mercoledì 15 dicembre 2021

L'Alta Langa Buttafuoco a Montalcino. Ovvero come festeggiare Natale e Capodanno con vini fuoriclasse. Dagli spumanti ai rossi importanti




Una cascata di bollicine dall'Alta Langa

Nell’anno in cui Umberto I diviene re d’Italia, il 1878, Enrico Serafino - piemontese di Romano Canavese - si trasferisce a Canale, nel Roero, dove inizia a produrre Barbaresco, Barolo e spumanti metodo classico. Costruisce le cantine sotterranee e crea una Cuvée Regina e un Moscato Champagne, con il metodo champenois, mutuato dai francesi, che in Italia oggi chiamiamo metodo classico. Da allora la casa vinicola che porta sempre il nome di Serafino, ha continuato a produrre bollicine fino a quando – e il salto è di oltre un secolo – nel 1990 nasce il progetto Spumante Piemonte, voluto da alcune case storiche della regione con l’intento di individuare i migliori cru in cui mettere a dimora barbatelle di Chardonnay e Pinot nero. Gianni Malerba, agronomo della Enrico Serafino, fra il 1991 e il 1994 viene chiamato a impiantare i primi vigneti sperimentali su 40 ettari di terreno. 

Vigna La Soprana di Serafino: 11,7 ha di Pinot nero e Chardonnay

Metodo classico o charmat? Si opta esclusivamente per il primo e alcune case vinicole, preoccupate per la difficoltà (vitigni nuovi mai sperimentati prima sul territorio) decidono di abbandonare il progetto. La Enrico Serafino invece ci crede sino in fondo, così i primi 20 ettari vanno in produzione e la casa vinicola è presente dalla prima vendemmia  per quello che sarà il futuro spumante Alta Langa, un nome evocativo che nel 2002 ottiene il riconoscimento della Doc e nel 2008 quello della Docg. Da allora questa Docg vanta regole più rigorose di ogni altro spumante al mondo. Prendendo in considerazione le varie zone produttrici a denominazione d’origine quali Champagne e Cava fra quelle estere, Oltrepò pavese, Trento, Franciacorta e anche i vari Metodo classico italiani, si nota che Alta Langa è il solo ad avere l’obbligo della menzione dell’annata di vendemmia; per quel che riguarda i brut e i rosé, contempla il numero minimo più elevato di mesi per la fermentazione in bottiglia (30, mentre per il millesimato è seconda solo allo Champagne, 30 contro 36). I vigneti attualmente sono disposti su 148 comuni, ma su una superficie complessiva di appena 350 ettari (per esempio, il Barbaresco include solo 3 comuni, ma con 750 ettari di vigneto). Vi sono insomma tutti i presupposti perché un Alta Langa sia davvero uno spumante di ottima qualità. Poi, certo, sempre decisiva la mano del produttore. E poiché in azienda ci tengono alla qualità massima possibile, per quanto riguarda gli spumanti si è deciso fin dall’inizio di produrre solo Alta Langa e solo con assemblaggio di diverse parcelle, per esprimere la complessità del territorio. Si tratta di 41 vigneti distribuiti su 16 comuni per 56 parcelle vinificate separatamente con vendemmie che si estendono su 29 giorni. Tutto questo si è tradotto in un impressionante volume di vini di riserva (necessari per ottenere le migliori cuvée) e in un assortimento che contempla una varietà di Alta Langa notevole: Blanc de noirs, Blanc de blancs, Rosé de saignée, Extra brut, Pas dosé e affinamenti sulle fecce fini fino addirittura a 140 mesi (pari a 11 anni e 8 mesi): come il Pas dosé Zero 140 Pianeta Marte 2008, sboccato nel 2021: sui 120 € la bottiglia). 

Sono sette gli spumanti Alta Langa attualmente prodotti dalla Enrico Serafino. Qui ne prendiamo in considerazione due in particolare, ambedue a base di Pinot nero in purezza.

Zero Riserva 2015

È il primo pas dosé prodotto della Docg. Pas dosé (o dosage zero) significa  che dopo la sboccatura (o dégorgement, serve ad espellere i lieviti esausti) il rabbocco viene effettuato non con una liqueur che contiene distillati e/o zucchero ma solo con lo stesso vino secco). Primo spumante della Docg per il quale è stata effettuata la sboccatura tardiva (oltre i 5 anni). Pinot nero 100% da vigneti dei comuni di Mango, Loazzolo e Bubbio (450-550 m. s.l.m.), coltivati secondo i metodi dell’agricoltura sostenibile, certificati dall’ente ministeriale ViVa. 

Colore paglierino luminoso, perlage fitto e persistente; profumi complessi di fiori, poi frutta matura, agrumi e nel finale miele e crosta di pane. In bocca, elegante e sfaccettato, secco, sapido, agrumato, qualche
interessante sentore “gessoso”, misto a macchia mediterranea. 

Abbinamenti: aspic di gamberi, orata al cartoccio, scampi al forno e granella di nocciole, pesce spada in salmoriglio.

Prezzo: 30-38 € la bottiglia.

 

Oudeis Rosé de saignée 2017. 100% Pinot nero anche per queste bollicine, le cui uve provengono da appezzamenti di cinque comuni. Una complessità iniziale nella creazione del vino che viene sottolineata dal nome: Oudeis, dal greco Odysseus (nessuno), a significare che nessuno può vantare la paternità del vino, solo il terroir, cioè i vari terreni con le loro sfumature di composizione e di esposizione al sole, combinati sapientemente assieme. 

Dopo la vendemmia i grappoli vengono selezionati manualmente e raffreddati; quindi il mosto riposa per poche ore (fino a 4) in ambiente reso inerte dall’azoto. Al termine della breve macerazione per l’estrazione del colore rosato, ha luogo una pressatura soffice. Saignée in francese significa salasso. Per ottenere un vino rosato, secondo questo metodo, si preleva dal mosto durante la macerazione con le bucce una quantità (fra il 10 e il 30% normalmente) di liquido, che poi fermenterà senza più contatto con le bucce, mantenendo quindi la tinta rosa desiderata. L’Oudeis fermenta in acciaio a temperatura controllata e viene conservato sei mesi sulle fecce fini con periodici rimescolamenti. Presa di spuma secondo il metodo tradizionale in bottiglia e affinamento sui lieviti per circa tre anni. La liqueur aggiunta dopo la sboccatura comprende vini di riserva e zucchero (7 g/l, il range per gli spumanti brut, cioè secchi, spazia da 6 a 12 g). 
Bollicine fini, fontanella lunga e persistente. Colore rosato che ricorda la buccia di cipolla. Ampi profumi di fiori di campo, fragola e anche crosta di pane. In bocca sapido ma gentile, fruttato, con corrispondenza dei sentori tra naso e palato e un finale impreziosito da tocchi minerali.

Abbinamenti: lasagne al ragù, salmone alla griglia con erbette, salmerino alla griglia, piatto di salumi. 

Prezzo: sui 24 € la bottiglia.

Info. Azienda vitivinicola Enrico Serafino, corso Asti 5, Canale (Cuneo), tel. 0173.970474, www.enricoserafino.it

 

 

25 anni di Buttafuoco Storico in una bottiglia limited edition


Storico due volte, il Buttafuoco voluto dal Consorzio Club del Buttafuoco Storico. La prima, perché il vino deriva da uve della zona di produzione più ristretta e qualificata per la produzione di questo pregevole rosso dell’Oltrepò pavese. E la seconda volta perché la bottiglia è un unicum assoluto. Creata per festeggiare i 25 anni della nascita del Club, che riunisce oggi 16 produttori, è figlia della vendemmia 2016, un’ottima annata, ed è stata prodotta in sole 750 bottiglie. I 16 vignaioli associati hanno sviluppato con le migliori uve delle loro vigne i rispettivi Buttafuoco, poi prelevati dalle loro barrique e tonneau in cui hanno maturato per 24 mesi. Quindi i vini, frutto dell’uvaggio di un 50% di Croatina, 25% di Barbera, 15% di Uva rara e 10% di Ughetta di Canneto, sono stati assemblati, stabilizzati e sono rimasti ad affinarsi in bottiglia per altri due anni. Sono in vendita da febbraio 2021 per tutti gli appassionati che non temano di spendere una tantum per questa limeted edition 100 € tondi. Un bel, anzi un buon, regalo di Natale!


Vigne del Buttafuoco Storico

Il Club del Buttafuoco Storico è nato nel 1996 con l’intento di approfondire lo studio delle caratteristiche secolari, selezionare le vigne migliori, condividere le pratiche enologiche più azzeccate, oltre che promuovere collettivamente il vino. Ma perché “storico”? Perché è quello che nasce dalla zona primigenia, “classico” si potrebbe dire per altri vini. Non a caso il marchio adottato è composto da un ovale che rappresenta la botte tipica dell’Oltrepò con la scritta Buttafuoco e dal quale si dipartono due nastri rossi che rappresentano i torrenti Versa e Scuropasso, che delimitano la zona storica a est e a ovest. All’interno la sagoma di un veliero dalle vele infuocate a memento che nella seconda metà dell’Ottocento la marina austroungarica varò una nave chiamata Buttafuoco; forse nel ricordo leggendario di una battaglia perduta da marinai imperiali, impiegati come truppe di terra contro i franco-piemontesi, più dediti al locale vino Buttafuoco che alla pugna.

Più prosaiche le regole del Club-Consorzio, presupposti per l’alta qualità del vino. Le vigne per prima cosa devono essere storiche, cioè aver prodotto nel tempo vini di qualità; i quattro vitigni che compongono la cuvée, Croatina e Barbera seguiti da Uva rara e Ughetta di Canneto, devono essere allevati nella stessa vigna e raccolti insieme durante la vendemmia; la vinificazione deve avvenire in un unico vaso vinario. La maturazione minima è di tre anni con affinamento in botti di rovere per almeno un anno e in bottiglia per almeno 6 mesi. La classificazione delle annate viene decisa da un’apposita commissione e viene espressa con l’emblema dei “fuochi”, da tre a sei.

Venti25Cinque anni di Buttafuoco Storico, Collection Anniversary, annata 2016, prodotto a cura del Club-Consorzio del Buttafuoco Storico.

Colore rosso rubino tendente al granato; sentori di frutta rossa, ciliegia sotto spirito, prugna e spezie (chiodi di garofano, pepe) con un sottofondo balsamico; in bocca, pieno, corposo, equilibrato ed avvolgente, con sottili sfumature speziate. Un vino di gran classe.

Abbinamenti: tagliatelle al ragù d’oca, coniglio spadellato con verdure stagionali, filetto di manzo alla brace, brasato di cinghiale alle prugne.

Prezzo: 100 € la bottiglia (reperibile anche all’enoteca del consorzio).

Info. Consorzio Club del Buttafuoco Storico ed enoteca, fraz. Vigalone 106, Canneto Pavese (Pavia), tel. 0385.60154 www.buttafuocostorico.com (con l’elenco completo e info sui produttori).



Da San Gimignano a Montalcino 


Tutto iniziò nel Medio Evo con la Vernaccia di San Gimignano (vitigno e vino bianco), nelle campagne del borgo dalle 72 torri. Quel piccolo podere, chiamato Torre Terza, dove Antonio di Sebastiano Baroncini diede il via alla produzione del vino (ve n'è traccia nel Liber Aetatum del 1489) esiste tuttora e dà vita alle uve con cui i pronipoti producono la Vernaccia. Ma Bruna Baroncini, oggi titolare col nipote Samuele del gruppo Tenute Toscane, si sentiva un po’ stretta nella Torre. Qual è il grande vitigno toscano? Il Sangiovese. E quell’uva e quel vino i Baroncini hanno voluto produrli in tutte le loro poliedriche sfaccettature toscane. 

Detto e in meno di trent’anni fatto. Nel 1995 viene acquisito a Montepulciano (patria del Vino Nobile) Il Faggeto. Nel 1997, in Maremma, la Fattoria Querciarossa (Morellino di Scansano) e, sempre nello stesso anno, la Tenuta Poggio Il Castellare (Brunello di Montalcino), seguita nel 2003 dal Casuccio Tarletti nel Chianti Classico.

La sede di Poggio Il Castellare: cantina, agriturismo, ristorante

Poggio Il Castellare è forse il fiore all’occhiello delle Tenute. Ha la fortuna di insistere su un territorio del quadrante nord-est di Montalcino, a 350 metri circa d’altitudine, molto reputato anche perché più fresco di altri, una vera e propria atout in tempi  di mutamenti climatici. Si tratta di sette ettari di vigneto su 40 complessivi, compresi due ettari dedicati alla tartufaia, un bosco e prati seminati per la coltivazione di grani antichi. Al centro del terroir (per la maggior parte argilloso), in posizione dominante i vigneti, la cantina delle barrique, un agriturismo e il ristorante.

Qui si seguono con rigore i dettami dell’agricoltura biologica per ottenere vini sempre più vicini alla naturalità, evitando il più possibile i danni parassitari. In cantina, fermentazioni e affinamenti in acciaio o in barrique e tonneau di legno francese e botti da 15 a 25 hl. Se il Sangiovese, alias Brunello, è il protagonista, non sono certo disdegnati alcuni vitigni internazionali come Cabernet e Merlot. Molto interessanti i rossi Passo dei caprioli, Toscana Igt, blend di Sangiovese e Merlot, e Cervio, Sant’Antimo Doc, un Cabernet franc in purezza.

Tra i vini provati, però, da uno standard generale già elevato, emergono al vertice in due. Eccoli.


Castellare Rosso di Montalcino Doc 2019

Uve Sangiovese al 100%. Colore rosso rubino con riflessi granata; profumi di maggiorana e violetta, di mora e sottobosco (felce e castagne); in bocca, secco, sapido, armonico su note variegate di frutti rossi, pino e pepe.

Abbinamenti: prosciutto toscano, pici al sugo di cacciagione, pappardelle al ragù d'anatra, controfiletto di vitello.

Prezzo: sui 18 €.


 

Brunello di Montalcino Docg 2016

Uve Sangiovese al 100%. Colore rosso granata, al naso molto intenso, persistente, con note di frutti rossi, pepe e vaniglia; in bocca, secco, giustamente tannico, in evoluzione ma già armonioso, con note olfattive in corrispondenza con quelle nasali; buona persistenza aromatica. Ben presente a sé stesso, promette molto per l'immediato futuro.      

Abbinamenti: pappardelle al sugo di cinghiale, fagiano in casseruola, piccione al tartufo, agnello al forno.

Prezzo: 50 €.


Info. Poggio Il Castellare, strada privata Castel Verdelli, loc. Casella dell’Amastrone, Torrenieri-Montalcino (Siena), tel. 0577.832982, www.poggioilcastellare.com .

 

 

venerdì 3 dicembre 2021

15-18: l'evoluzione di un cru, il Gavi Pisé di La Raia. In competizione/simbiosi con i piatti di Tommaso Arrigoni. Niente di serioso, sono solo Innocenti Evasioni

 

In cantina a La Raia, azienda vitivinicola biodinamica ove si producono Gavi e Barbera


L’avevamo lasciato un paio d’anni fa di un bel colore paglierino dai riflessi verdognoli, un profumo intensamente floreale e fruttato; un sapore già ricco, di buona persistenza. Lo ritroviamo oggi, il Gavi Pisé 2015 di La Raia, con riflessi dorati, profumi di confettura, sapore pieno, variegato, un’esplosione di frutta matura, condita con qualche nota citrina, poi ancora miele d’acacia, biscotto, un accenno di mineralità.  Peccato che le 5 mila bottiglie prodotte allora siano pressoché esaurite. Ma, naturalmente e per fortuna, vi sono disponibili le due annate successive sempre prodotte in poche migliaia di bottiglie, essendo il Pisé il vino di punta di La Raia, frutto di vendemmie particolarmente buone; gli fanno da solido corollario il Gavi d’annata e la Riserva. 

Il Pisé 2017 è un buon vino, frutto di un’annata difficile, per produrre il quale si è dovuto rinunciare al 60% della produzione di uva, di giusta acidità e che promette un lungo sviluppo nel tempo ma che manca un poco dell’opulenza del 2015 e della già avvertibile grassezza e rotondità del 2018. 

E proprio sul Pisé 2018 si è concentrata l’attenzione di una degustazione/confronto alla tavola di Innocenti Evasioni, ristorante stellato di Milano, guidato dalla mano salda e creativa dello chef-patron Tommaso Arrigoni. Dopo una serie di piccole entrées appetitose, a tavola si sono gustati due piatti eccellenti, il Crudo di scampi e cavolfiore con maionese di foie gras, cachi e foglia di ostrica (foto a sxe i Ravioli di tonno, col suo suo fondo di cottura, broccolo e limone fermentato (foto sotto, a dx). Sapidi, di una complessità di sapori che ben si amalgamavano al palato senza perdere in identità,sono stati una degna prova per i tre Gavi de La Raia, in libera degustazione. (Piatto conclusivo, come dessert, il Foliage di castagne, mascarpone al rum, gelato di marroni e salsa di cachi: strepitoso ma adatto all’abbinamento con un dolce vino passito, non certo con un bianco secco).

La rivelazione della giornata, accanto a quella della felice maturazione del 2015, è stata l'epifania dell’annata 2018, di gusto assai gradevole, ricco, sapido, che mutava “continuamente” nel bicchiere, facendosi ogni dieci minuti più rotondo, senza perdere in nerbo e freschezza. Il produttore Piero Rossi Cairo e la giovane enologa Clara Milani sostengono che a bottiglia aperta il vino si conservi bene fino a 5 giorni e si evolva olfattivamente passando dalle più consuete noti florali e fruttate a quelle agrumate e minerali.

E, in effetti, c’è una novità in questo Pisé 2018 ed è costituita da un utilizzo attentissimo e “soffice” del legno durante la maturazione, per la prima volta dal 2005, prima annata di produzione del cru. Nasce infatti dal vigneto La Cascinetta, posto su un promontorio di circa 300 mt. slm., esposto a sud, sud-ovest e molto vocato alla coltivazione del Cortese, base del Gavi. Il suolo è costituito da terra rossa, sabbioso e sciolto, ben drenato, così la produzione per pianta è limitata e la qualità degli acini si eleva. Tutta l’azienda viticola  è in regime di agricoltura biodinamica (Vedere anche l’articolo, sempre su Il MoncalVini, del 2/2/2019 A La Raia il Gavi e la Barbera si sposano biodinamicamente sotto gli occhi del Santimpalo); il che significa tra l’altro utilizzo del sovescio tra i filari per un migliore equilibrio nutrizionale e trattamenti limitati a piccole dosi di rame e zolfo. I grappoli, selezionati e vendemmiati generalmente a fine settembre vengono poi pressati sofficemente e il loro mosto viene decantato staticamente a bassa temperatura. 

La fermentazione alcolica avviene in grandi botti di legno austriaco da 25 hl, nelle quali il vino poi rimane sui suoi lieviti (autoctoni, selezionati in cantina) per un anno. L’influenza del legno? “Un soffio”, la definisce

Arrigoni, Milani e Rossi Cairo

Rossi Cairo, che si concretizza in leggeri sentori vanigliati. Un altro anno il vino, travasato, lo trascorre in vasche d’acciaio, dove si affina a temperatura controllata per essere poi imbottigliato e quindi, dopo ulteriori sei mesi nel vetro, pronto per l’apprezzamento degli estimatori. Che può avvenire anche alle tavole della Locanda La Raia, elegante dimora di campagna con dieci camere e ristorante, la cui cucina propone piatti locali e ligure-piemontesi, con la giusta creatività suggerita dallo chef-consulente Tommaso Arrigoni.

 


Info. Società agricola La Raia, strada Monterotondo 79, Novi Ligure (Alessandria), tel. 0143.743685, www.la-raia.it Bottiglia Gavi Pisé 2018: sui 25 €. Locanda La Raia, loc. Lomellina, Gavi (Alessandria), tel. 0143.642860, www.locandalaraia.it (chiuso da metà gennaio a metà marzo e merc.). Prezzi: 40-70 € (ristorante); da 254 € (camera doppia b&b).