domenica 2 ottobre 2022

Libri di carta / La cucina gastrofluviale di Massimo Spigaroli e la pizza modernista di Nathan Myhrvold. Dalla Bassa Parmense al...mondo

 


Due libri. In apparenza diversissimi. Come temi, come personaggi di riferimento. Come concezione. Però, però. Ambedue nascono in cucina, sia pure in cucine circondate da mille contesti diversi. E ambedue  riportano ricette studiatissime, molte semplici e calate nella tradizione alcune, più complesse e con uno o più tocchi di personale creatività, altre.

 

Lo chef, allevatore norcino gastronomo oste albergatore e scrittore dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense, sfodera finalmente il libro che da anni meditava, sul suo mondo, la sua vita, il suo territorio, i piatti, ancestrali e creativi. Ma rinuncia a scrivere in prima persona – e così il volume s’intitola Massimo

Massimo Spigaroli (ph Paolo Gepri)
Spigaroli, una mia idea di cucina gastrofluviale ed è firmato dall’amico Luigi Franchi (direttore della rivista sala&cucina). 

L’altro libro è...una traduzione dall’americano. In tre volumi, tutti incentrati sul cibo italiano più famoso nel mondo: la pizza. Modernist Pizza l’ha intitolato Nathan Myhrvold, fondatore di Modernist Cuisine a Bellevue (presso Seattle, nello stato di Washington, Usa), grande laboratorio di sperimentazione, nonché sede di studi fotografici e casa editrice; l’ha scritto, dopo oltre quattro anni di ricerche sul campo, in gran parte del mondo, assieme all’head chef Francisco Migoya

Un’americanata sulla pizza? Nient’affatto, al contrario è probabilmete il libro definitivo sull’argomento, che spazia dalla tradizione napoletana a quelle...mondiali, dalle innovazioni più azzeccate o (apparentemente) strampalate, all’utilizzo di nuovi ingredienti, ma pur sempre di qualità.

Nathan Myhrvold

Il libro di Spigaroli, presentato significativamente qualche giorno fa nei locali dell’Accademia Gualtiero Marchesi di Milano (www.accademiamarchesi.it)  – lui e il Divin Maestro erano diventati reciprocamente estimatori e amici negli anni – è, almeno in parte, un classico volume di ricette (con belle foto di Paolo Gepri e Paolo Picciotto), chiare, precise e non arzigogolate, che occupano la seconda parte del volume. Ricette della tradizione, di quando Massimo, ragazzo, tornato a casa da scuola si metteva in cucina ad aiutare la zia Emilia, fino ad arrivare a quelle ispirate agli stage in grandi cucine europee, da lui poi rilette con creatività e soprattutto valorizzando gli ingredienti del suo territorio: la Bassa Parmense, terra del Culatello ma anche di pesce di fiume, verdure, carni (maiale e animali da cortile, soprattutto). “La materia prima che uso è per l’80% del territorio, ma per il 20% del resto del mondo, perché è importante valorizzare le tradizioni ma poi bisogna sapersi confrontare con tutti”, spiega Spigaroli.

Alain Ducasse, nella significativa prefazione che ha concesso all’amico Massimo, ragionando sul mestiere del cuoco (“non lo si nasce, si diventa”), dà testimonianza  della storia familiare, dei segreti della Bassa riportati alla luce dal protagonista, degli sforzi per rilevare, con il fratello Luciano, il trecentesco castello abbandonato dell’Antica Corte Pallavicina  (l’unico lungo il corso del Po), oggi Relais con cantina di maturazione dei salumi, ristorante stellato, osteria del maiale e camere fascinose. E, ancora, della valorizzazione del Culatello e della reintroduzione del quasi estinto Suino nero di Parma. 

Dei 60 piatti raccontati minuziosamente (magnificamente fotografati da Picciotto), Ducasse cita alcuni come esempio di quella cucina gastrofluviale così cara a Spigaroli: Le Coscette di rana leggermente dorate all’aglio e prezzemolo su crema di patate novelle; Il Maialino con la cotenna croccante. E, omaggio ai suoi avi: La Faraona ricoperta di Culatello, cotta nell’argilla del Po con verdure glassate (ricetta di famiglia del 1842!); nonché la Pera ripiena con zabaione (ricetta della madre). 

Ravioli di cappone con anguilla e
gambero di fiume (ph. Paolo Picciotto)
Il resto del libro (ossia la prima parte) è il racconto di Luigi Franchi sul Cuoco Paisan, con le testimonianze di alcuni “uomini (e donne) illustri”, da Franco Maria Ricci all’allora principe Carlo, da Luigi Veronelli a Massimo Alberini, da Carlo Petrini a Gualtiero Marchesi, da Anthony Bourdain a Licia Granello, da Depardieu a Robert De Niro...

Ma c’è nel volume un Massimo Spigaroli in prima persona? Sì, in una breve prefazione, scritta di getto nella cucina della Corte la sera del 27 marzo 2022 e dedicata ai genitori ormai scomparsi, mamma Enrica e papà Piren: rievocativa e commovente il giusto, ma senza particolari compiacimenti, solo velata  da una vena di tristezza incantata, che prende un po’ tutti coloro che si recano fra le golene del Po alla vista della nebbia che si espande lentamente ancor’oggi sulle campagne della Bassa Parmense.       

 

Modernist Pizza.  Tre volumi più un manuale di ricette. Oltre 3700 foto e un migliaio di ricette giustificano il prezzo di 375 € del cofanetto? Vediamo. Il team guidato da Nathan Myhrvold e Francisco Migaya ha assaggiato circa 800 pizze in giro per il mondo, a cominciare dall’Italia (e da Napoli), visitando in quattro anni 250 pizzerie negli Stati Uniti, Argentina, Brasile, Europa, Giappone. Poi ne hanno cucinate 12mila, per prova, in laboratorio a Bellevue, eseguendo circa 500 esperimenti con farine, altri ingredienti  e tecniche diverse, anche adatte al forno casalingo. Infine ne hanno scritto 1700 pagine.

Qualche altra curiosità. 

Le pizze più costose ($$$) e le più economiche ($). Prezzi equiparati al dollaro (o in euro).

In Brasile. $$$Camarão com catupiry (Gamberetti con formaggio cremoso-quasi maionese, 28,13 USD) della Pizzaria Bruno Largo Da Matriz di San Paolo;  

$: Ed. Martinelli (3,45 USD) della Forneria Urbana di San Paolo.

In Italia$$$60 Grammi (90 €), di Sirani di Bagnolo Mella (BS);

$Margherita (4 €), Pizzeria Gino Sorbillo di Napoli.

In Giappone$$$Meatzza (36,20 USD)  di DevilCraft di Tokyo;

$Margherita e Marinara (13,63 USD) del Savoy di Tokyo.

Negli Stati Uniti$$$Tartufo nero (55 USD) di Marta di New York;

$Margherita [6-in/15 cm] (6 USD) di Aurelio’s Pizza di Chicago.

 

Lo stile più diffuso nel mondo è quello della pizza napoletana. Fra le non poche eccezioni, spicca lo stile Detroit, collegato immaginariamente alla tradizione dell’industria automobilistica: l’impasto viene steso su una teglia rettangolare di acciaio al carbonio blu, in origine progettata per contenere i pezzi della catena di montaggio! La salsa di pomodoro viene messa sopra il formaggio (Brick del Wisconsin, che a contatto coi bordi della teglia forma un anello croccante), prima o dopo la cottura. Gli autori consigliano “vivamente” di usare la loro salsa olandese al posto di quella di pomodoro, “una combinazione rivoluzionaria che potrebbe farvi riconsiderare le vostre certezze su quale sia la salsa migliore per questo tipo di pizza”. 

Pizza funghi, formaggio Comté,
Parmigiano e tartufo nero

E la, per noi almeno, famigerata pizza all’ananas? Myhrvold racconta che a Buenos Aires, in Argentina, nonostante le origini italiane (e spesso campane) di una parte della popolazione, la pizza Margherita è quasi introvabile, mentre trionfa quella all’ananas, con un anello del frutto posato sulla superficie e una grossa oliva nel centro. Gusto agrodolce, salato-dolce quindi, diffuso in Asia e in fondo anche in Italia in piatti come il lesso o i formaggi con la mostarda...Ne fa una versione personalissima anche il famoso pizzaiolo casertano Franco Pepe nel suo locale Pepe in grani di Caiazzo: si chiama AnaNascosta ed è un cono di pasta fritta con dentro una fetta di ananas ghiacciato, chiusa in una fetta di prosciutto crudo, il tutto ricoperto con fonduta di Parmigiano e polvere di liquirizia.

E così via enumerando scoperte e insegnamenti, esempi di ricette rivisitate, aneddotica sui vari stili  e preferenze in molte città del mondo E, ancora, storia della pizza dagli Usa (prima ricetta nel 1927) all’Italia, al resto del mondo. Curiosa apprendere che la prima ricetta scritta in francese (per altro di una pizza napoletana) risale al 1875, la prima in inglese al 1898, mentre la prima in italiano risalirebbe solo al 1904 (ma in realtà sembra che una ricetta della “vera pizza napoletana” sia comparsa in un trattato del 1858 edito a Napoli). La pizza partenopea ha un suo posto di grande rilievo, con dettagli, dritte, regole e caratteristiche che in molti non conoscono neanche nella stessa città di Eduardo, e con una guida alle pizzerie che in città sono più di 800.

Insomma tra volumi, anzi quattro con le ricette riordinate nel manuale, dettagliati, minuziosi, in cui viene sviscerata tutta l’arte - con i suoi segreti e trucchi (svelati o scoperti grazie ai molteplici esperimenti di cucina) - di fare la pizza, scegliendo i migliori ingredienti per qualità e le cotture più azzeccate. 

Una vera e propria bibbia della pizza, che non dovrebbe mancare sul capezzale (ampio) di ogni buongustaio e pizzaiolo.

 

Info. Luigi Franchi, Massimo Spigaroli, una mia idea di cucina gastrofluviale, prefazione di Alain Ducasse, 224 pagine (formato 23x34 cm, copertina cartonata con custodia), Multiverso Edizioni, (www.multi-verso.it ), 52 €.

Nathan Myhrvold e Francisco Migoya, Modernist Pizza, prefazioni di Enzo Coccia e Tony Gemignani, 1708 pagine, 3700 foto in 3 volumi e un manuale, 1016 ricette (formato 34x28x16 cm, in cofanetto in acciaio), The Cooking Lab (modernistcuisine.com), 375 €.

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