Pas dosé, dosage zéro, brut
nature…tutte espressioni francesi per indicare uno spumante classico al quale,
dopo la sboccatura, non viene aggiunta la cosiddetta liqueur d’éxpedition, uno
sciroppo di dosaggio (vino e zucchero, sostanzialmente) che determina la
secchezza delle bollicine, bensì lo stesso, identico vino secco del resto della
bottiglia. Si dice che questi spumanti siano “da intenditori”, perché più
ostici ai palati normali.
In realtà sono i palati
normali che sono stati abituati a quelle pur minime percentuali di zucchero (da
6 a 11 grammi per litro), che rendono lo spumante brut più accattivante.
Un brut nature non può che
mostrare tutte le sue qualità ed eventualmente i suoi difetti: non si può
“aggiustarlo” con la liqueur: e in ogni caso di solito divide drasticamente i
bevitori: piace molto o non piace per niente. Ma naturalmente esistono pas dosé
meno buoni e più buoni. Anche l’asciuttezza non
è fine a sé stessa. Lo spumante
ultrasecco si deve esprimere con bei profumi e con un palato diritto, ma nulla
proibisce che sia anche avvolgente e profondo, magari con un minimo residuo
zuccherino naturale (comunque inferiore a 3 gr/lt), insomma diversamente piacevole. In Franciacorta, per
esempio, dove hanno appena fatto un piano…decennale di sviluppo del territorio,
e del Franciacorta spumante, sono sempre di più le aziende che propongono
questa tipologia, pur ancora di nicchia.Tartare di coregone, squame croccanti e olio al levistico |
In Trentino, la maggiore cartina
della Doc Trento, Ferrari, ha appena inserito questa tipologia nella linea
Perlé, che già contempla uno Chardonnay brut e tre riserve, uno Chardonnay, un
Rosé e il Nero Riserva (da pinot nero), tutte brut. Arriva ora il primo
spumante senza dosaggio: si chiama Perlé Zero ed ha una sua originale storia
produttiva, che val la pena di raccontare.
Ravioli di anatra e salsa koji |
Intanto l’abbigliamento
della bottiglia, giocato sui toni del verde, dell’argento e del bianco ha
certamente una sua eleganza “inglese”, da green o da Epson Derby, con quel
lettering quasi infantile o contadino del PERLÉ ZERO in etichetta e, subito sopra, del bollino ovale con la scritta, più
piccola, CUVÉE
ZERO10. E qui però subito
una perplessità: che vorrà dire quel 10, forse il millesimo, cioè l’annata
della vendemmia? In realtà no, designa solo l’anno dell’imbottigliamento. Perché
come tutti gli spumanti classici questo tipo di bollicine viene sei consueto realizzato assemblando più annate. Ma di solito non si rivela quali siano.
Invece per il Ferrari Perlé Zero i produttori Fratelli Lunelli hanno deciso non
solo di rivelarne i millesimi – 2006, 2008 e 2009 -, ma di evidenziare l’anno
in cui, dopo una maturazione in contenitori di tre materiali diversi, acciaio,
vetro o legno, e l’assemblaggio, sono stati messi in bottiglia. Per questa
prima edizione è stato il 2010, con almeno 6 anni di maturazione sui lieviti di
proprie colture. L’uva è chardonnay al 100%, coltivata alle pendici delle
montagne trentine.
Ma com’è il Perlé Zero alla
degustazione? Bollicine perfette, piccole e continue; profumo non esuberante,
prevale il pompelmo, con qualche nota di zenzero, coriandolo e cumino. In
bocca: secco, diritto, sapido, fresco e anche cremoso; finale netto,
persistente con lieve nota “amara”.
Una bollicina che si accosta
bene ai crudi di mare e anche come lussuoso aperitivo.
In una cena di presentazione
svoltasi al Palazzo della Permanente di Milano, Norbert Niederkofler, chef a
due stelle Michelin del St. Hubertus di San Cassiano (Alto Adige) ha proposto
con il Perlé Zero Tartare di coregone, con le sue squame croccanti e olio al
levistico e Ravioli d’anatra e salsa koji;
mentre Alfio Ghezzi, anche lui bistellato alla Locanda Margon di Ravina (Trento), ha osato di più, con un
Filetto di vitello, foglie di cavolo, nasturzio e zuppa di funghi. Quest’ultimo
abbinamento, per qualcuno è sembrato proprio da patiti delle bollicine; gli
irriducibili degli abbinamenti classici invocherebbero piuttosto un rosso delle
Tenute Lunelli, come il Pinot nero Maso Montalto o il Montefalco Ziggurat. Ma
tant’è. Ad ogni boccone e conseguente sorso i baffi sono stati leccati prima e
puliti poi dal Perlé Zero. E scusate se è poco.
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