mercoledì 27 marzo 2019

Dalle bollicine alle lune, Ferrari e le Tenute Lunelli. Come uno spumantista famoso riesce a produrre anche grandi vini rossi. Dal Trentino all'Umbria

Degustazione dei vini delle Tenute Lunelli al congresso di Identità Golose. Da sx a dx in senso circolare: Chardonnay Villa Margon, Teuto e Auritea Tenuta Podernovo, Lampante Montefalco Rosso  e Carapace Sagrantino (2010 e 2015).

Salgono verso l’alto, fini e imperiose, poi sbocciano in superficie le bollicine dello spumante classico: quando il vino è ben fatto è sempre, un piccolo spettacolo da godere con gli occhi. 
È diverso per i vini fermi. Bisogna conquistarsi gli estimatori con altre atout, non c’è il fine perlage a predisporre l’animo favorevolmente. Con i rossi entrano in ballo varie componenti fra cui, forse la principale, il tannino. Si avverte, non si avverte, è ruvido, liscio, dolce, amaro, seduto, promettente?
La famiglia Lunelli, dal 1952 produttrice dello spumante Ferrari, negli anni Ottanta si accorse che le bollicine, per quanto nobili, nobilitanti e…redditizie, le andavano un po’ strette, come si dice di un abito d’antan. Non bastava rinnovarsi, inventare nuovi prodotti, affinare all’estremo quelli più “antichi”. No, occorreva lanciarsi anche nel resto del mondo del vino, quello fermo, di qualità: bianco, ma soprattutto rosso.
Alessandro Lunelli e l'enologo Luca d'Attoma
Ed ecco nascere a poco a poco le Tenute Lunelli, caratterizzate dal logo della luna colta nelle sue tre fasi principali: montante, piena e calante. Chiaro il gioco semantico, ma al di sotto, magari inconsciamente, fa capolino il sottile gioco della malinconia che spesso suscita in noi la vista dell’astro lucente. Perché la complessità (quando c’è) di un vino rosso sovente suscita sentimenti più complessi della gioia che danno le bollicine, anche le più seriose. C’è il momento analitico (che non è mai solo tecncio), magari una perplessità iniziale che si dirada dopo qualche minuto di riposo del vino nel bicchiere, poi la soddisfazione quieta, se tutto va bene. Anche esaltazione, certo: ma in questo caso è più la componente alcolica a manifestarsi, che non l’intelligenza del sentimento.
E per ora sono tre le “lune”, cioè le tenute dei Lunelli: Margon in Trentino, Podernovo in Toscana e Castelbuono in Umbria.
Una bella occasione per assaggiare e confrontare alcuni vini delle tenute si è avuta all’ultimo congresso di Identità Golose, che si è tenuto a Milano fra il 23 e il 25 marzo.
A ragionare su sei vini in degustazione, Alessandro Lunelli, quarantenne figlio di Mauro, enologo della Ferrari/Lunelli fino a non molti anni fa. Lui, il figlio, nell’organigramma di una famiglia di fratelli e cugini, padri e zii votati al vino, è responsabile appunto delle tenute vinicole. Al suo fianco, il winemaker Luca D’Attoma, consulente di tante cantine note.

S’inizia con la Tenuta Margon, che prende il nome dalla Villa cinquecentesca di Ravina, a pochi km da Trento, intorno alla quale, a un’altitudine compresa fra i 350 e i 600 metri, si estendono le vigne di Chardonnay e Pinot nero, un terroir caratterizzato da forti escursioni termiche, garanzie di aromi e profumi. Qui nascono due bianchi e un rosso: Villa Margon, Pietragrande (Chardonnay con un 20% di Sauvignon)  e il Pinot nero Maso Montalto.
Villa Margon Chardonnay Trentino Doc 2016 Primo banco di prova degli enologi della Ferrari sui vini fermi, da ormai vent’anni è una sicurezza: se si vuole trovare un bianco di struttura e armonia, qui
si va sul sicuro. Le viti crescono su terreni in grossolana (sabbia e scheletro); la vendemmia 2016 è stata favorita da un inverno mite, seguito da un periodo più variabile e una piena estate stabile di bel tempo. La maturazione del vino è avvenuta parte in acciaio e parte in botti di legno di diverse dimensioni per quasi un anno, l’affinamento in bottiglia per ulteriori 10 mesi.
È una dimostrazione di ciò che intende Alessandro Lunelli quando insiste sul suo “mantra”: ricerca dell’armonia ad ogni costo nei vini; nessuna nota squillante, un insieme eufonico, pur variegato. Colore giallo piuttosto intenso. Profumo fragrante, con note prevalenti di pompelmo, un po’ di mela. In bocca, elegante e fruttato, citrino e ancora qualche richiamo al pompelmo. Prezzo: 14 €.

Tenuta Podernovo
Dalle Alpi al cuore della Toscana, il borgo di Terricciola nelle Colline Pisane. La tenuta è su un poggio vitato a 30 km dalla costa e a una cinquantina da Bolgheri. La cantina è stata realizzata nei primi anni 2000 senza alterare la morfologia locale; accanto a essa un complesso mirabile di edifici rustici del 18° secolo, restaurati e trasformati in appartamenti per le vacanze. I terreni su cui insistono le vigne di sole uve rosse sono sabbiosi e ricchi di depositi fossili (gusci di ostriche). Dal 2012 tutti i vini sono riconosciuti biologici. Si è puntato fin dall’inizio sul vitigno Sangiovese, integrato da Cabernet e Merlot, ma poi…si è finiti nel Cabernet in purezza. E non nel Cabernet Sauvignon, ma nel Franc! Così l’Aliotto è un uvaggio di Sangiovese con Cabernet, Merlot e altre uve locali, che fa un anno di barrique. Seguono Il Teuto e l’Auritea.
Teuto Costa Toscana Igt 2015  Annata reputata eccellente il ’15, con inverno poco piovoso, mesi estivi caldi di giorno e freschi di notte. Vendemmia a ottobre di buonissima qualità. Il Teuto è composto da un 65% di Sangiovese, 30% di Merlot e 5% di Cabernet Franc (“una spruzzatina di tannini”). Uve selezionate seguendo un programma di agricoltura di precisione. La maturazione dei vini avviene in modo diverso: il Sangiovese sta in tonneaux (500 litri) e botti grandi per 18 mesi, Merlot e Cabernet in barrique. Affinamento di sei mesi in bottiglia. Colore rosso rubino, aromi di ribes, gelsi neri, poi di ciliegia. In bocca, succoso, elegantemente tannico, fine, anche leggermente speziato. Prezzo: 16 €.
Auritea Costa Toscana Igt Cabernet Franc 2015  Da sole uve Cabernet Franc del vigneto Olmo, che si trova sul lato orientale della collina di Podernovo. I terreni di medio impasto sono limoso-argillosi, ricchi di conchiglie fossili. Il vino matura 18 mesi in barrique e almeno un anno in bottiglia. Un rosso intenso nella cui fattura è entrato a piene mani l’enologo D’Attoma, che ha individuato terreno e microclima più che adatti per lo sviluppo di un Franc di cui si potessero smussare con profitto la tannicità grazie all’uso sapiente del legno. E in effetti, l’Auritea risulta di un rubino profondo già allo sguardo; al naso, intenso con sentori che spaziano tra il ribes nero e il cacao, inframmezzati dal rosmarino e seguiti da un accenno balsamico. In bocca, con qualche sorpresa, tannini sì, ma morbidi; la struttura è elegante, la sapidità ben viva. Poche migliaia di bottiglie. Prezzo: 55 €.

Tenuta Castelbuono. Dal ventilato e marino retroterra toscano al cosiddetto polmone verde d’Italia, l’Umbria. Verde sì, ma, appunto, senza mare, con un clima spesso continentale. Siamo a pochi km da Bevagna, cittadina che ha conservato quasi intatto il suo aspetto medievale, rimanendo al di fuori dello sviluppo industriale della regione. Questa specie di solitudine ne ha fatto un simbolo concreto di civitasa misura d’uomo. Basta dare uno sguardo alla piazza Silvestri, irregolare eppure maestosa, quasi sublime, per capire come l’armonia possa anche nascere da un caos apparente di stili, tempi e storie che si mescolano. In questo contesto, in un terroir caratterizzato da belle vigne su colline dall’andamento dolce, i Lunelli avevano il problema di costruire una cantina per i loro vini, che non risultasse un freddo manufatto fuori contesto. Volevano che fosse anche un’opera d’arte. Si rivolsero così al famoso artista Arnaldo Pomodoro, che ne concepì l’esterno come una cupola, a forma e sembianze del carapace delle tartarughe e che venne chiamata proprio Il Carapace. Costruita in rame e quasi mimetizzata tra il verde delle colline, è incisa da crepe che ricordano i solchi della terra. Secondo il celebre critico d’arte e artista Gillo Dorfles: “un tempio rotondo al dio Bacco”.  Qui si producono quattro vini rossi, il Montefalco Ziggurat (il nome richiama la scala elicoidale interna alla cantina, in ricordo delle torri templari a gradini della Mesopotamia), il Montefalco Riserva Lampante, il Sagrantino Carapace e il Sagrantino passito, tutti, dall'annata 2014, biologici.
Lampante Montefalco rosso Riserva Doc 2015 Da terreni limo-argillosi, che resistono bene alle frequenti siccità estive, come quella che ha  caratterizzato il luglio 2015. Tuttavia la sanità delle uve è rimasta quasi perfetta, con una qualità ritenuta ottima. Le uve che compongono la cuvée sono per il 70% Sangiovese, 15% Sagrantino e per il resto Cabernet e Merlot, selezionate nei vigneti Le Fonti e Saraceno e raccolte a mano fra settembre e ottobre. Per la fermentazione si è fatta una premacerazione a freddo (a 12°) per 20 ore, per proseguire la fermentazione con temperatura massima di 28°. Poi i vini sono stati immessi nel legno di tonneau e botti grandi per 18 mesi. Affinamento successivo in bottiglia per un anno almeno. Il colore rosso rubino tende ormai al granato; al naso, ciliegia sotto spirito e violetta, spezie e mineralità. In bocca, serico ed elegante, equilibrato, persistente. Prezzo: 17,50 €.

Carapace Montefalco Sagrantino Docg 2010 2015  L’uva più tannica d’Italia (con l’Aglianico), in purezza. Da cui un grande vino come il Sagrantino di Montefalco, che non a caso un tempo si gustava soprattutto nella versione passita, perché quella secca era quasi imbevibile. Ma poi, negli anni ’90 del secolo scorso, c’è stata la rivoluzione di Caprai e da allora i produttori capaci sono cresciuti in accortezza e abilità sia nel lavoro in campagna sia in cantina. Oggi il Sagrantino è un piccolo grande vino vanto dell’enologia italiana. Piccolo in dimensioni (neanche 2 milioni di bottiglie), ma grande in qualità. Alla Tenuta Castelbuono non potevano che intitolarlo al Carapace, la cantina-scultura ideata da Pomodoro. Raccolta manuale delle uve in ottobre da vigneti di proprietà a Bevagna e Montefalco (terreni limo-argillosi, resistenti alla siccità estiva), con selezione delle migliori viti secondo il Progetto Patriarchi, in collaborazione con l’Istituto di S. Michele all’Adige. Solo botti grandi per la maturazione del Sagrantino, che dura due anni. Poi ancora almeno un anno in bottiglia. L’annata 2010 è stata caratterizzata da una primavera piovosa, estate caldo senza pioggia e quindi maturazione lenta delle uve. Lunga vendemmia, di 45 giorni, che ha permesso una maturazione fenolica completa. Annata calda anche il 2015, soprattutto in luglio. Ma l’inverno era stato piuttosto piovoso e comunque durante lo sviluppo vegetativo c’erano state piogge regolari e non intense. Risultato: uve sane al momento della vendemmia e qualità finale ritenuta ottima.
In effetti i due vini sono relativamente simili: nel colore il 2010 presenta già un’unghia aranciate sul rosso rubino intenso, ovviamente assente nel 2015. Al naso, la mora e il mirtillo del 2015 si volgono nella più paciosa confettura degli stessi frutti nel 2010 e precedono sentori simili di rosa e di ciliegia in acquavite. Al palato il 2010 ha tannini morbidi, una bella potenza, lunghezza e persistenza; finale soave su note di erbe officinali.
Il 2015, a parte il colore che è di un bel rubino luminoso, al naso fa avvertire le stesse sensazioni, ma meno accentuate. È già abbastanza morbido e di gran carattere, elegante, ma con qualche tannino che attende di levigarsi col tempo. Prezzi: 2010, sui 26 €; 2015, sui 23 €.
L'interno del Carapace, la Cantina della Tenuta Castelbuono
Info. Tenute Lunelli, www.tenutelunelli.it. 

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