venerdì 31 ottobre 2014

Vita effervescente di Madame Clicquot che inventò pupitre e remuage, amò un cosacco e divenne famosa da vedova


L'operazione del remuage (rotazione) sui pupitre (cavalletti di legno con fori
per le bottiglie di Champagne in lavorazione)


Per gli appassionati dello Champagne e della sua storia, ha non pochi meriti. È stata la più famosa Signora dell’Ottocento (La Grande Dame), imprenditrice di successo, creatrice, perfino, di un pezzetto del cosiddetto metodo champenois. Nicole Barbe Ponsardin, divenuta a 27 anni vedova di Francois Clicquot, prese ben presto in mano le redini dell’azienda e con anni di lavoro e anche di sacrifici, la portò a un successo mondiale. Tanto da dare il suo nome (triste appellativo compreso), Veuve Clicquot Ponsardin, a quella che diventò una delle più famose e grandi maison della Champagne. 

Un libro affascinante, Vita effervescente di Madame Clicquot, della storica e archivista Fabienne Moreau (Editore Skira, 224 pagine, 17 €) ne ripercorre le vicende, narrandone la vita sulla base di documenti rinvenuti nell’archivio della Maison. Certo, l’autrice ci mette del suo, ricostruendo e romanzando un amore impossibile fra l’ancor giovane Veuve Barbe Nicole e l’ufficiale cosacco Fëdorche la salva e soprattutto salva le preziose bottiglie di Champagne 1811 dalle orde fameliche dei suoi commilitoni, con sorpresa finale quarant’anni dopo. Ma il libro, anche per questo, è scorrevole e divertente. Per esempio, innesta sullo sfondo, ben tratteggiato, degli avvenimenti storici di Francia e d’Europa di fine Settecento e della prima metà dell’Ottocento, anche una protratta conversazione epistolare tra la vedova e un misterioso cavaliere del Ducato di Curlandia, il cui sesso si rivelerà essere del tutto diverso da come si era presentato…
Al di là delle parti più romanzesche, ecco come viene raccontata l’invenzione dell’operazione di remuage, essenziale per illimpidire lo Champagne, che fino ad allora conservava una torbidezza dovuta alla presenza dei lieviti esausti.

“Durante quegli stessi anni (dal 1810, ndr) Barbe sviluppò considerevolmente la sua azienda. Non si
Nicole Barbe Ponsardin
Veuve Clicquot (1777-1866)
scostò dalla strategia iniziale: produrre vini di indiscussa qualità...Nel 1816 riuscì finalmente a mettere a punto un metodo che le permise di rendere lo Champagne più limpido. Il processo…alla fine era riuscito grazie all’utilizzo di una tavola da
remuage o rotazione. Le bottiglie venivano collocate in fori praticati su un ripiano di legno orizzontale e ogni giorno venivano ruotate e inclinate sempre di più allo scopo di far confluire nel collo i depositi. Un’operazione semplificata di dégorgement o sboccatura, consentiva di espellere i depositi contro i tappi ed eliminare così le impurità che rendevano meno piacevole la vista del vino nel bicchiere. Grazie a questa invenzione, non era più necessario trasferire lo Champagne in una caraffa da decantazione e le bottiglie potevano essere poste orgogliosamente in tavola”. Prosit.

mercoledì 29 ottobre 2014

Le Marchesine danzano nel Secolo Novo


Il vigneto Le Marchesine, che dà il nome all'azienda di Passirano, in Franciacorta

Non vende sogni ma solide realtà: lo slogan semplice semplice di un’immobiliare si attaglia bene anche a un’azienda come Le Marchesine.  Che però non vende case, ma spumanti con tutti (o quasi, come vedremo) i quarti di nobiltà, in uno dei territori più vocati d’Italia: la Franciacorta.
Per carità, non fatevi sentire a chiamare “spumante” i vini metodo classico o champenois (ahi, questa definizione è addirittura proibita per legge) sul territorio; e neanche “bollicine” va più bene, alla faccia di chi si arrabatta a cercare sinonimi per non ripetere sempre “Franciacorta, Franciacorta…”.  Ma alle Marchesine di Passirano (Brescia), quelli della famiglia Biatta non se la tirano tanto. Non hanno ville o castellozzi di fianco alla cantina, ma una casa ancora di foggia contadina. Niente prestigiose (ma costose) sculture in giardino (non c’è del tutto, c’è un normale cortile di campagna). 
La cantina si trova in parte sottoterra, sotto la sala da pranzo (e degustazione) del pianterreno e in parte in un capannone, dove riposano l’equivalente di 1,5 milioni di bottiglie in affinamento o di riserva, per una produzione annua di circa 500mila, tra Franciacorta, Curtefranca (i vini Doc della zona, fermi) e il metodo classico non Franciacorta Opera brut, che, per quanto abbastanza buono, sembra un po’ un infiltrato fra le due Doc e Docg.
Ritratto di famiglia (al centro in piedi Loris Biatta)
in cantina, con sfondo di gyropalette
Tutto è cominciato a metà degli anni Ottanta del secolo scorso, quando Giovanni Biatta acquistò tre ettari di vigneto. Oggi sono 47 e, dal 2000, a capo dell’azienda c’è un figlio di Giovanni, il vulcanico Loris, che viaggia per il mondo a piazzare partite su partite del suo Franciacorta, il 20% della produzione. Può sembrare poco, ma non lo è, se si pensa che la media dell’export del territorio si aggira intorno al 5%. Loris s’interessa di tutto in azienda, ma ha con sé validi collaboratori, a cominciare dall’enologo, che, tanto per non sbagliare, è andato a cercarsi in Francia, anzi in Champagne. Si chiama Jean-Pierre Valade, è consulente di aziende ben note come Ruinart e Selosse  ed è considerato uno dei più preparati per la produzione di bollicine “classiche”.
Anche in cantina, poca poesia, niente legno, ma solo acciaio e non c’è ombra per esempio dei pupitre tradizionali (quei cavalletti dotati di fori in cui si inseriscono i colli delle bottiglie, che poi vengono spostate a mano per finire nel giro di qualche mese in punta, in modo da far accumulare i lieviti esausti sul tappo corona), inventate ai primi dell’800 dai cantinieri della Veuve Clicquot. Per illimpidire in cantina lo spumante delle Marchesine (e per la verità ormai in gran parte delle aziende) non si fa più il remuage a mano per mesi con gli appositi incaricati che spostano le bottiglie di un quarto di giro e all’ingiù, ma si utilizzano le gyropalette, strumenti  meccanizzati che contengono centinaia di bottiglie e permettono di risparmiare tempo.
E tuttavia, i risultati sono ottimi, non di rado eccellenti. È il caso della trilogia del Secolo Novo: il Brut , il Brut Nature Giovanni Biatta (intitolato al fondatore) e il Dosage Zéro Riserva. Tutti e tre 100% uve chardonnay del bellissimo vigneto La Santissima, posto a 270 metri s.l.m., per una produzione di soli 40 q.li d’uva per ettaro. Il Brut 2008 ha sentori di lievito, crosta di pane, noccioline tostate, con sfumature minerali. Il Brut Nature Giovanni Biatta 2007 (con un residuo zuccherino naturale del 2%, senza aggiunta della liqueur dopo il dégorgement, ma dello stesso vino) ha sentori burrosi, ma anche di agrumi e di lievi spezie. Il Dosage Zéro Riserva 2007, secco senza indugi, ha note minerali accentuate, che s’intersecano con quelle di mela cotogna. Tre fuoriclasse, indubbiamente, ma non sono poi molto da meno gli altri Franciacorta, fra cui spiccano il Blanc de Noir (100% pinot nero), il morbido Satèn,  il sapido Rosé dai sentori di lampone.

Prezzi: si va dai 16/18 € di Brut ed Extra Brut, ai 20/22 € di Rosé e Satèn, ai 28/30 dei Blanc de blanc e Blanc de noir, ai 40 € (e più) dei Secolo Novo.
Indirizzo: Azienda agricola Le Marchesine, via Vallosa 31, Passirano (Brescia), tel. 030.657005, www.lemarchesine.com.