lunedì 28 novembre 2016

La battaglia dei Navigli: Erba Brusca o Verso Verde?

Il Naviglio Grande di Milano e il bistrot Verso Verde nella Cascina San Cristoforo

Milano. Al Naviglio Pavese con la sua Erba Brusca risponde il Naviglio Grande con il Verso Verde. Cosa apparenta i due ristoranti sulle alzaie (le strade un tempo di servizio, lungo le rive) dei principali canali milanesi? Una propensione per le materie prime bio, per ortaggi e verdure, la simpatia dei luoghi e del personale e, non ultimo, un certo rigore misto a creatività nelle proposte gastronomiche.
L’Erba Brusca si autodefinisce “ristorante con orto” ed è vero, l’orto è proprio lì, sotto la veranda, a
Alice Delcourt
fianco di un rustico ma grazioso giardinetto. Dall’erba brusca, ovvero l’acetosella, alle fragoline selvatiche, alle tante piante aromatiche, molto “verde” passa direttamente dall’orto ai fornelli. Qui la 38enne chef Alice Delcourt
francese, plurilaureata in Italia, esperienze di cucina al River Cafè di Londra, al Park Hyatt Hotel e all’Alice di Milano, provvede a trasformarlo in veri e proprio piatti d’autore, affiancandolo a pasta e riso, carne e pesce. Per altre verdure (l’orto non sempre basta a tutto) e differenti materie prime si rifornisce soprattutto alle cascine del Parco Agricolo Sud e a produttori che Alice definisce “consapevoli, che rispettano non solo i criteri di qualità ma anche di sostenibilità”. Ne derivano piatti interessanti e gustosi come l’insalata aromatica d’autunno, con formaggio Quartirolo, zucca e cipolla bruciata fra gli antipasti; gli spaghetti alle vongole, con erba brusca e tartufo nero, e il risotto con pesto di cavolo nero, salsa di acciughe, limone e grano saraceno fra i primi; il fritto di funghi e verdure autunnali, e il salmerino scottato con finocchio brasato e in crema, insalata di radicchio, mele e nocciole, fra i secondi. C’è anche una bella selezione di formaggi di piccoli artigiani casari. Per digerire meglio, biciclette a disposizione per chi vuol farsi un giro lungo le sponde del canale o spingersi nelle campagne vicine.
Dall’Alzaia Naviglio Pavese all’Alzaia Naviglio Grande per l’offerta di Verso Verde, bistrot con quattro uffici-appartamenti con vista sull’acqua, cucina, salottino, Tv, collegamento wifi a banda larga per poter lavorare e/o riposare in santa pace. E, ancora, vendita di prodotti (nettari di frutta, confetture, creme spalmabili), servizio di take away&delivery, noleggio di biciclette. Il tutto dentro l’antica (forse addirittura duecentesca) Cascina San Cristoforo, ristrutturata con gusto dall’attuale proprietario, l’architetto Paolo
Ombrina con purea di verza, olive e pinoli
Colombo, e dal fascino prettamente lombardo. Venticinque posti ai tavoli interni e una quarantina nella terrazza – in questa stagione coperta e riscaldata – sono a disposizione di chi voglia fare un’esperienza gastronomica coinvolgente, che strizza l’occhio alla cucina vegetarian-vegano-crudista. Come? Con i mix di estratti a freddo di frutta e verdure, per cominciare, che si possono bere durante il pasto o sorseggiare all’aperitivo, anche miscelati a spumante o vodka. Per esempio: cavolo rosso, mela e zenzero; broccoli, ananas, limone e zenzero; zucca, arancia, cannella e…l’immancabile zenzero. 

La 32enne chef Chiara Giuffrè, formata alla scuola crudista di Vito Cortese e della Joia Academy di Pietro Leeman,  si occupa del filone vegetariano; Riccardo Nossa, 34 anni, precedenti ai fornelli degli hotel Boscolo e Four Seasons, del resto, ovvero di piatti d'ispirazione lombardo-mediterranea. Tra i primi, vanno segnalati almeno un eccellente risotto alla zucca, con gocce di balsamico e panna acida, che dà alla preparazione una sferzata d’energia; la pasta di grano saraceno con verza e formaggio Bitto (che si può togliere per ottenere un piatto vegano); e un altro risotto, con carciofi, Pecorino e pinoli.
Fra i secondi, si possono gustare tranci di pregiata ombrina con purea di verze, olive taggiasche e pinoli tostati; le milanesine con insalata di cavolo cappuccio, mele renette e cumino; i gamberi arrostiti con carpaccio di ananas, marinato con zenzero e cardamomo, e riso basmati. Sono solo suggestioni, perché il menu cambia quasi tutti i giorni.
A pranzo naturalmente vanno molto le insalatone, magari con tofu, ma a base di misticanza, per esempio, e con sedano rapa, mele renette, noci, champignon, cavolo cappuccio viola, pollo e uova sode; ma anche il burger vegano, con patate, ceci, trito di olive e pomodori secchi, e un mix di rape rosse e maionese; e pure un originale club sandwich: proposto con pane integrale, ha al suo interno verdure alla griglia, crema di caprino, olive, pomodoro secco, e viene servito con chips e crema di avocado.
Gran parte dei prodotti selezionati sono biologici ed effettivamente di qualità, anche se lo slogan del locale che parla di Materia prima a km Italia, non ha poi molto senso. Significherebbe che non vi sono prodotti d’importazione (ma l’ananas allora?); è, forse involontariamente, polemico con il famoso Km zero (alla fin fine poco rispettabile, perché, per esempio, le arance crescono in Sicilia e non in Lombardia). Ma è accattivante e in fondo vuol porre l’accento sulla tipicità e l’eccellenza italiana. E qui la selezione, dai vini di produttori pochi noti alle birre e al cibo è effettivamente azzeccata.
Info. Erba Brusca, Alzaia Naviglio Pavese 286, Milano, tel. 02.87380711, www.erbabrusca.it. Chiuso lun. e mar. Prezzi (bevande escluse): alla carta, 30-50 €. Menu a 32 (4 piatti) e 45 € (6 piatti).
Verso Verde, Alzaia Naviglio Grande 150, Milano, 02.36638980, www.versoverde.it. Mai chiuso. Prezzi (bevande escluse): 20-30 €.

lunedì 14 novembre 2016

Albufera: riso, laguna e ristorante "milanese". In tavola: paellas, fideuas, tapas e sangria. Arriba España


Mateus Avila Lobo Coelho è brasiliano, ma ha vissuto a Valencia, dove ha studiato, alla scuola alberghiera, per poi apprendere i primi rudimenti e quindi i segreti di molti piatti spagnoli da cuoche di casa. Ha poi lavorato al LLerva Tapas di Milano. Alice Paglia è italiana, ha studiato all’Accademia delle belle arti di Brera e ha fatto poi l’Erasmus a Valencia. I due si sono incontrati, si sono piaciuti e a un certo punto hanno deciso di aprire un loro locale a Milano. Lo hanno chiamato Albufera. Come la varietà di riso ideale per la preparazione della paella. Come la grande laguna Albufera de Valencia – situata sulla costa mediterranea a sud della città.  Come il Parco naturale Albufera (www.albufera.com), culla della paella, a quanto si racconta. 
In questo piccolo ristorante dalle parti di corso Buenos Aires, il menu è tutto rigorosamente spagnolo, come del resto i vini, i brandy, i liquori. Nella prima saletta d‘ingresso, tavolini e il bancone, con il barman che serve Sangria rossa e bianca (come base di quest'ultima il Cava, lo spumante classico spagnolo), birra (fra cui una “Damm Inedit by Ferran Adrià”) e persino un vermouth iberico, il Verano del 82, della Murcia, dolce e balsamico. Se sul bere siamo messi bene, con una limitata ma buona scelta di bianchi e rossi che vanno dal vino semplice e comunque buono ad alcuni più maturi e complessi, sul cibo si va sul sicuro, fra le immancabili tapas, le paellas e le fideuas (queste ultime, per chi non le conoscesse, sono piatti cucinati come le paellas, avendo però come ingrediente base, al posto del riso, una pasta simile allo spaghetto, ma corto, di circa 2 cm. La pasta viene “risottata”, cioè cucinata da crudo direttamente in padella).
Per le tapas ci si può sbizzarrire fra le tre di verdura (gazpacho, garbanzos con pisto  - una sorta di caponata -, e tortilla di patate e cipolle), le sette di carne e le otto di pesce (prezzi fra i 6,50 e i 18 €).  Si va dal tagliere misto di salumi, formaggi e paté, allo squisito jamón iberico de bellota (prosciutto da maiali allevati allo stato semibrado e nutriti anche con ghiande), dal mini hamburger di secreto iberico alle anchoas (acciughe) del Cantabrico, dal bacalao confit al ceviche de dorada e al famoso pulpo a la gallega.
Il capitolo paellas e fideuas ha molti pregi e qualche difetto; i piatti sono tutti interessanti e buoni, la fideuà da provare assolutamente, viene proposta per esempio con frutti di mare e nero di seppia o con il baccalà e verdure; la paella, negli stessi modi,  più la classicissima valenciana (con pollo, coniglio e verdure) o addirittura con astice (quest’ultima a 30 €). I difetti sono che tutti i piatti sono ordinabili per non meno di due persone; e che la valenciana e la paella de bogavantes (astice), vanno prenotate con 24 ore di anticipo.  Tutto sommato, peccati veniali. (Prezzi: da 14 a 21€  a testa). Fra i dolci, crema catalana e capricho de chocolate, torta de manzana (di mele), servita con gelato al riso e bombas de churros al dulce de leche. Buen provecho!   



Info. Ristorante Albufera, tapas y paellas, via Lecco 15, Milano, tel. 02.36686993, www.albufera.it. Orari: lun.-dom. 19.30-24; sab. e dom. anche 12.30-15 (mai chiuso).


mercoledì 9 novembre 2016

Appius 2012: ancora un grande bianco di San Michele-Appiano. Aspettando (il rosso) Godot...

Vigneti a San Michele d'Appiano dell'omonima Cantina.

Hans Terzer
Ci vorrà ancora qualche anno prima che Hans Terzer, wine-maker della Cantina San Michele-Appiano, si decida a presentare un Appius rosso, ma ci arriverà. Del resto quest’anno, nel corso della presentazione del nuovo Appius 2012, sempre bianco come i suoi predecessori del 2011 e 2010, ha inserito, quasi di sottecchi, anche un nuovo rosso, che si colloca nella linea d’alta gamma Sanct Valentin: è una Riserva, il Cabernet-Merlot 2013, uvaggio bordolese a tutto tondo, ancora giovane, con tannini ancora un po’ acerbi, esuberante, ma già elegante e complesso. Perfetto abbinamento, fra l’altro, con una sella di cervo in crosta di spezie e funghi pioppini - cucinata da Herbert Hinter, chef-patron dello stellato Zur Rose - che si scioglieva in bocca in un turbinio di sensazioni.
Sarà un uvaggio bordolese, magari integrato da Petit Verdot, uno dei prossimi Appius? Staremo a vedere. Per intanto ci si può “accontentare”, delle circa 5500 bottiglie dell’Appius 2012, terza edizione.
Ma che cos’è l’Appius? Un vino libero dagli schemi, limitato solo dalla Doc Alto Adige, che Terzer ha concepito nel 2009. Da allora, ogni anno vede i risultati della vendemmia, sceglie un quantitativo limitato delle migliori partite e si orienta per creare un nuovo vino, rigorosamente d’uvaggio. Finora, sempre un bianco, giocato su quattro vitigni, chardonnay, sauvignon, pinot  bianco e/o pinot grigio.
Cabernet-Merlot Riserva 2013
Il territorio è quello del comune di Appiano, oltre mille ettari di vigna, baciata dal dio Bacco. La Cantina San Michele ha più di 340 soci conferitori, con vigneti sparsi su pendii soleggiati, che godono di temperature miti e venti freschi, e si estendono per la maggior parte a sud-est del massiccio montuoso della Mendola, da Pianizza di Sopra e Monte sino a Missiano. Ancora vigneti fino a Cornaiano verso il Lago di Caldaro e singole vigne a Bolzano e Cortaccia per un totale di 380 ettari. Le varietà, bianche e rosse, non sono poche e la gran maggioranza dei vini sono da monovitigno e distribuiti su tre linee: per importanza, la Classica, la Selezione e quella di vertice, la Sanct Valentin. Punta della piramide, un singolo vino, l’Appius.
Le tre annate finora uscite hanno in comune l’utilizzo di sole uve bianche, la fermentazione malolattica e l’affinamento sui lieviti in barrique, cui segue l’assemblaggio dopo circa un anno, più altri tre anni di maturazione in tini d’acciaio.
Cambia la composizione delle cuvée, in un delicato puzzle in cui il primo vino caratterizza l’annata, mentre gli altri la integrano con tocchi balsamici, floreali o minerali…
Eccola.

2010: chardonnay, pinot bianco, pinot grigio, sauvignon.
2011: sauvignon, chardonnay, pinot grigio
2012: chardonnay, sauvignon, pinot grigio, pinot bianco

Sembra il gioco delle tre (o quattro) carte. Invece è una scelta  compositiva dettata dal risultato della vendemmia, dall’esperienza e dall’estro. Sono vini il cui costo si aggira intorno ai 100 € (ma il 2011 è pressoché esaurito, mentre il 2012 costa, per la precisione 99 € la bottiglia, 198 € il magnum). Nella quantità delle poche migliaia di bottiglie e qualche centinaia di magnum, hanno finora trovato riscontri di vendita positivi. Certo, sono anche vini da collezione, ogni anno cambia la veste delle bottiglie, che diventano così una wine collection di pezzi “unici”. Dopo il tralcio di vite del 2010 e l’impronta-sequenza della formula del matematico Fibonacci (13° secolo) del 2011, è la volta, per il 2012, delle spirali che si librano verso un infinito irraggiungibile, verso l’utopia del vino perfetto.

Una volta in tavola, ci si può dare al gioco degli abbinamenti. Il 2010 e 2011 hanno acquisito doti di maggior complessità e paiono adatti a un prudente accostamento a piatti che contengono carne. Così Herbert Hinter e Hans Terzer hanno abbinato un piatto di animelle di vitello con crema di patate e prezzemolo ed erbe di campo all’Appius 2012; i ravioli ripieni con petto di vitello e tartufo bianco all’Appius 2011 e un baccalà con finocchio allo zafferano e purea di ceci al 2012. Sono solo esempi di una grande cucina, che si sforza di reggere alla personalità dei vini. Ma chi ha detto che non si possa gustare l’Appius con un normale piatto di pesce al forno o arricchito da una salsa, con quaglie in tegame o capriolo in salmì, con una semplice braciola di maiale al vino bianco, una scaloppina al Marsala o, lusso, allo stesso Appius? Nessuno, appunto. La morale potrebbe essere questa: i grandi vini stanno bene anche su cibi semplici, male che vada si imporranno, mettendoli in seconda piano. Il palato ne godrà comunque.
Appius 2012. Colore: giallo dorato. Profumo: frutta esotica, come ananas e papaya. Sapore: secco, fresco, armonico, elegante, con sentori di frutta tropicale e un tipico tono nocciolato dovuto al legno della barrique.
Info. Cantina San Michele-Appiano, via Circonvallazione 17, Appiano (Bolzano), tel. 0471.664466, www.stmichael.it.