venerdì 30 maggio 2014

Cucina vegetariana in Festival: presenta il pregiato duo Leeman Eschenazi


Maggese primaverile, un piatto dello chef Pietro Leeman, del Joia di Milano

The Vegetarian Chance assomiglia a Chance The Gardener. Per una certa assonanza. Ma forse anche per una comune ingenuità/genuinità di fondo. Apparentemente non c’entrano nulla: si tratta, nel primo caso, del Festival internazionale di cultura e cucina vegetariana (www.thevegetarianchance.org), che si svolgerà in giugno fra Ascona (Canton Ticino) e Milano. Nel secondo, del film Oltre il giardino (1979), protagonista nel ruolo di Chance il giardiniere un indimenticabile Peter Sellers. Ingenuo e genuino, analfabeta e non più giovane, una volta deceduto il suo padrone, Chance si trova a vagare disorientato per una Washington ostile, finché viene investito da un’auto guidata dalla moglie di un potente uomo d’affari, amico del presidente degli Usa. E nella sua ingenuità e ignoranza del mondo, darà a tutti, nel corso di conversazioni un po’ surreali, risposte strampalate, che – guarda caso – sembreranno a tutti estremamente sagge. Ma anche pericolose…
Gabriele Eschenazi,
giornalista e organizzatore
 Pietro Leeman nel bosco
La possibilità, meglio, la saggia opportunità vegetariana da cogliere, sottolineata da Pietro Leeman, noto patron del ristorante Joia di Milano (1 stella Michelin) e da Gabriele Eschenazi, giornalista colto e acuto, con questa manifestazione finora unica in Italia, è quella appunto del mangiare escludendo carne, pesce e latticini. Eppure di nutrirsi convenientemente, anzi in maniera più sana ed equilibrata e talmente gustosa da non rimpiangere gli alimenti esclusi. Una scelta che nel suo ristorante di via Panfilo Castaldi, Leeman ha compiuto da tempo, anche personalmente e che Eschenazi sta facendo, attraverso un percorso non estremistico, tipico delle diete più brutali, ma graduale e, perché no, godereccio.
E il bello è che anche chi non vuole abbandonare salumi e formaggi, è in grado di apprezzare la bontà inaspettata di certi piatti, con il valore aggiunto di una maggiore salubrità.
Si può diventare vegetariani (esclusi pesce, carne e formaggi prodotti con caglio animale) o vegani (esclusi tutti i prodotti di origine animale e quindi anche uova, latticini e spesso il miele), o con gradi intermedi fra le due scelte, anche per motivi filosofici: essere in maggiore armonia con se stessi essendolo con gli animali, considerati essere viventi al pari nostro e quindi da non sopprimere. Ma anche con una riflessione politica, come suggeriscono Eschenazi e Leeman: l’iperproduzione di carne e pesce sta impoverendo rapidamente il pianeta e non sarà più sostenibile consumare 15mila litri d’acqua e 15 kg di soia per produrre 1 kg di carne, quando da 1 solo kg di soia si ricavano 2 kg di tofu, un prodotto vegetale versatilissimo in cucina.


Certo, in un mondo sommerso generalmente dallo junk food (cibo spazzatura), dalle pretese delle multinazionali di imporre cibi Ogm, dallo strapotere della pubblicità che decide i più larghi consumi, è proprio da Ingenuo Giardiniere che gira per le vie della Città cercare di far conoscere e apprezzare una cucina “senza carne né pesce” (osservare già il penchant negativo dell’espressione), senza ogm, ma al contrario con materie prime biologiche, in gran parte ancorate alla cultura del proprio territorio,  una cucina salutare e persino gustosa. Pietro Leeman illustra pianamente la sua concezione vegetariana in un bel filmato di 10’ su YouTube, che vale la pena di vedere: http://youtu.be/Y1Dsrh3-6hM

The Vegetarian Chance è stata concepita con due momenti clou.
Preparazione di un piatto
vegetariano
Il 7 giugno alle 15, ad Ascona (Canton Ticino, Svizzera, 118 km da Milano), al Monte Verità (luogo simbolo del vegetarianismo europeo, www.monteverita.org), proiezione del documentario Rsi dedicato all'ambientalista indiana Vandana Shiva. Dalle 16, conferenze e dibattiti sulla scelta e le esperienze vegetariane. Con Gualtiero Marchesi, Marco Ferrini (presidente del Centro Studi Bhaktivedanta), il “gastronauta” Davide Paolini e Marco Bianchi, divulgatore scientifico della nutraceutica, l’alimentazione che cura, della fondazione Veronesi.
Umami, il sesto gusto che affascina
La sera, cena di gala alcool free (al suo posto, tè e tisane particolari, calde e fredde), a cura di Leeman e del suo staff. Qualche piatto (sono 7 in tutto): Di non solo pane, Una nuova frontiera del gusto, Omaggio a Marchesi, Per Govinda, La casa del tè, Salute!.  Ma che cosa si nasconde, dietro questi titoli simbolici?  Carpaccio di anguria con semi di zucca tostati, scaglie di Parmigiano e sala all’aceto balsamcio (Una nuova frontiera…); raviolo di saraceno tiepido, farcito di spinaci e taccole al wasabi, crema di verdure allo yuzu (Per Govinda); riso all’imperatrice con sorbetto di tè verde, salsa di mandorle e Lapsang su chong – tè nero cinese (La casa del tè). Costo della serata: 90 € (o 100 franchi). Info: Monte Verità via Collina 84, Ascona, Svizzera,  tel. +41.91.7854040, info@monteverita.org
Il 22 giugno, al ristorante Joia (www.joia.itdi Milano, nove cuochi cucineranno piatti vegani e verranno giudicati da una giuria di sette personalità, fra cui lo stesso Leeman, Gualtiero Marchesi, Davide Paolini e la nota chef americana Kristen Thilbeault, che proclamerà poi il vincitore, con tanto di premi in danaro. I parametri di giudizio: idea del piatto 10%, estetica nella forma e nell’abbinamento dei colori 20%, gusto 30%, valore alimentare e nutrizionale 20%, sostenibilità ambientale 20%. Parteciperanno giovani cuochi e già affermati, come Antonia Klugmann del ristorante Venissa (Venezia), Carla Aradelli del ristorante Riva (Ponte dell'Olio-Piacenza), Mario Gagliardi, Il Cascinale Nuovo (Isola d’Asti), Matteo Rizzo, Il Desco (Verona), Alberto Quadrio, Asola-Cucina sartoriale (Milano), Femke van den Heuvel, Vlamindepan (Haarlem-Olanda), Anders Ramsay, Elwing&Co catering (Stoccolma- Svezia), Daniela Cicioni, cuoca freelance e insegnate di cucina vegana e crudista. Vinca il migliore, vinca la cucina vegetariana.
                                                                                                                              (Un onnivoro non ancora pentito

venerdì 16 maggio 2014

Parini e Parizzi / Per me pari soono...



L'ingresso della Drogheria Parini

Ferri, Pagani e Parizzi

L'imprenditore Giuseppe Ferri, alla guida della Compagnia della Ristorazione (di cui fanno parte la famosa Pasticceria Taveggia e il bar Al Panino di piazza Liberty) cercava un socio per rilanciare la storica Drogheria Parini 1915, di Milano. E l'ha trovato - formalmente come consulente - in Marco Parizzi, chef e patron dell'omonimo ristorante di Parma (1 stella Michelin). Così Ferri, una volta rilevata la vecchia drogheria dalla famiglia Parini, ha proceduto a una ristrutturazione e a un ampliamento da 2 milioni di euro,  servendosi non solo  del concept creativo dell'architetto Giovanni Pagani, ma fin da subito dei pareri, spesso "vincolanti", del consulente enogastronomico, appunto Parizzi, coinvolto anche lui nell'avventura.
I locali sotterranei di via Borgospesso (traversa di via Montenapoleone), che si estendono sotto la chiesa di San Francesco di Paola (con facciata su via Manzoni) sono stati ampliati da 200 a 600 mq, è stata installata una cucina, tre nuove sale ristorante, una sala bar per aperitivi e degustazioni, l'enoteca. Rimane naturalmente lo spazio per gli acquisti di prodotti gastronomici scelti da Parizzi, forniti da produttori d'alta qualità (Verrigni per la pasta, ad esempio, Airone per il riso, Frantoio di Sant'Agata per l'olio), ma venduti tutti con il marchio Parini.


Il cocktail Parini: vodka, succo
di mela, Martini bianco e sweet&sour
La ristorazione vuol essere la più easy e décontractée possibile. Gran scelta di salumi e formaggi, insalate particolari e  un paio di piatti milanesi, ma cucinati comme il faut: la cotoletta "del Parini" e il risotto alla milanese con spezzatino di ossobuco. Non c'è una carta classica, divisa in antipasti, primi e secondi, ma una lista di piatti del giorno, per cui ognuno potrà comporre il proprio menu, oppure mangiare un solo piatto, freddo o caldo.  Da non farsi sfuggire gli ottimi sushi di pasta: mezzi paccheri ripieni di tartare di gamberi, salmone o tonno.
Il Daniela, servito con fetta di culatello:vodka,
vodka al melone, succo d'ananas, granatina
Ci si ristora seduti a grandi tavoli di legno o addirittura di marmo mediceo (quello da macelleria d'antan), sotto volte di mattoni a vista, su pavimenti di legno, con specchi anticati un po' dappertutto. Si può pranzare, fare merenda, cenare no-stop da mezzogiorno a tarda sera, anche se il locale è già aperto per la vendita e le colazioni dalle 8. Prezzi abbordabili, a meno che non si voglia ordinare caviale (c'è pure quello come  pure l'umile e gustosa spalla cotta).
E dal bancone del bar vengono serviti non solo vini e spumanti, ma anche cocktail. Li prepara il bravo Carlo Tacconi, che per l'occasione dell'inaugurazione, ne ha inventati due (che rimangono sulla carta), il Parini (of course) e il Daniela, in onore della moglie di Parizzi, anche lei coinvolta nell'avventura del nuovo, vecchio Parini.
Drogheria Parini 1915, via Borgospesso 1, Milano, tel. 02.36683500, www.parini1915.it. Orari: 8-23 (mai chiuso).

giovedì 8 maggio 2014

Sono Stato post Modena Buu?! E ho vinto mille bottiglie di Ferrari







La redazione de il manifesto ha vinto il premio Ferrari del 2013 per  il titolo dell'anno. Una foto di Giorgio Napolitano seduto e perplesso e sotto il titolo - quasi un'ironica didascalia - Sono Stato. A sottolineare che era stato presidente della Repubblica e lo rimaneva facendosi ancor più "Stato". Un bel titolo, pubblicato nel giornale del 21 aprile 2013, che la giuria del Premio ha preferito ad altri quattro della cinquina finale, come Rimetti a noi i nostri debiti, con foto della Merkel e di papa Francesco che si guardano (Resto del carlino), Sogno o son destra? de La Stampa, Lampedusa, Mar morto, de Il Messaggero e, ancora de il manifesto, Il reato di vivere.

Post-Modena è invece il titolo di un lungo e accurato reportage di Jane Kramer del New Yorker (4 novembre 2013), che si è aggiudicata la prima edizione di un nuovo riconoscimento Ferrari, chiamato L'arte di Vivere Italiana, che vuole premiare i giornali stranieri che meglio raccontino i valori del made in Italy, fra creatività e raffinatezza, artigianalità e tradizione. Il servizio era completamento dedicato a Massimo Bottura, chef patron della Francescana di Modena.


A conquistare l'altro premio Ferrari, “Copertina dell'Anno”, è stato invece SW Sportweek,  il settimanale della Gazzetta dello Sport, con il numero del 5 ottobre 2013. “Quattro volti di sportivi neri e una parola, BUU,  accompagnata da un punto interrogativo e da un punto esclamativo - recita la motivazione - che ripete un verso purtroppo abbastanza usuale negli stadi italiani. Così si è realizzata una copertina di straordinaria intensità, molto forte e altrettanto efficace per dire, in modo esemplare, di un problema che, purtroppo, esiste e resiste in tutt'Italia: il razzismo”. 

Le redazioni del New Yorker, di Sportweek e del manifesto, dunque, brinderanno alla loro professionalità con mille bottiglie di Ferrari ciascuna, un po' come hanno fatto ieri sera i numerosi invitati alla serata di premiazione della Triennale di Milano, giurati ed esponenti della famiglia Lunelli compresi, dal presidente Matteo alla responsabile dei rapporti esterni Camilla, cugini, fratelli e genitori inclusi.