Camminare sulle acque non è facile. Però ci riuscirono Cristo (Gesù), Simon Pietro, Horus (altro dio ma della mitologia egizia), Orione, figlio di Poseidone (mitologia greca) e diversi personaggi della tradizione indù e buddista. Ai tempi nostri, Christo (Vladimorov Yavachev), uno degli dei viventi della nostra epoca, in quanto artista “visionario” di fama mondiale, è riuscito a modo suo a far camminare migliaia di persone sulle acque del Lago d’Iseo, tramite l’installazione delle Floating Piers, le passerelle galleggianti arancion-cangianti, stese fra Sulzano (terraferma), l’isola di Monte Isola e l’isoletta di San Paolo (foto sopra) dominata dal villone dei Beretta, quelli della famosa pistola e di altri, ancor più letali, armamenti.
La bella (non)notizia è che
fino al 5 luglio si può ancora andare a farsi qualche km sotto il sole o la
pioggia, lungo le suggestive ancorché affollate passerelle. La brutta, che non
è più possibile passarvi la notte, camminando o dormendoci in sacco a pelo,
perché il Prefetto e (o?) gli organizzatori hanno decretato la chiusura
notturna. Mettendo così in disperazione controllata chi aveva programmato,
anche a scopo di lucro, visite al chiar di luna con corollario di cene,
degustazioni, colazioni mattiniere e quant’altro, come, per esempio, la maison
di spumanti pregiati La Montina, che aveva organizzato la serata-nottata del 29
alla modica cifra individuale di 250 euro.
Già, perché il Lago d’Iseo
segna il confine meridionale di quella piccola zona lombarda chiamata
Franciacorta, zona principe della spumantistica classica italiana. Il
Franciacorta è lo spumante che ha forse in Italia, nell’ambito delle bollicine tradizionali
il disciplinare più severo di produzione, e, nonostante i numeri non grandi del
business (15 milioni e mezzo di bottiglie vendute nel 2014, il 9% all’estero),
un prestigio nazionale e anche internazionale, indiscusso. Non che sia l’unico
territorio di rilievo in Italia: lo è anche il più vasto Trentino e, in tono
minore, anche l’Oltrepò pavese, più una serie di mini zone sparse qua e là per lo
Stivale, soprattutto al Nord. Il piccolo distretto della Franciacorta (comunque
2800 ettari vitati, 109 cantine associate, 19 comuni) dà luogo a eccellenze
produttive nelle varie tipologie bianco, Satèn, rosé e poi brut, extrabrut e pas
dosé sul lato della secchezza, extra dry, sec (dry) e demi-sec sul fronte della dolcezza.
Chiaro che il cuore del
Franciacorta è il brut, declinato come versione classica, millesimato e riserva
(gli ultimi due, frutto della vendemmia di un solo anno). Ma piano piano si fa
largo anche la tipologia più difficile per il largo consumo, finora “riservata”
a relativamente pochi “intenditori” o appassionati: quella del pas dosé (detta
anche dosage zero, brut nature), che si identifica con uno spumante assolutamente
secco, perché rabboccato alla fine del lungo procedimento di presa di spuma non
con la
cosiddetta liqueur d’expédition (miscela di vino, alcol e zucchero) ma
con il medesimo vino della bottiglia, nature.
A pensarci bene è lo
spumante metodo classico più autentico, più naturale, anche se la tradizione
del brut (più o meno secco, mai secchissimo) è lunga.
Tanto più interessante
quindi è risultata la degustazione organizzata dal franciacortino Villa, che ha
dato poi il la, nel pomeriggio, alla camminata sulle acque, una volta levatisi
al cielo i fumi alcolici del tasting.
Protagoniste, nella località
di Monticelli Brusati - dove ha la
sua sede, la cantina-agriturismo Villa
Franciacorta (con belle camere in un borgo antico del ‘600, sparso fra le
vigne, con piscina) - dieci annate di
Diamant Pas dosé millesimato, uno degli spumanti di punta fra le 300mila
bottiglie vendute ogni anno. Veramente d’élite, la produzione del Diamant, che partita
col millesimo 1999 (sotto il nome di Cuvette Pas dosé) con 2mila pezzi, sfiora i
10mila solo con l’ultima annata, la 2010. Già, perché l’affinamento sui lieviti
dura almeno quattro anni. La cuvée del Diamant è composta per l’85% da
chardonnay e per il 15% da uve pinot nero, con una metodologia di coltivazione
che si sta approssimando a quella biologica. I suoli, collinari, sono
argillosi, marnosi e ricchi di fossili marini. Il vino è sottoposto anche a un
passaggio in barrique prima della presa di spuma. Insomma, tutto concorre a un
risultato importante al termine della lunga maturazione nelle labirintiche
cantine di Villa, scavate nel ventre della collina Madonna della Rosa.
Si sono degustate dunque le
annate dal 1999 al 2003 e poi dal 2005 al 2008 e la 2010. Ne mancavano quindi
due (2004 e 2009) per la sequenza completa, irrealizzate perché ritenute
qualitativamente non all’altezza. Indice anche questo di serietà produttiva.
È bene non farsi stupire
troppo, nel mondo dello spumante classico e dello Champagne dall’anzianità della data di vendemmia.
Quello che conta è semmai la data della sboccatura, quando i lieviti esausti
vengono espulsi avendo esaurito il loro compito e ogni bottiglia viene
riabboccata con la liqueur d’expédition o con vino dello stessa vendemmia (nel
caso dei Pas dosé).
Anche così i campioni degustati (da bottiglie assolutamente normali e non preparate apposta per l’occasione) erano belli vecchiotti, per essere delle bollicine…Il 1999, ad esempio, è stato degorgiato nel 2003 e dunque si era in presenza di uno spumante di ben 13 anni. A mano a mano che l’annata era più giovane, la data di sboccatura era stata posticipata. Dal 2003, a 5 anni di permanenza sui lieviti, per il 2007 e 2008, a 7 anni, mentre la 2010 ha fatto 6 anni.
Anche così i campioni degustati (da bottiglie assolutamente normali e non preparate apposta per l’occasione) erano belli vecchiotti, per essere delle bollicine…Il 1999, ad esempio, è stato degorgiato nel 2003 e dunque si era in presenza di uno spumante di ben 13 anni. A mano a mano che l’annata era più giovane, la data di sboccatura era stata posticipata. Dal 2003, a 5 anni di permanenza sui lieviti, per il 2007 e 2008, a 7 anni, mentre la 2010 ha fatto 6 anni.
I degustatori (giornalisti
del settore, soprattutto), dopo aver discusso le sensazioni provate con i
titolari dell’azienda Villa, Alessandro Bianchi, la figlia Roberta e suo marito
Paolo Pizziol (foto sotto), e con Andrea Galanti, miglior sommelier 2015, hanno anche assegnato
dei voti (in centesimi) ai campioni. Ne è uscita una classifica informale, che
vale però la pena di riportare, almeno per le prime posizioni.
1a l’annata 2000 (allora il Pas
dosé era dell’etichetta Cuvette, solo in seguito è stato riservato
all’etichetta Diamant). In vigna, annata giudicata eccezionale per la perfetta
maturazione delle uve, con gradazione oltre la media, ma con giusta acidità. Al
naso: floreale spinto, frutta secca, spezie delicate ma pungenti, finale
salmastro. In bocca: cremoso e setoso, sapido, con sentori di frutta
sciroppata, agrumi, mela cotta, panettone. Media
voti degustatori: 90,43. Il mio voto: 93.
2a l’annata 2006. Estate calda
e asciutta, ma poi piogge nella giusta misura per raccogliere uve perfette dal
punto di vista sanitario, con giusto contenuto di zuccheri e acidità adeguata
per ottenere una bella concentrazione di componenti aromatiche. Al naso:
floreale, con aromi di macchia mediterranea, gelsomino, minerale delicato
(pietra focaia). In bocca: scorrevole, agrumato, sentori di nocciola, in
evoluzione. Media voti degustatori:
89,79. Il mio voto: 90.
3a l’annata 2008. Anche questa
un’ottima vendemmia, nonostante la primavera piovosa e le basse temperature.
Una delle migliori per gli spumanti di Franciacorta. Naso: fruttato, in
evidenza gli agrumi, poi fiori bianchi delicati, ancora, pietra bagnata, crosta
di pane, vaniglia. In bocca: irruente, sapido, dona salivazione quasi pungente,
poi sentori verdi, basilico, mentuccia.
Media voti degustatori: 89,36. Il mio voto: 90.
Meritava di più, secondo me,
il 2007: buona annata, ma raccolta
anticipata, per l’impennata delle temperature in luglio. Poi sette anni sui
lieviti. Un perlage luminoso, profumi di frutta candita, vaniglia, con note di
agrumi e di fiori delicati, con un finale sommessamente minerale. In bocca,
cremosa, sapida, ampia, lunga; lievemente acidula con promessa di evoluzione
nel tempo.
Conclusione. I buoni vini
(allevati e seguiti con cura maniacale) invecchiano bene, ma anche quelli
ritenuti giovani, possono esprimere non solo grandi potenzialità, ma realtà già
accattivanti.
Monticelli e nuvole: W Villa!
Monticelli e nuvole: W Villa!
PS. Fonti: Messico e nuvole, cantata da Enzo Jannacci, 1970; W Villa!, film messicano di Jack Conway, 1934; Monticelli, parte del nome
del comune di Monticelli Brusati.
Info. Villa Franciacorta, via Villa 12, fraz. Villa,
Monticelli Brusati (Brescia), tel. 030.652329, www.villafranciacorta.it.
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