venerdì 19 luglio 2019

Il mistero (svelato) del Müller Thurgau e un maso trentino che lo produce a oltre 800 metri d'altitudine. Il Michei di Michei di Martin Foradori Hofstätter

Il Maso Michei vicino al borgo di Ala, in Trentino.


Grappoli di Müller Thurgau
Ha un che di esotico con quella tre “u” nel nome. S’intuisce la germanicità dell’etimo, eppure c’è qualcosa di gentile che ne traspare, quasi di femminile. E infatti il Müller Thurgau è vino garbato, che piace molto alle signore, ma altrettanto agli uomini privi di pregiudizi. Porta lo stesso nome del vitigno, considerato dagli esperti “semiaromatico”, perché ricco di terpeni, in particolare di limalolo, che dà luogo a sentori di coriandolo e pesca. Non manca il carattere floreale, che richiama i fiori di tiglio e sambuco e, per altri versi, la rosa, il garofano e la ginestra. Il fruttato è rappresentato dalla mela verde o Golden, pompelmo, ribes…Il gusto di solito è secco e soprattutto sapido, con richiamo ai sentori olfattivi e leggermente anche al moscato. Ecco perché è un vino apprezzato come aperitivo e su piatti non troppo impegnativi, in particolare nella bella stagione. 
Il professor Hermann Müller
Ma come nasce il suo nome? La risposta è abbastanza semplice, anche se la sua vera origine è…cambiata nel corso degli anni. Il vitigno è (o almeno è sembrato inizialmente) un incrocio ottenuto dall’impollinazione tra un Riesling e un Sylvaner. Lo creò nel 1882 il professor Hermann Müller, svizzero originario del cantone di Thurgau (Turgovia), nella stazione sperimentale tedesca di Geisenheim. Per decenni si è ritenuta fosse questa l’origine autentica, ma poi si cominciò a dubitare dell’apporto del secondo vitigno, pensando invece che si trattasse di uno Chasselas. Di recente si è creduto che in realtà si tratti di altra varietà, del Madeleine Royale, ipotesi ultimamente soppianta, pare definitivamente, da quella relativa ad un altro vitigno ancora, ancorché “simile” e cioè il Madeleine Angevine  della Loira.
Come che sia, il Müller Thurgau dà luogo a vini veramente interessanti solo se ne viene limitato lo spontaneo eccesso produttivo e se piantato a quote relativamente elevate. In Italia le zone migliori sono quelle trentine, in particolare la Val di Cembra e l’altopiano di Brentonico, tra i 500 e i 700 metri.
Le vigne di Müller Thurgau
a 800 metri d'altitudine
E non lontano dal Brentonico, al confine col Veneto, ma ancora in Trentino e più precisamente alla fine della Valle dei Ronchi, sorge il Maso Michei, una tenuta posta a 823 metri d’altitudine, sopra la cittadina di Ala. Acquisito alla fine del 2017 da Martin Foradori, patron della Cantina Hofstätter di Termeno (Alto Adige), è un esempio di quella che viene definita viticoltura eroica d’alta montagna. I grappoli d’uva infatti vengono raccolti a mano e trasportati lungo versanti che si elevano fra i 790 e gli 850 metri d’altitudine e spesso la potatura ha luogo tra filari ancora coperti di neve. I terreni sono magri e ghiaiosi, ma anch’essi contribuiscono a rafforzare le viti e l’uva, donandole carattere. I vini prodotti al momento sono un Sauvignon e due Müller Thurgau, il Michei ed il Michei di Michei. Le uve del primo Müller maturano su un terreno marnoso e leggero, vengono pigiate lievemente e il mosto fermenta  a temperatura controllata, dopo di che il vino viene imbottigliato. Nel bicchiere esprime una nota aromatica di bella evidenza, una certa struttura e sentori finali di moscato.
Il Müller Michei di Michei
Il Michei di Michei nasce sui medesimi terreni marnosi, soggetti a riscaldamento veloce, ma dopo la pressatura le bucce rimangono per qualche ora a contatto con il mosto prima della svinatura. Dopo la fermentazione a temperatura controllata, il vino matura in botte per 6 mesi sulle fecce fini, con rimescolamenti settimanali. Acquisisce così maggior complessità e serbevolezza. 
Alla vista è di colore giallo paglierino con qualche riflesso verdognolo. Al naso si colgono subito la mela verde, gli agrumi e più sottili sentori di tiglio e anche di noce moscata. In bocca è secco, aromatico, bello sapido, di soddisfazione. Ottimo all’aperitivo e su antipasti semplici, funziona molto bene sul pesce d’acqua dolce, dalla trota alla mugnaia ai filetti di persico, sui primi piatti a base di verdure e pesce, su molte frittate. Da provare anche con i frutti di mare, cozze alla marinara in particolare. Il Müller Thurgau Michei di Michei costa circa 20 € la bottiglia.
Info. Cantina Hofstätter, piazza Municipio 7, Termeno (BZ), tel. 0471.860161, www.hofstatter.com

lunedì 15 luglio 2019

"Calma, lusso e voluttà" al Grand Hotel Fasano di Gardone Riviera. Dove non occorre soggiornare per provare i cocktail glamour di Rama Radzepi; o i piatti succulenti di Matteo Felter (ma sarebbe meglio!)

Il giardino del Grand Hotel e il Lago di Garda dalla finestra di una camera
Le bianche cocorite lanciano cinguettii melodiosi, che gli zoologi chiamano cicalecci nella loro prosa scientifica. L’elegante lobby del Grand Hotel Fasano di Gardone Riviera ti accoglie così, con la gentilezza canterina dei cinque pappagallini albini rinchiusi, rinchiusi ma apparentemente felici in una grande gabbia a cupola. 
La lobby del Fasano. D'angolo
la gabbia delle cocorite
Residenza di caccia realizzata nel 1888 per la famiglia imperiale austriaca degli Asburgo-Lorena, da tre generazioni la struttura, divenuta nel tempo albergo di lusso, in stile neoclassico, è governata dalla famiglia Mayr, oggi dai fratelli Olliver e Patrick, che hanno avuto proprio questo mese la soddisfazione di vedere accolta la loro “creatura” nel prestigioso network dei Leading Hotels of the World.
Cocorita bianca
Certo, ha avuto le sue vicissitudini, il Fasano, soprattutto ai tempi dell’ultima guerra mondiale, quando fu requisito alternativamente da tedeschi e fascisti e dagli angloamericani. Ma già nel 1948 era di nuovo in funzione, con la sua terrazza, i suoi saloni e le ampie camere. 
L’allure gli veniva dal fatto di aver ospitato vari illustri personaggi, ovviamente su tutti Gabriele D’Annunzio, che a 500 metri all’hotel si fece costruire il Vittoriale degli Italiani, sua ultima dimora tra il 1921 e il 1938, gli anni della sua emarginazione dal regime fascista. Fra gli altri grandi ospiti, Paul Heyse, scrittore e poeta tedesco, premio Nobel per la letteratura nel 1910; il pittore Gustav Klimt, che sul lago dipinse alcune tele come Malcesine utilizzando il cannocchiale per vederle meglio da lontano i paesaggi. E poi attori e registi, da Mastroianni a Fellini, velisti, piloti di formula 1, principi e nobiltà varie. Ma anche comuni mortali, perché se l’albergo è di quelli di lusso, con una cura particolare dell’ospite, che non ha nulla a che vedere con lo standard delle catene internazionali, ma si potrebbe definire persino “famigliare”, i prezzi, ancorché elevati, sono alla portata di chi voglia concedersi un capriccio come un weekend in una bella camera (con contorno di spa e piscine all’aperto e al coperto), o semplicemente un cocktail, un pranzo o una cena indimenticabili nei vari bar e ristoranti della struttura. 
Tanto è vero, che questi ultimi sono frequentati anche da una clientela esterna, che ci viene anche solo per sorseggiare uno dei drink del 35enne barman serbo Rama Redzepi, distillatore di Sliwovitz fin da piccolo, nella casa di campagna dei nonni. Trasferitosi in Italia minorenne, Rama ha lavorato in vari 
Il barman Luca Manestrina
prepara in terrazza il cocktail...
ristoranti, poi ha viaggiato in Europa e, tornato da noi, è divenuto barman professionista Aibes. Al Grand Hotel dal 2016, ha rinnovato completamente la carta dei cocktail assieme alla sua giovane équipe. Per gustare i suoi drink, nella stagione fredda ci si reca nella Gin Lounge, bancone old style ma arredi new romantic: pezzo forte della noble art of mixing cocktails un drink apparentemente semplicissimo, il Gin Tonic. Solo che qui lo preparano facendo scegliere al cliente (previo volontario annusamento) il distillato preferito fra oltre 50. Dopo di che i bartender decidono quale acqua tonica  (fra una quindicina disponibili) abbinare, la più adatta alla tipologia di gin. 
Tutto questo però nella bella stagione si svolge all’aperto, sulla panoramica terrazza dal pavimento di parquet, riparata da un tendone con ventilatori incorporati, tavolini, piante e un raccolto bancone bianco. Non c’è neanche bisogno di alzarsi, se si è curiosi di osservare la preparazione, perché il Gin Tonic viene servito utilizzando un carrello, che serve anche per la proposta di alcuni degli altri cocktail più scenografici. Come il Conte Camillo, dedicato nel centenario della sua nascita (il 1919) appunto al nobile Camillo Negroni, che al Caffè Casoni di Firenze si faceva fare l’Americano (Vermouth rosso e Bitter) con una aggiunta di Gin. 
...Conte Camillo, rivisitazione
del Negroni.
Per questa rivisitazione Rama Redzepi ha sostituito il Gin con una Grappa: la Evo Fumo, un distillato di vinacce (leggermente affumicate) di Cabernet, Glera e Incrocio Manzoni, maturata per quasi 4 anni in barrique di ciliegio e rovere. Il vermouth utilizzato non è uno solo, ma un sapiente mix di 7 tipi differenti, 5 rossi (fra cui uno che contempla fra gli ingredienti persino l’aceto balsamico) e due bianchi (il francese Lillet e l’Americano bianco Cocchi). Viene chiamato Vermouth del Professore e “riposa” in una botticella, da cui viene spillato di volta in volta. Anche il Campari non è normale: subisce infatti un’infusione di camomilla per 48 ore. I tre elementi alcolici vengono quindi mescolati davanti al cliente nel gallone (il bicchierone-mixing glass con gambo, dei film americani di una volta), sul carrello, e filtrati in bicchieri “affumicati” al momento e predotati di ghiaccio, che occupa in diagonale metà del tumbler. Un piccolo spettacolo la preparazione, una goduria l’assaggio. 
Tra i vari Mr Carpano e Tiepolo rosa, Mezcalero e Zanardelli 190, vale la pena di occuparsi di un altro drink che viene da lontano, il Shirley Temple 2.0. Shirley Temple (1928-2014), per chi non lo ricordasse, è stata la famosa bambina prodigio, detta anche Riccioli d’oro, che spopolò nel cinema americano degli anni Trenta-Quaranta. A lei fu dedicato il cocktail omonimo, analcolico, che sarebbe stato creato a Waikiki, nelle Hawaii ed è costituito semplicemente da un mix di sciroppo di Granatina e Ginger ale. Qui all’Hotel Fasano rivendicano però di averlo preparato loro forse per primi alla celebre bimba in vacanza sul lago di Garda, mescolando Ginger ale e succo di melograno spremuto. Sia come sia, il barman Redzepi si è chiesto: “Ma una volta cresciuta, cosa avrebbe voluto bere Shirley?" E la risposta è stata una rivisitazione alcolica del cocktail a lei dedicato nella sua infanzia. Ed ecco la ricetta: 4 cl di Gin Big Gino, 3 cl di purea di pesca bianca, 3 cl di succo fresco di melagrana, 1,5 cl di sciroppo di sambuco e alcune gocce di Bitter al rabarbaro. Il tutto shakerato e colato in flûte. Un drink in equilibrio dinamico fra secchezza, dolcezza e amaritudine.
Un buon cocktail pre-dinner deve stimolare l’appetito. Ma dove mangiare? A mezzogiorno al ristorante Magnolia, uno spazio circolare nello splendido giardino vista-lago, ombreggiato appunto da due enormi magnolie. Comode sedie di ferro bianche, apparecchiatura che gioca sui colori bianco e verde, la Magnolia ha una sua apposita cucina allo stesso livello e a pochi metri. È diretta dal responsabile di tutta la ristorazione dell’hotel, lo chef Matteo Felter, un 46enne della vicina Salò, che ha fatto le esperienze giuste in Svizzera e in Italia prima di approdare 13 anni fa al Grand Hotel. Qui il menu o meglio la carta è molto decontractée, con una serie di insalate o antipasti di stampo italo-mediterraneo: si va dall’insalata di Feta e peperoni arrosto a quella con tonno, code di gambero e olive, al vitello in salsa tonnata con germogli di rucola. Niente voli pindarici insomma, ma ingredienti al top ed esecuzioni perfette. Ci sono addirittura il Club Sandwich, servito con le tradizionali patatine fritte, maionese e ketchup (fatti in casa) e il Cheesburger. 
Tartare di Black cod
Primi piatti classici italiani: dalle trofie al pesto ai fusilli alla carbonara, agli spaghetti alle vongole. Fra i secondi, niente di fantasioso, ma tutto inappuntabile e gustoso, sia che si scelgano le costolette d’agnello scottadito che il branzino alla mediterranea. Prezzi contenuti e vista sul lago, invece, impagabile…
La sera si può scegliere fra la Trattoria Il Pescatore, ovviamente tutto-pesce, e il ristorante da gourmet Il Fagiano (nella bella stagione trasferito in terrazza), impostato da Matteo Felter. La carta propone le suggestioni del lago e dell’entroterra, con alcune rivisitazioni che consistono nell’aggiungere magari un tocco di curry qui, un goccio di whisky Laphroig là, dei funghi giapponesi al baccalà in salsa verde, delle gocce di Yuzu (agrume nipponico) alle animelle…Si è assaggiato con soddisfazione totale del palato, una Tartare di black cod (o carbonaro dell'Alaska) affumicato con gazpacho, stracciatella e pane al basilico e il Filetto di trota in guazzetto di campo con i suoi gnocchi e caviale (quasi sublime).
Ma ci sono anche le lumache di vigna su fondo di porri e bacon o la scaloppa di foie gras su crema di mandarino e rosmarino con olive nere. Cinque i piatti per settore di solito, qualcuno in più fra i secondi. Non si può che parlare bene dei Ravioli ripieni di fagiano con tartufo nero della Valtenesi e del Risotto affumicato e cotto in acqua di Grana Padano con curry, polvere di aceto balsamico e mela verde trentina. Come pure degli Spaghetti integrali in infusione d’aglio, olio e prezzemolo piccante con agone di lago secco e caviale di arenka o dei Tagliolini al Bagoss con pomodoro e rosmarino.
Ravioli al fagiano e tartufo
nero della Valtenesi
Spiccano tra i secondi l’Anguilla a tutta birra con crema di peperoni e friarielli, il Fiocco di vitello su fondo di whisky torbato Laphroig 10 anni con salsa rubra e il coraggioso Rack (carré, costolette) di pecora marinato e cotto alla brace coi carciofi: delizioso e per nulla “duro” come si potrebbe temere: la carne, come suol dirsi, si scioglie in bocca. Fra i dolci, spiccano la Torta Diplomatica preparata al tavolo e il Cremoso di cioccolato, arachidi, mango e caramello, da accompagnare magari con l'amabile passito ischitano Giardini Arimei, intenso e avvolgente. A disposizione comunque anche i menu tematici Il mio lago, Le novità e L'entroterra.
Un digestivo al bar della terrazza? Certo, ma poi tutti a nanna, ché la giornata fra bagni in piscina e nel lago, bagni di sole e passeggiate nel parco ombreggiato da magnolie, palme, banani e sophore pendule, trattamenti alla Spa e pranzi, è trascorsa veloce.
Scorcio della camera 124, con la
vasca fra il letto e i servizi
Ci sono naturalmente le tre lussuose suite di oltre 100 mq, per veri ricchi o spendaccioni (sui 1000 € al giorno). Ma anche camere più “modeste”, dove dormire fra quattro guanciali. Come la n. 124 De Luxe, caratterizzata da una ampia vetrata e balcone sul parco e il lago, con la vasca da bagno a vista che divide la zona notte da quella dei servizi igienici e totale comfort. Costa da 420 a 550 € a notte, secondo stagione. O la 258 De Luxe, coi pavimenti in marmo di Botticino e rovere trentino, un piccolo giardino privato fronte lago e un salottino che divide la zona notte da quella dei servizi.
Calma, lusso e voluttà, diceva Baudelaire. Ecco, appunto.

Info. Grand Hotel Fasano, via Zanardelli 190, Gardone Riviera (Brescia), tel. 0365.290220, www.ghf.it. Prezzi a notte camere doppie b&b (secondo stagione e vista): Comfort, 240-410 €;   Superior, 270-500 €; De Luxe, 420-550 €; Suite, 780-1050 €.
Bar La Terrazza. Prezzi: Cocktail, 14 €; Gin Tonic, 18 €.
Ristorante Magnolia. Aperto da maggio a settembre. Orari: 12.30-14.30. Prezzi: insalate, antipasti e snack, 9-19 €; primi, 11-15 €; secondi, 22-25 €. Tre specialità, 25 €.
Trattoria Il pescatore. Aperto da maggio a settembre. Orari: 19-21. Prezzi: antipasti 15-25; primi 18-25; secondi 20-27; dessert 7-9.
Ristorante Il Fagiano. Aperto da aprile a ottobre. Orari: 19.30-22 (prenotare). Prezzi: menu, 65-85 €; antipasti 21-26 €; primi 21-24 €; secondi 25-29 €; dessert 17-19 €.