sabato 18 maggio 2013

La prova del voto: Alois e Michelino, 1 stella e 2 lustri da chef, al San Pietro e alla Posta Vecchia


Alois Vanlangenaeker
Michelino Gioia

Dieci anni alla guida dei fornelli di un Relais & Châteaux. Una stella sulla guida rossa Michelin. Un’eguale predisposizione a valorizzare la cucina del territorio e interpretarla creativamente. Alois Vanlangenaeker e Michelino Gioia esercitano la loro professione di chef nel Centro-sud. Il primo, fiammingo di 47 anni, al San Pietro di Positano (Salerno), con due ristoranti, il nuovo Zass (nuovo nel nome, dopo la ristrutturazione) e il più easy Carlino, direttamente sul mare. Il secondo, Michelino Gioia, di Benevento, 39 anni, al The Cesar de La Posta Vecchia di Ladispoli (Roma). Insomma, un belga, ormai naturalizzato campano, sulla Costiera e un campano verace, sul mare laziale, hanno compiuto un decennio alla guida delle loro cucine stellate. E lo hanno festeggiato, fors’anche all’insaputa l'uno dell’altro, proprio questa primavera. Si tratta per altro di locali “cari”, vanno messi in conto almeno 70 euro, più le bevande, e non è difficile spingersi ben oltre i 100 euro. Ma ne vale veramente la pena? Vediamo.
Zass del San Pietro di Positano. Difficile prescindere dal contesto. La costiera amalfitana, patrimonio Unesco dell’umanità per la sua bellezza, la sua storia, le sue ceramiche, il limoncello, anzi lo sfusato di Amalfi, le alici di Cetara. E Positano, uno dei suoi gioielli, con Amalfi, Praiano, Ravello, il fiordo di Furore, Vietri sul Mare. Non solo mare meraviglioso con i gioiellini delle isolette Li Galli in mostra, appartenute a Le Corbusier e poi a  Rudolf Nureyev, ma anche colline su cui passeggiare con brevi o prolungate, anche romantiche, gite nel verde. Come l’escursione di circa 3 ore che si può fare fra il bellissimo paesino di Nocelle (sopra Positano: vi si arriva anche con autobus di linea) e Agerola, comune sparso a 630 metri s.l.m., noto per la produzione del Provolone del monaco, salumi di vaglia, eccellenti taralli. E per le molteplici iniziative turistiche e culturali del Comune (www.comune.agerola.na.it). Due indirizzi da non perdere: a Nocelle il ristorantino Santa Croce (via Nocelle 19, tel. 089.811260), schietta cucina di terra e di mare, gran vista sul golfo. Ad Agerola, il ThanksMama Club (via Iovieno 1, Bomerano, cell. 340.2528900), all’interno dell’antico e recentemente restaurato Palazzo Acampora. Qui si punta sulle tradizioni locali: i salumi, la zucca marinata, il Provolone, pasta patate e pancetta, possibilmente la frittata di pasta, la carne arrostita. Sono divagazioni lecite dal tema principale, anche perché sono gli stessi gestori e proprietari del San Pietro (Vito Cinque e la sua famiglia), che indirizzano e magari accompagnano, in un’alternativa alla classica vita da spiaggia e mare.
Tramonto sulla terrazza del San Pietro
L’albergo è unico: per vista, luminosa eleganza, studiato comfort. Basti dire che la sua terrazza è stata definita dal New York Times “la più suggestiva del mondo”. Ha spiaggia e piattaforme private, sul mare e fra le rocce, con accanto l’allegro Carlino, ristorantino all’aperto (ma di gran qualità) a pochi metri dall’acqua; la piscina con gran vista sul borgo di Praiano, il mare e i Monti Lattari; una ampia hall di classe, camere con terrazzino a strapiombo, ceramiche dappertutto. Il ristorante-gourmand è stato appena ristrutturato, evidenziandone i tratti di parete calcarea. Ma per quanto accattivante con le grandi vetrate sul mare, nella bella stagione si finisce per pranzare all’aperto, in terrazza o sulla balconata. Ha un nuovo nome il ristorante, Zass, una transiletterazione napoletana del russo zar, appellativo con cui veniva indicato Salvatore Attanasio, nipote del fondatore Carlo Cinque e lui stesso direttore dell’albergo (nonché a suo tempo sindaco di Positano).
A tavola si coniugano grandi materie prime (comprese quelle provenienti dagli orti di proprietà e dal limoneto), con innovazioni tecnologiche come il nuovo forno per pizza, brevettato. Secondo la Michelin: “La cucina campana, una tra le più seducenti d'Italia, viene qui proposta creativamente con tutta la forza dei suoi colori e sapori. Il sogno diventa realtà grazie alla terrazza affacciata sul mare”.
Triglie, asparagi e vinaigrette mediterranea
Sorbetto di Campari e pere
Tanto per cominciare, l’apparentemente umile pizza, in questa contesto, e tecnologie a parte, offerta magari come preantipasto, è meravigliosa. Ma azzardiamo dei voti orientativi (in decimi) per capire meglio il valore di un’esperienza culinaria, magari limitata ma significativa e non perderci in aggettivazioni eccessive. Si comincia, per esempio, con un tortino di alici con salsa di acciughe e marmellata di pomodori: voto 7. Si continua con la zuppa di piselli con calamaretti e agnoli ripieni di cipolla di Tropea: 7,5. Attenzione, è un crescendo casuale, ma impressionante. Si passa agli splendidi ravioli con doppio ripieno di genovese di coniglio (tipica salsa della tradizione napoletana, ma di altre carni, a base di cipolle), fave e foglie di rucola: e siamo all’8. Arrivano le triglie in crosta di pane, fior di latte, asparagi e vinaigrette mediterranea, e si arriva sull’8,5 abbondante/quasi 9.
Dessert: uno stupendo Pere e Campari (9) e buone fragole con Mascarpone e lime (8). Fuori gara la piccola pasticceria: perfetta. Bellissima selezione di vini campani (anche del resto d’Italia e dall’estero, ma chi si vuole allontanare dai prodotti di questi posti, a questi livelli?). Chapeau.

La terrazza sul mare
Il ristorante gourmand The Cesar
The Cesar de La Posta Vecchia. È una villa antica, sul mare, costruita nel 1640 dal principe Odescalchi, sulla vestigia di due precedenti ville romane d’epoca imperiale. Restaurata nel Novecento da Jean Paul Getty, magnate del petrolio, il quale diede l’incarico di arredarla al grande critico d’arte Federico Zeri, con mobili, arazzi e dipinti del Settecento. Ha un magnifico giardino, un piccolo museo sotterraneo e a cielo aperto, piena com’è di vestigia romane, che vengono lentamente riportate alla luce.  Al suo fianco, separato da una spiaggetta, il Castello Palo degli Odescalchi che, come La Posta Vecchia, è stato costruito sui resti della città romana di Alsium, un luogo in cui nel tempo furono innalzate molte altre ville romane, come quelle di Pompeo, Cesare e Sallustio. A pochi chilometri, a Cerveteri, da non perdere la necropoli etrusca della Banditaccia, luogo protetto dall’Unesco.

Risotto con gamberi rossi e limone candito
In una dimora così antica, forse ci si aspetta già al primo sguardo camere sontuose. E lo sono. Diciannove (di cui 8 suite),  con quadri, arazzi, letti a baldacchino, alti soffitti, ampi spazi. E grandi, suggestivi ambienti comuni, una piccola ma graziosa piscina coperta quasi sul mare (peccato non ci sia una spiaggia attrezzata). Con queste premesse, forse il nome del ristorante non poteva essere molto diverso dall’attuale: The Cesar. Così ne parla la guida Michelin: “Romanticamente affacciato sul mare, la sontuosità della sala rivaleggia con una cucina sapida e sofisticata: piatti mediterranei rivisitati in chiave moderna e preparati in gran parte con i prodotti biologici dell'orto dell‘hotel”. Ed ecco l’esperienza sul campo, cioè a tavola. S’inizia con acciuga farcita di baccalà, lardo e dolce di pomodoro: voto 7,5. Gran balzo all’insù nel piacere gustativo grazie alle mazzancolle di Sicilia con foie gras, crema di fichi e semi di cacao, equilibrato, perfetto e gustoso: 9. Si passa quindi alle cappesante con galletta croccante di maiale, salsa di mele a patata affumicata: 8. Entrano in scena i primi piatti. Risotto con gamberi rossi, limone candito e timo: 8,5; e tortelli di fegato grasso, crema di porri e zucca: 8,5. Secondi piatti. Branzino con agretti, scorzonera e salsa d’arancia piccante: 8-; medaglione d’agnello in padella, caprino, uva e coste di bieta: 8
I dessert. Spuma di limoncello e crumble alla liquirizia: 7,5; e morbido di pistacchio, ribes nero e sorbetto dalla tequila: 7,5
Gioco di parole facile ma vero: lo chef Michelino dà Gioia ai palati più inappetenti.

Il San Pietro di Positano, via Laurito 2, Positano (Sa), tel. 089.875455, www.ilsanpietro.it. Aperto sino a fine ottobre. 59 camere (in 5 tipologie, da standard a premier special) tutte con terrazzo vista mare: 450-1600 € a notte, seconda stagione e tipologia (in genere almeno 3 notti di permanenza). Offerte e promozioni sul sito. Ristorante Zass. Orari: 13-14.30, 20-22.30 (mai chiuso). Prezzi: da 80 €. C/credito: tutte.
La Posta Vecchia, loc. Palo Laziale, Ladispoli (Roma), tel. 06.9949501, www.lapostavecchia.com. Aperto sino a fine ottobre. 19 camere di cui 8 suite: 320-1760 € a notte, secondo stagione e tipologia. Ristorante The Cesar. Orari: 12.30-14.30, 20-22.30 (mai chiuso). Prezzi: da 75 €. C/credito: tutte.

venerdì 10 maggio 2013

Hamburger: libidine da addentare



Alzi la mano chi non ha mai mangiato hamburger. Magari quelli un po’ collosi di una nota catena americana. Del resto le nostre mamme ci cucinavano la svizzera, carne trita già confezionata dal macellaio, oppure acquistata e tritata davanti agli occhi del cliente e poi messa in forma a casa. E quanto ci piaceva. Anche oggi l’hamburger, la cotoletta di carne pressata e macinata nata nell’800 ad Amburgo, poi importata dagli emigrati tedeschi negli Usa e qui diventata nota come hamburger steak, poi diffusa in tutto il mondo, non solo non conosce crisi, ma gode di una nuova giovinezza. 
Lo testimonia anche un articolo-inchiesta comparso sul numero di maggio di Dove, in edicola, intitolato Fast good. Al quale ho contribuito, soprattutto per la parte milanese (il pezzo spazia appunto fra Milano e Torino, Firenze e Roma). Sono spuntati come funghi nuovi locali, dove il classico hamburger viene declinato  in modi diversi: dal tipo di carne, magari Presidio Slow Food piuttosto che di manzo wagyū (di origine giapponese, chiamato anche manzo di Kobe) ai vegetariani, a quello col foie gras (in più). E ai supercostosi, ma perfetti dei grand hotel. Ecco una selezione, con foto inedite.
Hamburger con foie gras di Al Mercato

Al Mercato (via Sant’Eufemia 16, Milano, tel. 02.872371). Qui i giovani chef Beniamino Nespor ed Eugenio Roncoroni, nella parte destra del piccolo locale, il Burger bar (la sinistra è ristorante) propongono un monumentale hamburger, alto una quindicina di cm, che bisogna mangiare con coltello e forchetta. Infatti viene presentato su un piatto, con anelli di cipolla fritti e salsina. Il panino contempla anche insalata iceberg, salsa speciale fatta in casa, confettura di cipolle.  Al bar costa 10 €, al ristorante 14.  Massimo della lussuria, far aggiungere una fetta di foie gras (+ 7 €). 

Burger Cube al Lattughino
Tutt’altro tono da Trita (piazza XXIV Maggio 8, Milano, tel., no).  Un localino abbastanza spoglio, bianco e rosso, con un tavolo rotondo al centro e la cucina a vista. Se al Mercato si poteva scegliere fra sei diversi tipi di cottura (da “al sangue” a “ben cotta”), qui si valuta il tipo di carne: bufalo campano o limousine padana? Black angus irlandese o wagyū, argentina? Quest’ultima, “inventata” dai giapponesi, risulta particolarmente tenera e gustosa perché marmorizzata di grasso insaturo, grazie ai massaggi continui sull’animale. La carne viene tritata a vista quasi al momento, con lame speciali per non riscaldarla. Prezzi fra i 6,50 e i 16 € del wagyū. 
Il Lattughino (via A. Ponti, di fronte al n.1, Milano, tel. 02.8728.01.81, altra sede in via Anfossi 2, con consegne a domicilio) fra piatti vegetariani, vegani e biologici propone un Lattughino’s Burger di manzo aromatizzato alle erbe, un burger vegetariano, uno di tonno e patate (con soia, ginger e wasabi) e il Burger Cube, noce di Angus arricchita con erbette, gratinatura al formaggio Cheddar e bacon. Prezzi fra i 9 e i 15 €. 
Claudio Sadler chef di Chic 'n Quick
Claudio Sadler, chef e patron del ristorante omonimo con 2 stelle sulla guida rossa Michelin, l’ha affiancato da qualche tempo con un bistrot, anzi una trattoria moderna, come preferisce chiamarla, il Chic ’n Quick (via A. Sforza 77, Milano, tel. 02.89503222). E qui non disdegna di proporre la sua versione di hamburger, presentata in un piatto, con il pane a parte, ma con un cartoccio di patate fritte, insalatina e ketchup fatto in casa (18 €). La carne è di bue fassone piemontese, insaporita - appena tritata - con olio profumato alle erbe; sopra, fuso, formaggio Casera Dop della Valtellina. E chi ama il pesce? Può scegliere il Mc Sadler, due fette di pane di Altamura che racchiudono salmone, mozzarella, capperi e olive taggiasche. 

Seregno, cittadina brianzola a 30 km da Milano, gastronomicamente nota per lo stellato, ma impegnativo Pomiroeu di Giancarlo Morelli, si può scegliere un locale più easy, come del resto sarebbe nell’anima del nostro protagonista, l’hamburger. laTaste (via Umberto I 59, tel. 0362.226629) è un grande spazio aperto in cui fare colazione, prendere un caffè o una fetta di torta leggendo i giornali a disposizione, fare shopping di specialità gastronomiche ed enologiche, prendere un aperitivo e mangiare qualche piatto ben cucinato. Come robusto struzzichino, all’aperitivo, si può gustare fra l’altro il cosiddetto hamburger di carne e pesce, mutuato dalla nota chef catalana Carme Ruscalleda: seppie, calamari e filetto di maiale tritati insieme, accompagnati da peperoni grigliati e maionese all’arancia. Seduti a tavola, si ordina l’hamburger laTaste, di fassone piemontese, oppure di charolaise o di limousine della Bergamasca. È accompagnato da insalata, fette di pomodori, patate al forno e maionese alla senape (prezzi: 7,50-14 €). Fra i locali fiorentini, l’Harry’s , mitico american bar sul lungoarno Vespucci (tel. 055.2396700), noto per i suoi cocktail, Martini e Bellini su tutti, ma anche per la tartare e il pollo al curry, propone da sempre un classico hamburger: carne di manzo italiano, insalata, pomodori a fette, olio toscano, rigatino (pancetta toscana), formaggio, patate fritte e salsa alla senape (22 €).

Hamburger 2 / Al Grand Hotel


Potrà stupire che anche gli alberghi più blasonati di Milano abbiano in carta il panino con la carne trita. Eppure è così. Magari non sui menu dei loro ristoranti, ma al bar, per gli spuntini in camera, nelle lounge. E non sono affidati a qualche souschef, ma sono stati concepiti personalmente dagli chef titolari. È soprattutto la clientela internazionale a volerlo, viene considerato il tipico comfort food per chi resta lontano da casa per un certo tempo, un po’ come per noi la pastasciutta: dopo che hai provato le specialità del Paese in cui ti trovi, per quanto buone, arriva il momento che hai nostalgia dei tuoi cibi e un americano o un cliente comunque globalizzato, torna volentieri al vecchio, caro hamburger. Magari spinto dalla curiosità di vedere come lo fanno gli italiani. Naturalmente i prezzi sono da grand hotel. Ma la qualità è garantita. 
Andrea Aprea, chef del Vun (1 stella Michelin) all’interno del Park Hyatt (via Grossi 1,  tel.
Hamburger nella lobby lounge del Park Hyatt
02.88211234) lo prepara per i clienti de La Cupola, la lobby lounge, e del bar The Park. Usa carne di razza piemontese, formaggio Emmentaler, lattuga, cipolla stufata, pomodoro e uovo fritto. Lo presenta su un vassoio, aperto, con una ciotola di patate fritte speziate. Il tutto a 27 €. 




Fabrizio Cadei
Al Principe di Savoia (piazza delle Repubblica 17, tel. 02.262301), antico e famoso albergo di lusso in piazza della Repubblica costa invece 35 €. Viene servito al Salotto (o in camera) ed è stato ultimamente cambiato negli ingredienti per volontà di Fabrizio Cadei, chef del ristorante gourmand Acanto, che ha sostituito la carne iberica con la chianina, insaporendola prima della cottura con una salsina di senape, scalogno e olive. Come formaggio usa Fontina valdostana Dop. Viene servito con insalata, pomodori e patate fritte. 

L'hamburger di Matteo Torretta
Anche il Grand Visconti Palace (viale Isonzo 14, tel. 02.540341) vanta uno chef di nome per il suo ristorante Al V Piano, il cosiddetto attico gourmet. Matteo Torretta ha concepito ultimamente un hamburger innovativo, fatto con carne di vacca spagnola tritata al coltello, condita con sale affumicato e cotta al sangue. Che viene poi inserita tra due fette di pane caramellato assieme a pomodori secchi e insalata, e ripassato in forno. Nel frattempo si frigge della pastinaca (una radice carnosa, di sapore acidulo), che viene poi deposta sul panino, assieme a due provette, conficcate: una contiene una minidose di Campari, l’altra di salsa di soia. Ognuno potrà ulteriormente condire l’hamburger con questi ultimi ingredienti, miscelando il sapore dolce-amaro e rotondo del primo con la sapidità della seconda. Sarà probabilmente inserito entro l'estate nel piccolo menu del chiringuito in giardino e come creativo comfort food a richiesta.


venerdì 3 maggio 2013

Slow Fish, tra pesci dimenticati e grandi chef



Il tema del pesce, della pesca sostenibile, delle specie povere o dimenticate, della cucina ittica, tradizionale o innovativa, tornano anche quest’anno con l’appuntamento di Slow Fish, la manifestazione organizzata da Slow Food e Regione Liguria a Genova (da giovedì 9 a domenica 12 maggio, al Porto Antico, con ingresso gratuito). Sarà un long weekend di incontri, dibattiti, degustazioni e pranzi.
Fra i temi, la tutela dei piccoli pescatori (e la mancanza di prospettive per i giovani), la normativa europea per la gestione delle acque, il problema delle specie rigettate in mare, la difficoltà di reperire il pesce povero o poco conosciuto nei mercati e al ristorante. Qualche titolo. Giovedì 9 alle 21: Sulla stessa barca! Pescatori e scienziati, un dialogo da incentivare. Sabato 11 alle 12: Pesca: non è un mestiere per giovani? Alle 15: Il pesce a tavola. Dalla parte dei consumatori. Domenica 12 alle 15: Il pesce povero, dov’è.
I Laboratori dell’acqua (cioè gli incontri e i dibattiti) sono a ingresso libero. A pagamento invece Fish ‘n’ chef, su prenotazione: lezione di un grande cuoco con  preparazione di un piatto. Protagonisti: da Moreno Cedroni a Gennaro Esposito, da Paolo Masieri a Luciano Zazzeri, da Vittorio Fusari a Davide Scabin, a Luigi Taglienti, ad altri chef francesi e spagnoli. Scorrendo il programma, piatti e lezioni certo interessanti, ma paradossalmente pochi gli chef che utilizzano i cosiddetti pesci poveri o dimenticati. Fra questi, Ivano Ricchebono del The Cook di Genova-Nervi, che sabato 11, dalle 15 alle 17 (4 lezioni ripetute, la prima più estesa) preparerà Fagiolo di Pigna, lampuga e capperi; e Gennaro Esposito, che giovedì 9 illustrerà  dalle 12 alle 4 (sempre per 4 volte) il suo Risotto con cipolla ramata, sauro bianco affumicato, alga croccante e peperoncino.


Lo spatola, chiamato anche pesce sciabola
A proposito di pesci dimenticati. Il numero di giugno di Dove dedicherà un servizio a questo argomento, che spazierà fra varie regioni italiane. È relativamente più semplice trovare i piatti preparati con queste specie ittiche in alcune zone costiere. Ma anche in città, pur con maggiori difficoltà, è possibile. Per esempio a Milano, un ristorante nei pressi di via Procaccini (zona Sempione) prepara uno squisito fagottino di pesce spatola con mandorle e arance. Un altro, in fondo a viale Certosa, prepara lo spatola al Marsala e i sugarelli ‘a stimpirata, altrettanto buoni. Se ne riparlerà. Chi intanto vuole provare a indovinare i nomi di questi due locali? Ricchi premi e cotillon...


La manifestazione: Slow Fish, Porto Antico, piazza Caricamento, Genova. Dal 9 all’11 maggio, dalle 11 alle 23; 12 maggio, dalle 11 alle 21. Ingresso gratuito. Info e prenotazioni: www.slowfish.it. Per partecipare a Fish ‘n’ chef occorre prenotarsi sul sito; anche in loco, se rimangono posti o vi sono rinunce. Prezzi: 15-20 € (sconti per i soci Slow Food). Cena inaugurale presso il ristorante Marin alle 20,30 di mercoledì 8, con Gennaro Esposito, a 120 € (soci 102 €).