mercoledì 27 marzo 2019

Dalle bollicine alle lune, Ferrari e le Tenute Lunelli. Come uno spumantista famoso riesce a produrre anche grandi vini rossi. Dal Trentino all'Umbria

Degustazione dei vini delle Tenute Lunelli al congresso di Identità Golose. Da sx a dx in senso circolare: Chardonnay Villa Margon, Teuto e Auritea Tenuta Podernovo, Lampante Montefalco Rosso  e Carapace Sagrantino (2010 e 2015).

Salgono verso l’alto, fini e imperiose, poi sbocciano in superficie le bollicine dello spumante classico: quando il vino è ben fatto è sempre, un piccolo spettacolo da godere con gli occhi. 
È diverso per i vini fermi. Bisogna conquistarsi gli estimatori con altre atout, non c’è il fine perlage a predisporre l’animo favorevolmente. Con i rossi entrano in ballo varie componenti fra cui, forse la principale, il tannino. Si avverte, non si avverte, è ruvido, liscio, dolce, amaro, seduto, promettente?
La famiglia Lunelli, dal 1952 produttrice dello spumante Ferrari, negli anni Ottanta si accorse che le bollicine, per quanto nobili, nobilitanti e…redditizie, le andavano un po’ strette, come si dice di un abito d’antan. Non bastava rinnovarsi, inventare nuovi prodotti, affinare all’estremo quelli più “antichi”. No, occorreva lanciarsi anche nel resto del mondo del vino, quello fermo, di qualità: bianco, ma soprattutto rosso.
Alessandro Lunelli e l'enologo Luca d'Attoma
Ed ecco nascere a poco a poco le Tenute Lunelli, caratterizzate dal logo della luna colta nelle sue tre fasi principali: montante, piena e calante. Chiaro il gioco semantico, ma al di sotto, magari inconsciamente, fa capolino il sottile gioco della malinconia che spesso suscita in noi la vista dell’astro lucente. Perché la complessità (quando c’è) di un vino rosso sovente suscita sentimenti più complessi della gioia che danno le bollicine, anche le più seriose. C’è il momento analitico (che non è mai solo tecncio), magari una perplessità iniziale che si dirada dopo qualche minuto di riposo del vino nel bicchiere, poi la soddisfazione quieta, se tutto va bene. Anche esaltazione, certo: ma in questo caso è più la componente alcolica a manifestarsi, che non l’intelligenza del sentimento.
E per ora sono tre le “lune”, cioè le tenute dei Lunelli: Margon in Trentino, Podernovo in Toscana e Castelbuono in Umbria.
Una bella occasione per assaggiare e confrontare alcuni vini delle tenute si è avuta all’ultimo congresso di Identità Golose, che si è tenuto a Milano fra il 23 e il 25 marzo.
A ragionare su sei vini in degustazione, Alessandro Lunelli, quarantenne figlio di Mauro, enologo della Ferrari/Lunelli fino a non molti anni fa. Lui, il figlio, nell’organigramma di una famiglia di fratelli e cugini, padri e zii votati al vino, è responsabile appunto delle tenute vinicole. Al suo fianco, il winemaker Luca D’Attoma, consulente di tante cantine note.

S’inizia con la Tenuta Margon, che prende il nome dalla Villa cinquecentesca di Ravina, a pochi km da Trento, intorno alla quale, a un’altitudine compresa fra i 350 e i 600 metri, si estendono le vigne di Chardonnay e Pinot nero, un terroir caratterizzato da forti escursioni termiche, garanzie di aromi e profumi. Qui nascono due bianchi e un rosso: Villa Margon, Pietragrande (Chardonnay con un 20% di Sauvignon)  e il Pinot nero Maso Montalto.
Villa Margon Chardonnay Trentino Doc 2016 Primo banco di prova degli enologi della Ferrari sui vini fermi, da ormai vent’anni è una sicurezza: se si vuole trovare un bianco di struttura e armonia, qui
si va sul sicuro. Le viti crescono su terreni in grossolana (sabbia e scheletro); la vendemmia 2016 è stata favorita da un inverno mite, seguito da un periodo più variabile e una piena estate stabile di bel tempo. La maturazione del vino è avvenuta parte in acciaio e parte in botti di legno di diverse dimensioni per quasi un anno, l’affinamento in bottiglia per ulteriori 10 mesi.
È una dimostrazione di ciò che intende Alessandro Lunelli quando insiste sul suo “mantra”: ricerca dell’armonia ad ogni costo nei vini; nessuna nota squillante, un insieme eufonico, pur variegato. Colore giallo piuttosto intenso. Profumo fragrante, con note prevalenti di pompelmo, un po’ di mela. In bocca, elegante e fruttato, citrino e ancora qualche richiamo al pompelmo. Prezzo: 14 €.

Tenuta Podernovo
Dalle Alpi al cuore della Toscana, il borgo di Terricciola nelle Colline Pisane. La tenuta è su un poggio vitato a 30 km dalla costa e a una cinquantina da Bolgheri. La cantina è stata realizzata nei primi anni 2000 senza alterare la morfologia locale; accanto a essa un complesso mirabile di edifici rustici del 18° secolo, restaurati e trasformati in appartamenti per le vacanze. I terreni su cui insistono le vigne di sole uve rosse sono sabbiosi e ricchi di depositi fossili (gusci di ostriche). Dal 2012 tutti i vini sono riconosciuti biologici. Si è puntato fin dall’inizio sul vitigno Sangiovese, integrato da Cabernet e Merlot, ma poi…si è finiti nel Cabernet in purezza. E non nel Cabernet Sauvignon, ma nel Franc! Così l’Aliotto è un uvaggio di Sangiovese con Cabernet, Merlot e altre uve locali, che fa un anno di barrique. Seguono Il Teuto e l’Auritea.
Teuto Costa Toscana Igt 2015  Annata reputata eccellente il ’15, con inverno poco piovoso, mesi estivi caldi di giorno e freschi di notte. Vendemmia a ottobre di buonissima qualità. Il Teuto è composto da un 65% di Sangiovese, 30% di Merlot e 5% di Cabernet Franc (“una spruzzatina di tannini”). Uve selezionate seguendo un programma di agricoltura di precisione. La maturazione dei vini avviene in modo diverso: il Sangiovese sta in tonneaux (500 litri) e botti grandi per 18 mesi, Merlot e Cabernet in barrique. Affinamento di sei mesi in bottiglia. Colore rosso rubino, aromi di ribes, gelsi neri, poi di ciliegia. In bocca, succoso, elegantemente tannico, fine, anche leggermente speziato. Prezzo: 16 €.
Auritea Costa Toscana Igt Cabernet Franc 2015  Da sole uve Cabernet Franc del vigneto Olmo, che si trova sul lato orientale della collina di Podernovo. I terreni di medio impasto sono limoso-argillosi, ricchi di conchiglie fossili. Il vino matura 18 mesi in barrique e almeno un anno in bottiglia. Un rosso intenso nella cui fattura è entrato a piene mani l’enologo D’Attoma, che ha individuato terreno e microclima più che adatti per lo sviluppo di un Franc di cui si potessero smussare con profitto la tannicità grazie all’uso sapiente del legno. E in effetti, l’Auritea risulta di un rubino profondo già allo sguardo; al naso, intenso con sentori che spaziano tra il ribes nero e il cacao, inframmezzati dal rosmarino e seguiti da un accenno balsamico. In bocca, con qualche sorpresa, tannini sì, ma morbidi; la struttura è elegante, la sapidità ben viva. Poche migliaia di bottiglie. Prezzo: 55 €.

Tenuta Castelbuono. Dal ventilato e marino retroterra toscano al cosiddetto polmone verde d’Italia, l’Umbria. Verde sì, ma, appunto, senza mare, con un clima spesso continentale. Siamo a pochi km da Bevagna, cittadina che ha conservato quasi intatto il suo aspetto medievale, rimanendo al di fuori dello sviluppo industriale della regione. Questa specie di solitudine ne ha fatto un simbolo concreto di civitasa misura d’uomo. Basta dare uno sguardo alla piazza Silvestri, irregolare eppure maestosa, quasi sublime, per capire come l’armonia possa anche nascere da un caos apparente di stili, tempi e storie che si mescolano. In questo contesto, in un terroir caratterizzato da belle vigne su colline dall’andamento dolce, i Lunelli avevano il problema di costruire una cantina per i loro vini, che non risultasse un freddo manufatto fuori contesto. Volevano che fosse anche un’opera d’arte. Si rivolsero così al famoso artista Arnaldo Pomodoro, che ne concepì l’esterno come una cupola, a forma e sembianze del carapace delle tartarughe e che venne chiamata proprio Il Carapace. Costruita in rame e quasi mimetizzata tra il verde delle colline, è incisa da crepe che ricordano i solchi della terra. Secondo il celebre critico d’arte e artista Gillo Dorfles: “un tempio rotondo al dio Bacco”.  Qui si producono quattro vini rossi, il Montefalco Ziggurat (il nome richiama la scala elicoidale interna alla cantina, in ricordo delle torri templari a gradini della Mesopotamia), il Montefalco Riserva Lampante, il Sagrantino Carapace e il Sagrantino passito, tutti, dall'annata 2014, biologici.
Lampante Montefalco rosso Riserva Doc 2015 Da terreni limo-argillosi, che resistono bene alle frequenti siccità estive, come quella che ha  caratterizzato il luglio 2015. Tuttavia la sanità delle uve è rimasta quasi perfetta, con una qualità ritenuta ottima. Le uve che compongono la cuvée sono per il 70% Sangiovese, 15% Sagrantino e per il resto Cabernet e Merlot, selezionate nei vigneti Le Fonti e Saraceno e raccolte a mano fra settembre e ottobre. Per la fermentazione si è fatta una premacerazione a freddo (a 12°) per 20 ore, per proseguire la fermentazione con temperatura massima di 28°. Poi i vini sono stati immessi nel legno di tonneau e botti grandi per 18 mesi. Affinamento successivo in bottiglia per un anno almeno. Il colore rosso rubino tende ormai al granato; al naso, ciliegia sotto spirito e violetta, spezie e mineralità. In bocca, serico ed elegante, equilibrato, persistente. Prezzo: 17,50 €.

Carapace Montefalco Sagrantino Docg 2010 2015  L’uva più tannica d’Italia (con l’Aglianico), in purezza. Da cui un grande vino come il Sagrantino di Montefalco, che non a caso un tempo si gustava soprattutto nella versione passita, perché quella secca era quasi imbevibile. Ma poi, negli anni ’90 del secolo scorso, c’è stata la rivoluzione di Caprai e da allora i produttori capaci sono cresciuti in accortezza e abilità sia nel lavoro in campagna sia in cantina. Oggi il Sagrantino è un piccolo grande vino vanto dell’enologia italiana. Piccolo in dimensioni (neanche 2 milioni di bottiglie), ma grande in qualità. Alla Tenuta Castelbuono non potevano che intitolarlo al Carapace, la cantina-scultura ideata da Pomodoro. Raccolta manuale delle uve in ottobre da vigneti di proprietà a Bevagna e Montefalco (terreni limo-argillosi, resistenti alla siccità estiva), con selezione delle migliori viti secondo il Progetto Patriarchi, in collaborazione con l’Istituto di S. Michele all’Adige. Solo botti grandi per la maturazione del Sagrantino, che dura due anni. Poi ancora almeno un anno in bottiglia. L’annata 2010 è stata caratterizzata da una primavera piovosa, estate caldo senza pioggia e quindi maturazione lenta delle uve. Lunga vendemmia, di 45 giorni, che ha permesso una maturazione fenolica completa. Annata calda anche il 2015, soprattutto in luglio. Ma l’inverno era stato piuttosto piovoso e comunque durante lo sviluppo vegetativo c’erano state piogge regolari e non intense. Risultato: uve sane al momento della vendemmia e qualità finale ritenuta ottima.
In effetti i due vini sono relativamente simili: nel colore il 2010 presenta già un’unghia aranciate sul rosso rubino intenso, ovviamente assente nel 2015. Al naso, la mora e il mirtillo del 2015 si volgono nella più paciosa confettura degli stessi frutti nel 2010 e precedono sentori simili di rosa e di ciliegia in acquavite. Al palato il 2010 ha tannini morbidi, una bella potenza, lunghezza e persistenza; finale soave su note di erbe officinali.
Il 2015, a parte il colore che è di un bel rubino luminoso, al naso fa avvertire le stesse sensazioni, ma meno accentuate. È già abbastanza morbido e di gran carattere, elegante, ma con qualche tannino che attende di levigarsi col tempo. Prezzi: 2010, sui 26 €; 2015, sui 23 €.
L'interno del Carapace, la Cantina della Tenuta Castelbuono
Info. Tenute Lunelli, www.tenutelunelli.it. 

martedì 19 marzo 2019

Dalla Torre di Codevilla il panorama vinicolo è quasi magico: vini buoni, a volte eccellenti, a prezzi umani. Li fa Torrevilla, cooperativa leader in Oltrepò pavese


La Torre vinaria di Torrevilla, a Codevilla, vista dall'interno: 5 piani di vasche in cemento per stoccare il vino.
La torre del destino. Emblema di forza, certo, di solidità; ma anche di lealtà, di chi sa guardare  lontano, intravedere il futuro. Nomen omen, dicevano i Latini, nel nome c’è un presagio, forse un destino.
Nel 1970 la Cantina di Torrazza Coste (nata nel 1907) e la cantina di Codevilla, due cooperative dell’Oltrepò pavese occidentale, decidono di fondersi per dar vita a un polo vinicolo di rilievo. Nel 1987 le due entità assumono un’unica denominazione, quella di Torrevilla. La storia delle due cantine si fonde contemporaneamente con quella di un’altra torre, vera e propria, non metaforica: la Torre vinaria di Codevilla. È un’imponente costruzione di cinque piani in cemento armato (più un piano interrato), alta 25 metri fino alla cupola. Costruita tra il 1961 e il 1964 dall’enologo Emilio Sernagiotto di Casteggio e costata all’epoca 141 milioni di lire, era poi passata alla cooperativa vinicola. Si tratta di 5 piani di vasche di cemento, disposte in circolo l’una accanto all’altra, 16 per ogni piano. Il piano interrato e i primi due piani hanno una capacità ciascuno di 300 ettolitri, gli ultimi due, di 230 (la costruzione si rastrema verso l’alto). 
Vigne dell’Oltrepò pavese
Al di sopra, ancora un piano, senza vasche, completamente aperto sui lati, una sorta di terrazzo coperto cui si accede dopo 101 scalini, per essere premiati con una vista largamente panoramica. Da est a sud, le colline che vanno da Torrazza Coste a Retorbido, coperte dai vigneti dei soci della cantina. Al centro, la collina di Mondondone, sormontato da una chiesa del Quattrocento, un antico borgo (fondato nel 996), che fino al 1796 è stato capoluogo del feudo omonimo, cui appartenevano la stessa Torrazza Coste e Codevilla. Si tratta di un territorio particolarmente vocato per la produzione di uve Barbera, Cortese e Moscato. A sud si scorge Retorbido e la sagoma di un palazzo nobiliare settecentesco, turrito, in stile neoclassico, che sembra inglobi i resti di un ben più antico castello. A ovest, Voghera e, in lontananza, il Monte Rosa, mentre a nord-ovest si apre la Pianura Padana, in mezzo alla quale si staglia la sagoma del Duomo di Pavia.
La torre, che inizialmente e per un lungo periodo è stata utilizzata per vinificare uve rosse (soprattutto Barbera), sfruttando la forza di gravità per far scendere i vini di diversa maturazione dalla cima alla base, oggi viene usata solo per lo stoccaggio. La direzione della cooperativa sta meditando su come valorizzare al meglio il grande edificio. Luogo di degustazione? In parte lo è già, sulla terrazza basta portare qualche buona bottiglia di vino, due fette di salame (e dio sa se non ne fanno di buoni in Oltrepò, dal famoso Varzi a quello di Montemarzino – da gustare magari al ristorante Da Giuseppe, che lo produce in proprio), più la magia del panorama e l’effetto è garantito. Certo, se si volesse fare qualcosa di più, bisognerebbe attrezzare la struttura con un ascensore, una copertura di finestre, un riscaldamento per l’inverno, una cucina valida. Solo per il vino, non ci sono problemi.  
Il salame di Montemarzino
La cantina Torrevilla produce infatti circa 2,5 milioni di bottiglie ogni anno, utilizzando 600 ettari di superficie vitata e coltivata da 200 soci. Non è solo il territorio di Torrazza Coste e Codevilla ad essere coinvolto, ma anche altri comuni limitrofi, come Retorbido, Montebello della Battaglia, Borgo Priolo, Montesegale, Rocca Susella, Godiasco Salice Terme e Mornico Losana. Il numero elevato di bottiglie potrebbe far dubitare della qualità della produzione. Ma ci si sbaglierebbe. 
Infatti, per migliorare il livello, già buono, di un territorio che si estende in altitudine fra 100 e 500 metri, si è proceduto qualche anno fa a un lungo studio di classificazione dei vigneti, coordinato dal professor Leonardo Valenti dell’università di Milano, enologo consulente di Torrevilla, con la collaborazione di altri studiosi universitari e di Gabriele Picchi (direttore della cantina). L’indagine ha riguardato l’agronomia e l’enologia, la climatologia e la pedologia, nonché l’analisi chimica dei terreni e delle varie vigne in rapporto ai terreni, alla loro disposizione e così via. 
Lo studio ha permesso di individuare in maniera scientifica i terroir più adatti (“ottima vocazionalità”) per certi tipi di uve e non per altre, divise per classi varietali, dalle precoci (Pinot grigio, Pinot nero da vinificare in bianco, Chardonnay e altre per basi-spumante) alle medio-precoci (Pinot nero per vino rosso, Moscato, Riesling), dalle medie (Cortese e Uva rara), alle medio-tardive (Barbera) e alle tardive (Croatina e Cabernet Sauvignon). 
Individuati i luoghi migliori per ogni vitigno, i vertici aziendali, gli agronomi e gli enologi sono così in grado di effettuare i mix più convenienti per ogni vino, di destinare le uve verso il vino più giusto, di stimolare il reimpianto mirato di nuove vigne ove ce ne siano di poco interessanti.
La ricerca, che pure prosegue, ha già avuto un risvolto pratico, con la “costruzione” di un manuale per i viticoltori, in modo da influenzarne le scelte agronomiche nel vigneto ed averne una tracciatura completa.
Il professor Leonardo Valenti
Una riprova dei risultati di questi studi si ha partecipando ai vari tasting che periodicamente i tecnici di Torrevilla conducono in azienda, per esempio sui vini-base destinati, dopo la seconda fermentazione in bottiglia, a diventare spumanti metodo classico della Docg Oltrepò pavese.
Così, un assaggio comparato di sei vini-base Pinot nero della vendemmia 2018, effettuato nella prima settimana di marzo, avendo sottocchio i parametri dei diversi campioni (provenienti da vasche e quindi da vigne diverse), come l’alcool, lo zucchero in grammi/litro, l’acidità totale, il ph, l’acido malico presente, ha dato risultati molto interessanti. 
Nonostante siano passati pochi mesi dalla vendemmia già si può capire come indirizzare le basi di Pinot nero: due campioni sono risultati adatti per una sosta sui lieviti tra i 18 e 24 mesi, ma non superiore; altri due, ottimi per fare uno spumante rosato e gli ultimi due (di acidità più elevata) perfetti per una maturazione prolungata, anche di 60 mesi. Naturalmente, queste analisi sono basilari ma non sufficienti. Bisognerà in seguito decidere come comporre la cuvée, se si utilizza anche Chardonnay e seguire attentamente l’evoluzione. 
I risultati di tante attenzioni e cure quasi maniacali, si riversano alla fine nelle bottiglie. A Torrevilla ci sono tre linee, quella base, più economica, si chiama Torrevilla tout court. Comprende perlopiù i vari vini frizzanti, bianchi e rossi, tipici delll’Oltrepò, più due spumanti metodo Charmat, un Moscato e un Pinot. La linea Torrevilla Premium, dedicata agli “appassionati” è invece composta da soli quattro vini, ma di vaglia: un Pinot nero brut Classico Docg e tre Dop, la Bonarda Morasca frizzante (come da tradizione), il Cortese Garlà, fresco, piacevole ma anche intenso nei suoi tipici sentori di albicocca e pesca; e il Pinot nero Turchè, fermo, che fa sei mesi in vasche di cemento e altri sei in botti di rovere prima di essere imbottigliato. Vino fruttato con sentori erbacei che sfociano in uno speziato di vaniglia e, con l’invecchiamento, anche di cuoio, supportato da tannini dolci. Perfetto con carne alla griglia e in umido. 
La linea di Torrevilla La Genisia è un top di gamma che comprende quattro spumanti classici e tre
Cruasé Rosé
Charmat, come bollicine. E 15 vini tranquilli. Impossibile enumerarli tutti. Eccone alcuni, degustati, fra i migliori. I prezzi indicati sono quelli dei due punti-vendita al pubblico della cantina (Vedere Info in fondo).

La Genisia Cruasé Rosé Oltrepò pavese Docg Senza annata. Sboccatura 2018. Il marchio Cruasé appartiene al Consorzio di tutela dei vini dell’Oltrepò, fusione tra le parole cru (intesa come “selezione”) e rosé  e designa uno spumante classico rosato, da uve pinot nero per almeno l’85%. Questo Cruasé brut è invece un 100% Pinot nero, vinificato con pressatura soffice delle uve per ottenere un colore leggero. La maturazione in bottiglia dura almeno 24 mesi. Il colore rosa è tenue ma al tempo stesso brillante, il profumo delicato, il sapore intenso, armonico e di un certo corpo, di buona struttura e intensità. Da bere a tutto pasto, anche con carni bianche. Prezzo: 12 €.
Pinot nero Nature
Riserva 110

La Genisia Riserva 110 Pinot nero Nature Oltrepò pavese Docg 2013 È una riserva creata (come etichetta) in occasione dei 110 anni di nascita dell’azienda. Lo spumante si affina sui lieviti per almeno tre anni; al momento della sboccatura viene ricolmato con lo stesso vino, senza liqueur zuccherina. È perciò secco, fresco ma dotato di una sua morbidezza intrinseca; al naso si avvertono sentori di pompelmo, arancia, frutta secca, petis fours. Indicato per piatti di pesce salsati, fiori di zucca fritti, salmerino alla griglia. Prezzo: 17 €.
Riesling

La Genisia Riesling superiore Oltrepò pavese Dop 2017 Un mix di Riesling renano e Riesling italico, vinificato parzialmente con macerazione a freddo prima della fermentazione in acciaio. Sei mesi di affinamento sulle fecce nobili in vasche termocondizionate e poi imbottigliato.
Un vino interessante, piuttosto buono, ma che forse potrebbe esprimersi meglio se vinificato con Riesling Renano al 100% e lasciato a maturare più a lungo sui lieviti. Colore giallo paglierino, profumo delicatamente fruttato, sapore secco, diretto, anche persistente, piacevole. Consigliato su antipasti di salumi, primi e secondi di pesce. Prezzo: 6,10 €.
Bonarda Bio

La Genisia Bonarda BIO Oltrepò pavese Dop 2017 Vino fermo, da uve Croatina allevate con metodo biologico. Il mosto fermenta con le sue vinacce per 7-10 giorni e completa poi la fermentazione in acciaio a temperatura controllata. Quindi il vino viene centrifugato e conservato a bassa temperatura per preservarne i profumi. Dopo l’affinamento nelle vasche termocondizionate, viene imbottigliato.  Il colore è un bel rosso rubino con sfumature granata; il profumo è intenso, si avverte la violetta, l’amarena, poi frutta più matura, dall’albicocca alla prugna. In bocca fresco, ma di un certo corpo, intenso e moderatamente tannico. Vino principe per gli insaccati, in primis il salame di Varzi, si abbina molto bene alla coppa di maiale al forno e agli stracotti di carne. Anche formaggi stagionati. Prezzo: 6,40 €.
Pinot nero Noir
Riserva 110

La Genisia Riserva 110 Pinot nero Noir Oltrepò pavese Dop 2016 Dopo la vendemmia manuale in cassette, la pigiatura e lo svinamento, il vino matura nelle piccole botti di rovere da 228 litri (barrique) per almeno un anno. Il colore rubino presenta ancora alcuni riflessi violacei, mentre i profumi lasciano percepire i sentori di piccoli frutti rossi e le note speziate. In bocca si avvertono tannini dolci, morbidezza, eleganza, una chiusura appena “tostata”. Per piatti di carne in umido o alla griglia, formaggi maturi, lonza di maiale, filetto di cervo al vino rosso. Prezzo: 17 €.

INFO. Torrevilla, via Emilia 4, Torrazza Coste (Pavia), tel. 0383.77003. Qui ha sede anche la Bottega del vino di Torrazza Coste, medesimo tel. Orari: 8.30-12.30, 14.30-18.30 (dom. chiuso). Sempre in questa sede c’è anche il Museo del vino Traversa-Torrevilla con reperti e attrezzature d’epoca.
Bottega del vino di Codevilla (Pv), via Villa 2 (di fianco alla Torre), tel. 0383.373001. Orari: mar.-ven. 8.30-12.30, 15-19; sab. 8.30-12.30; dom. 9-13, 15.15-18. www.torrevilla.it.
Osteria del campanile
Dove mangiare e gustare i vini dell’Oltrepò. A Torrazza Coste, Osteria del campanile, via Cadelazzi 3, tel. 0383.77393, www.osteriadelcampanile.it. Alcuni piatti: tartare di fassona, malfatti con ragù di anitra, ravioli ripieni di Varzese, rollata di faraona e verza stufata. Prezzo medio: 30 €.
A Montemarzino, Da Giuseppe, via IV novembre 7, tel. 0131.878135, www.ristorantedagiuseppe.it. Alcuni piatti: salame di propria produzione, agnolotti con sugo di stufato, brasato alla Croatina, funghi in mille modi. Prezzo: menu degustazione (vini compresi) 50 €.