sabato 30 settembre 2023

Mezzo millennio di storia vitivinicola al Pozzetto. Protagonisti il Botticino, il vino che nasce tra i marmi delle cave e la cantina Noventa: piccoli numeri, grandi bottiglie

 

L'uva del vino Botticino fra le "sue" cave di marmo

“In questi giorni stiamo raccogliendo le uve Schiava Gentile e Marzemino destinate al rosato L'Aura. A inizio ottobre sarà la volta delle uve per i tre rossi, in anticipo di una settimana rispetto al consueto”. Alessandra Noventa, nella sua omonima azienda vitivinicola di Botticino, in provincia di Brescia, si occupa tanto del settore commerciale Italia quanto dei lavori in vigna e in cantina. Nell’impresa, rigorosamente familiare, lavorano anche il padre Pierangelo, che l’ha fondata nel 1970 e ancora si occupa della conduzione del vigneto, la figlia secondogenita Rossella (Commerciale estero e accoglienza) e Cristian Campana, marito di Alessandra, studi agronomici (come la moglie) ed esperto di cantina, con un pregresso di 17 anni nella nota azienda franciacortina Cavalleri.

“La stagione in campo è stata complessa”, puntualizza Alessandra Noventa, “ma con due vantaggi: la grandine qui non è arrivata (negli ultimi anni è stata sempre di casa, purtroppo) e il territorio quest'anno ha fatto davvero la differenza: avere vigneti in alta collina ha permesso di beneficiare dell'assenza di ristagni di umidità, che tanti problemi hanno creato a molti produttori.” 

“Si raccoglieranno quindi uve sane”, concorda Cristian Campana, “un’ottima premessa per una grande annata”.

Panorama sulle vigne dalla proprietà Il Pozzetto
Chissà se anche 450 anni fa e cioè nel 1573, la vendemmia in località Pozzetto di Botticino, anzi di Botesin de Matina, come si chiamava allora (diverso dal sottostante Botesin de Sera, con cui si unì in comune unico – assieme a San Gallo - solo nel 1928) fu buona come si preannuncia quest’anno. Sì, perché già allora si vendemmiava sulle stesse terre che oggi danno origine a un Botticino Doc di gran pregio. 
Come lo si sa? Una recente ricerca (ma durata otto anni) dello studioso Claudio Casali ha portato al ritrovamento di una polizza d’estimo del Comune di Botesin de Matina (che affittava i terreni agricoli e boschivi agli abitanti) da cui risulta che allora in contrada Agazol (poi Pozzetto) vi erano un fienile e una stalla con appezzamenti di terra in parte boschiva, in parte arata o vitata, di 3 piò e 77 tavole, da cui si ricavavano ogni anno 2 some di frumento (120 kg) e 8 zerle di vino (400 litri).

I Noventa attuali (ri)fondarono l’azienda nel 1970, acquistando però il terreno principale, Il Pozzetto, solo pochi anni fa. Ma è interessante sapere che già nel 1641 quelle vigne erano state proprietà per un periodo imprecisato di tempo di una famiglia Noventa, antenati dagli attuali viticoltori. Il Pozzetto odierno, con la sua collina denominata Gobbio, si può considerare il cru storico della zona del Botticino. Il suo terreno è quello più ricco di calcare del territorio, come pure le sue vigne di Barbera e Sangiovese, Marzemino e Schiava Gentile sono fra le più antiche, avendo circa 50 anni (alcune anche 80 anni) d’età. 

Ed è proprio da questi vigneti che i Noventa, con la collaborazione di un enologo del calibro del fiorentino Carlo Ferrini, che si è innamorato del piccolo territorio botticinese e del progetto, sono riusciti a ricavare un vino rosso di gran valore come appunto il Gobbio. 

Un passo indietro. Botticino è stata una delle prime Doc lombarde e italiane (1968), segno che c’era storicità dei vigneti, materia prima interessante (appunto le uve citate prima), risultati buoni. Il contributo di Ferrini si è basato anche sulla sua approfondita conoscenza del vitigno d’origine toscana, il sangiovese, procedendo quindi a una pulizia aromatica e alleggerimento dei vini. Al punto che il Gobbio 2018 ha meritato il riconoscimento dei Tre Bicchieri da parte della guida Il Gambero Rosso.

IGobbio 2019, l’ultima annata attualmente in commercio, come le precedenti deriva da uve di viti a pergola, che crescono sul terreno calcareo e limoso, vecchie anche di 80 anni, alcune delle quali a piede franco (cioè con radici non innestate su piante americane, resistenti alla fillossera). Tutte coltivate in regime di agricoltura biologica, certificato dal 2014. Prevalgono Barbera e Sangiovese, sul poco Marzemino e Schiava. Vino di gran corpo e struttura, si sviluppa e si affina in tini d’acciaio, botti di legno grandi e piccole (barrique, tonneau) per un paio d’anni, si affina poi nel cemento per 5 mesi e ancora in bottiglia da 6 a 12 mesi.

Si presenta con una veste rosso porpora, profumi balsamici e fruttati, dalle more di rovo al tamarindo, al mirtillo nero. Sapido ma fine, elegante, con tannini levigati e richiami ai sentori olfattivi fruttati. Gran bel vino con finale persistente e promesse di longevità protratta. 

Eccellente con Guancia di manzo al Sangiovese o al Barbera, uno dei piatti-principe a cui abbinarlo assieme ad altri stracotti, Lepre in salmì al Botticino, e col saporito ed elegante formaggio a pasta dura Maniva d’alpeggio, di Zanini-Trevalli (www.formaggitrevalli.it ).

Un secondo passo indietro. Botticino è nota, anche mondialmente, per le sue cave di marmo, utilizzato fra l’altro per l’Altare della patria a Roma e il Grand Central Terminal di New York. Questo marmo, non solo viene estratto per uso abitativo, ma si trova sparso su tutte le colline e i terreni vitati di Botticino, sotto forma carbonato di calcio, originato da sedimenti di gusci di molluschi mineralizzati e microorganismi, nonché di particelle inorganiche, portati da correnti e livellate dalle maree in epoca giurassica. Le radici delle viti raggiungono facilmente questa miscela di minerali trasferendola alle uve e riuscendo poi a caratterizzare i vini che ne derivano. 

Ma perché questi vigneti sono così adatti all’agricoltura biologica, che escludendo i prodotti di sintesi, rischierebbe maggiormente rispetto agli attacchi parassitari? Il fatto è che la Valverde – la piccola valle della zona di Botticino - essendo protetta a nord-est e nord-ovest dalle Prealpi bresciane, gode di un microclima mediterraneo caratterizzato fra l’altro da brezze che asciugano i ristagni idrici sui grappoli. Nel caso poi del vigneto Gobbio (nomen omen: è situato su un pendio che disegna una gobba), l’acqua piovana non ristagna e si disperde verso il basso in tutte le direzioni. 

Altri tre vini compongono la piccola produzione di Noventa (circa 30mila bottiglie l’anno). Uno è l’intenso e fruttato rosato L’Aura, di cui si è scritto nel recente con articolo “Colori e sapori del vino rosa...” uscito su queste pagine il 5 agosto 2023 ( ilmoncalvini.blogspot.com/2023/08/i-colori-e-i-sapori-del-vino-rosa-dal.html ).


                                                                                    

I tre cru di Botticino Noventa: Colle degli Ulivi,
Pià de la Tesa e Gobbio

Gli altri, sono due Botticino-cru. Derivano cioè da vitigni di età inferiore al Gobbio del Pozzetto, pur sempre dalle uve classiche della zona, ma con sfumature differenti gli uni dagli altri. Eccoli.

 Pià de la Tesa 2019. Il vigneto sorge accanto alle cave di marmo, sul confine del comune di Nuvolera. Suolo quindi argilloso, marnoso e gessoso per le quattro uve tradizionali della Doc, allevate a pergola: 70% diviso equamente fra Barbera e Sangiovese, 20% di Marzemino e 10% di Schiava. 

Il colore è rosso rubino con sfumature purpuree; profumi di mora di rovo, poi tamarindo e gratificanti accenni speziati. In bocca: sapido, con tannini levigati, ma briosi, finale mediamente lungo. Si abbina bene con le Mereconde al formaggio Bagòss (piatto tipico di Bagolino, in val Sabbia), Trippa in brodo di verdure, Costolette d’agnello, Spiedo bresciano.

 

Colle degli Ulivi 2019. Si trova lungo il sinclinale orientale del monte Maddalena, in frazione Botticino Sera, su una stratificazione geologica più recente delle altre (pur sempre 150 milioni di anni fa), formata da selci policrome, marne calcaree e calcari marnosi silicei rossastri.

Le quattro uve (sempre con prevalenze di Barbera e Sangiovese) vengono vendemmiate a mano, poi il mosto viene vinificato in botti di cemento e una prima maturazione ha luogo sia nel cemento che in botti di legno grandi per circa 20 mesi. Segue l’affinamento nel vetro per almeno 4 mesi.

Il colore è rosso rubino; profumi di fiori e sottobosco con accenni di liquirizia. In bocca è fresco, sapido, quasi goloso, il tannino risulta morbido ed equilibrato. Matrimonio d’amore con i tipici Casoncelli alla bresciana, ripieni di pane secco, Grana padano e conditi con burro e salvia e formaggio grattugiato. E anche con Spezzatino e polenta, piatti di salumi, Arrosto di vitello al latte.

 

INFO. I vini rossi. Botticino Doc Gobbio 2019, 5mila bottiglie, 32 € la bottiglia (in enoteca). 

Botticino Doc Pià de la Tesa 2019, 8mila bottiglie, 24 € la bottiglia (in enoteca). 

Botticino Doc Colle degli Ulivi 2019, 10mila bottiglie, 14 € la bottiglia (in enoteca).

Az. Agr. Noventa, via Merano 26, Botticino Mattina (Brescia) tel. 030.2691500  www.noventabotticino.it . L’azienda è visitabile, previste degustazioni dei vini e organizzazione di eventi aziendali e familiari. Esempi: visita alle cantine, con degustazioni accompagnate da selezione di formaggi e salumi locali: 15 € a persona; con visita ai vigneti in collina, 20 € a persona.