aggira sui 13/14 milioni di bottiglie.
È notizia fresca quella del successo dell’ultima Asta del Barolo benefica (nata 21 anni fa per volere del produttore Gianni Gagliardo), tenuta il 12 maggio al Castello di Barolo. Sono stati battuti 51 lotti per un totale di 120 bottiglie per lo più di vecchie annate e produttori di fama, come la Riserva Monfortino del 1990, del 1961 e del 1988. O le annate 1964 e 1967 di Bartolo Mascarello. Il lotto speciale Deditus n. 23, tutto composto da etichette del 1999 di vari produttori (fra i quali Chiarlo, Cordero di Montezemolo Gagliardo, Poderi Einaudi, Prunotto), è stato acquistato per 2000 €. I compratori? Estimatori giapponesi collegati dall’Enoteca bar Implicito di Tokyo, che si sono aggiudicati altri 25 lotti, compreso quello del produttore Franco Fiorina (la cui azienda non esiste più) formato da 3 bottiglie degli anni Settanta, aggiudicato per 500 €. Come mai questo successo del Barolo piemontese anche nel paese del Sol Levante? Secondo Shigeru Hayashi, presidente di Soloitalia: “Barolo è sinonimo di longevità. Da noi è apprezzato in virtù della serietà e competenza dei suoi produttori”. Gianni Gagliardo, promotore dell’Asta benefica e, certo, di parte, non ha paura di esporsi: “Per me, il Barolo è il miglior vino del mondo”.
Dal recentissimo passato all’immediato futuro.
Fra meno di tre settimane, sabato 1° giugno, si avrà un’altra verifica dello stato dell’arte, ovvero della qualità attuale di questo vino. A Io, Barolo 2019, nel centro storico di Roddi (a pochi km di Alba), con la degustazione itinerante organizzata dalla Strada del Barolo e grandi vini di Langa: dalle 17 alle 22.30 i produttori incontrano gli enoappassionati in una sorta di degustazione diffusa lungo le strade e le piazzette del concentrico medievale di Roddi. Si assaggeranno cru e annate differenti, fra cui la 2015, ultima in commercio e già valutata da molti nella categoria “eccellente”. A contorno, masterclass e laboratori, food & wine experience in cui si sperimenteranno gli abbinamenti più interessanti fra vini piemontesi e cibi. Dalle 15 alle 20 sarà anche possibile visitare lo splendido Castello di Roddi (XIV sec., voluto dai Falletti di Barolo) accompagnati da una guida (info e prezzi: www.castellodiroddi.it).
Le cantine presenti a Io, Barolo 2019 non saranno poche: 31. Giusto per citarne qualcuna, si va da ArnaldoRivera a Damilano, Gigi Rosso, Marchesi di Barolo, Fratelli Monchiero, Rocche Costamagna, Silvano Bolmida (info e acquisto biglietti sul sito: www.stradadelbarolo.it/8549/io-barolo-2019).
Da sinistra: Mauro Bertolli e Silvano
Bolmida alla Milano Tasting Room
E proprio Silvano Bolmida ha dato l’occasione di assaggiare i suoi Barolo (Bussia Vigna dei Fantini 2015 e Bussia Riserva 2012) a Milano, pochi giorni fa, nella nuova location Milano Tasting Room, uno spazio dedicato ai winelovers, abbinati a buoni piatti. Bussia (si pronuncia: bussìa) è un cru famoso da almeno un secolo che si trova nel comune di Monforte d’Alba, località che per tradizione dà luogo ai Barolo più ricchi di colore (di solito un rosso piuttosto scarico). È un territorio piuttosto vasto la Bussia, che “scende” da Monforte verso Castiglione Falletto e comprende due ampi sottocru chiamati Sottana e Soprana. Si racconta (ma non è un fatto storico accertato) che qui sia nato il primo Barolo creato da un misterioso colonnello (napoleonico?), da cui poi prese il nome una certa Vigna del Colonnello.
L’azienda agricola di Silvano Bolmida si trova nella parte sud-ovest della Bussia, a metà strada tra Monforte e Castiglione. Bolmida, dopo aver lavorato da giovane per 12 anni come enologo presso altri produttori, nel 2000 ha aperto la sua azienda vitivinicola, sulle orme del nonno e del padre Paolo, già viticoltori e conferitori di uve. Oggi conduce 7,4 ettari di vigneto, di cui 4 di proprietà e gli altri in affitto da suoi parenti, con piante che non di rado sfiorano i 60 anni di età. Con lui la moglie Paola. E da poco e sempre di più in futuro, i figli ventenni Alessandra e Francesco. Produce 35-40mila bottiglie per anno: 2 Barolo, un Nebbiolo Langhe, una Barbera d’Alba e, da qualche anno, anche un Langhe Sauvignon, unico bianco.
Pancake con asparagi e prosciutto
croccante per il Sauvignon
Silvano Bolmida è un personaggio ironico e colto nelle occasioni mondane quanto meticoloso e quasi pedante nel suo lavoro, preso dalle sue convinzioni da cui non deflette. Non fa agricoltura biologica, cui poco crede, ma in realtà ne applica alcuni principi; non diserba, anzi semina erbe apposite a far sì che si produca nel terreno un gas che elimina insetti e funghi nocivi; posa le bucce esauste sul terreno; ha disposto vicino ai filari alberi di frutta varie per ottenere fioriture diverse che, attraverso la piccola fauna, suscitino fermentazioni protettive nella terra. Un tappeto di erba medica e trifoglio – sostiene - dona all’uva e quindi al futuro vino un ventaglio di aromi maggiore di oltre il 100% dei normali. Al posto dello zolfo usa prodotti a base di alghe, erba medica, olii essenziali d’arancio….insomma non si finirebbe mai di ascoltarlo, per la passione che lo anima, unita alla competenza tecnica che indubbiamente dimostra. Ma incombano…vini e piatti. Sì perché alla Milano Tasting Room, un ambiente con gli stretti e lunghi tavoli tipici per le degustazioni, amano fare così: si assaggiano i vini alla presenza del produttore che ne parla e risponde alle domande più varie ma poi li si riprova, grazie alla valente chef Chiara Guenzi… sul cibo.
In concreto, nella serata del Barolo alla MTR, Bolmida è stato intervistato dall’esperto del vino Mauro Bertolli, che organizza questi incontri dal titolo Chiacchierando con il produttore (il prossimo si terrà giovedì 6 giugno alle 20,45, con gli interessantissimi vini siciliani di Palmento Costanzo; se ne è scritto qui (https://ilmoncalvini.blogspot.com/search/label/Palmento%20Costanzo%20Etna%20Rosso %20Contrada%20Santo%20Spirito) il 22/1/2019 nel post intitolato Con l’Ovum e con la lava si fanno i grandi vini. Palmento Costanzo, una storia emblematica sui versanti dell’Etna).
Primo vino presentato, il Langhe Sauvignon Doc 2017, prodotto solo da pochi anni e unico bianco in produzione. Già sorprende il racconto della parte agricola: si tratta di un innesto su ceppi di dolcetto che hanno così dato luogo a una vite profonda, produttiva in poco tempo. Il vino appare piuttosto strutturato di suo (non fa legno), titola 13 gradi alcolici e ha sapore pieno, con profumi vari in continua evoluzione nel bicchiere, fruttato con qualche sentore vegetale, ma piacevole. Persistente e generoso. Abbinamento gratificante con un Pancake salato, asparagi e prosciutto crudo croccante. (Prezzo: sui 13 € la bottiglia)
Brasato al Nebbiolo
con Barolo Bussia
È stata poi la volta del Barbera d’Alba Superiore Doc Conca del Grillo 2016 abbinato a un Maki (rotolini ripieni) di lonzino affumicato e misticanza. Subito un giudizio sul vino: molto buono, di facile beva, eppure dotato, per chi li voglia cogliere, di sentori complessi. Morbido, elegante, dalle note di sottobosco. Una meraviglia. Il vino ha sostato per un anno in barrique rigenerate, che il produttore acquista ovviamente usate, fa raschiare accuratamente ed utilizza per due anni, prima di rivenderle a sua volta. (Prezzo: circa 14 € la bottiglia).
Terzo vino, il Nebbiolo delle Langhe Doc Frales (dedicato ai figli Francesca e Alessandro, da cui l’acronimo) 2017, abbinato al Pacchero al ragù scomposto. Nasce come uvaggio di nebbiolo e barbera per poi trasformarsi negli anni in un Nebbiolo puro. Curiosamente è prodotto macerando una parte delle uve con l’anidride carbonica, poi mixate nello stesso tino con del mosto normale. Viene usato un antiossidante particolare per ridurre significativamente la solforosa. 4 mesi di legno e 4 di acciaio. Vino fresco, sapido, dai profumo ancora di mosto e di petali di rosa, ma anche di frutta rossa, con un fondo di piacevole mineralità. Perfetto l’abbinamento con i due paccheri ripieni  di ragù di maiale su un letto di salsa di pomodoro e lo sfizio di una foglia di basilico viola. (Prezzo:13/15 € la bottiglia).
E vai, infine, col Barolo. Anzi, coi “baroli”.
Barolo Docg Bussia Vigna dei Fantini 2015. Ricavato da uve nebbiolo di un vigneto di 22 anni, a 450 m s.l.m. Matura 14 mesi in barrique e altri 14 in botti di legno da 30 hl. Ricco, fine, complesso, con note
 di frutta fresca, timo, persino incenso, poi tabacco. Morbido, pieno e sapido, dolci i tannini. (Prezzo: 32-40 € la bottiglia).
Barolo Docg Bussia Riserva 2012. Vigneto di 57 anni d’età. Frutto di una lunghissima fermentazione (dal 15 ottobre 2012 al 10 febbraio 2013) e di 28 mesi sulle fecce fini senza travasi, poi della maturazione in botti di rovere da 800 lt di Slavonia (al terzo anno) e infine di un affinamento di altri due anni in bottiglia. Strutturato, elegante. Sentori balsamici, rosa e poi via via timo, tabacco e un po’ di cuoio.  Pieno, lungo, piacevolmente tannico. In una parola: sontuoso. (Prezzo: sui 50-60 € la bottiglia).
La cartina del Barolo: si produce in 11 comuni
della provincia di Cuneo
Due vini perfetti per il Brasato al Nebbiolo con polenta (macinata a pietra). Poca azzeccata invece l’idea di abbinare la Riserva con un dessert di nocciole, pur buono. 
Magnum in fundo, in mancanza di un vino dolce; anzi doppio magnum (3 litri) per un brindisi finale di gran classe con il Barolo Bussia del 2015.
Info. Azienda agricola Silvano Bolmida, loc. Bussia 30, Monforte d’Alba (Cuneo), tel. 0173.78392, cell. 348.5923636, www.silvanobolmida.it o anche: .com).
Milano Tasting Room, via Randaccio 8, Milano, tel. 02.47706746, cell. 348.2937804, www.milanotastingroom.com.

sabato 11 maggio 2019

L'Oltrepò al Giro d'Italia: per farsi riconoscere e per ripartire sulle strade del vino di gran qualità

L'auto "Armonie d'Oltrepò", che porterà il nome e il logo dei vini dell'Oltrepò pavese in Italia con la Carovana del Giro
Travagliato Oltrepò. Da “cantina” dei milanesi, che si rifornivano di damigiane per tutto l’anno, e fornitore di uve da spumante per grandi case vinicole fuori zona, a protagonista di una rinascita della qualità, trainata in tempi più recenti da piccoli produttori di vaglia e da cantine sociali come Torrevilla. In mezzo, varie crisi, come quella di La Versa (ora in recupero, dopo il suo acquisto congiunto da parte di Terre d’Oltrepò e Cavit) e del Consorzio.
Il logo Armonie
d'Oltrepò per il
Pinot nero metodo
classico Docg
Riparte ora il Consorzio vini dell’Oltrepò pavese dopo aver cambiato presidente e direttore (non senza strascichi polemici e giudiziari tuttora in corso), irrobustendosi con nuove entità e produttori quali il Club del Buttafuoco storico, Cantine Giorgi e altri. E non si racchiude in sé stesso a leccarsi le ferite, ma lancia un’offensiva mediatico-pubblicitaria con la partecipazione al 102° Giro d’Italia, come sempre organizzato dalla Gazzetta dello Sport, che parte proprio oggi da Bologna per concludere la prima tappa a Fucecchio, patria di Indro Montanelli. 
Non ci saranno percorsi in zona oltrepadana ed è un peccato, perché certi saliscendi panoramici sembrano fatti apposta per esaltare la bellezza del territorio e le sue potenzialità. Tuttavia i vini dell’Oltrepò si faranno conoscere lungo le 21 tappe sotto l’etichetta di sponsor ufficiali della Carovana del Giro. Armonie d’Oltrepò è il claim studiato per incuriosire il popolo del Giro e anche il nome della bottiglia di spumante Pinot nero metodo classico Docg 36 mesi, che verrà offerto durante le varie manifestazioni. Per esempio, assieme ad altre etichette targate Oltrepò (quali Barbera, Bonarda, Buttafuoco, Riesling), sarà protagonista di una degustazione a La Capalbiola di Capalbio (a 20’ da Orbetello), località di arrivo e partenza della terza e quarta tappa), alle ore 13, con la partecipazione di Silvia Parietti e di Gino Cervi (giornalista, autore della nuova guida Oltrepò pavese – L’Appennino di Lombardiaedita dal Touring Club, 9,90 €). Titolo della kermesse culinaria: “Quando la Toscana incontra  l’Oltrepò. In Giro!”. E infatti, dopo la degustazione tecnica, “ristoro” con pane, olio e ribollita.  
Anche il 27 maggio, giorno successivo (di riposo) alla 15a, la tappa più lunga, Ivrea-Como (237 km), con salite impegnative, ci sarà al Museo del ciclismo del Ghisallo una degustazione guidata di sei vini dell’Oltrepò. Ma in realtà ad ogni tappa la giornata è costellata di iniziative di contorno alla gara, che poco si vedono in televisione, ma che sono molto partecipate lungo tutte le località toccate dalla kermesse ciclistica e in particolare in quelle d’arrivo.  È qui che la Carovana si scatena con giochi, balli, iniziative certo sponsorizzate o anche sfacciatamente pubblicitarie, ma che coinvolgono la gente in un turbinio spensierato di divertimento e partecipazione. 
La Carovana del Giro, insomma, è un gigantesco messaggio e “luogo” di intrattenimento, promozione e vetrina, una festa itinerante che coinvolge i cittadini, anche come potenziali consumatori, certo. Vi saranno, è stato calcolato, 110 soste in comuni di mezza Italia (oltre alle kermesse all’arrivo e partenza
Vigne d'Oltrepò
di ogni tappa); 1,5 milioni di gadget distribuiti, 200mila km di esposizione del brand Consorzio Oltrepò, 10milioni di persone “contatti live” (nel 2018); e non parliamo dei contatti on line…
Lo strumento principale di marketing è l’auto “Armonie d’Oltrepò”, una Nissan Navara con le fiancate che riproducono i paesaggi collinari e vitati della zona, il claim, le classiche flûte spumeggianti di bollicine che s’intrecciano, la cartina stilizzata della zona e i vari marchietti del Consorzio, del Buttafuoco Storico, dell’Ersaf, della Regione Lombardia. Insomma, Oltrepò alla conquista d’Italia. O perlomeno di una maggior notorietà nel tentativo di farsi riconoscere anche in  tutt’altri territori, magari con una loro tradizione vinicola, come una proposta alternativa, con le sue colline, i suoi sapori (salame di Varzi su tutti), i suoi ristoranti e i suoi vini: Buttafuoco e Barbera, Pinot nero e Bonarda, OP Metodo classico e Riesling, Malvasia e Moscato
Cin cin Oltrepò e auguri, lungo la strada, mai in discesa, della qualità.