giovedì 6 febbraio 2014

Rossi d'inverno / Dall'Alto Adige alla Toscana, 5 storie di vino: Lagrein, Barolo, Ghemme, Carmignano e Ormeasco



Sono 300, son giovani e forti e belli vivi i contadini viticoltori della Cantina Tramin  di Termeno (Bz). Lavorano 250 ettari di terreno vitato non solo a Termeno ma anche nei vicini paesi di Ora, Egna e Montagna. È grazie alle loro uve che Willi Stürz  (già premiato come enologo dell’anno 2004) riesce a creare vini d’eccezione, primi fra tutti le selezioni di Gewürztraminer Nussbaumer e Terminum, quest’ultima una vendemmia tardiva. Ma non certo ultimo, l’eccellente Lagrein Urban, un rosso di carattere, dai quasi prepotenti sentori di frutti di bosco, corposo, sapido, di gran soddisfazione al palato. Le uve, con una resa molto bassa (50 hl per ettaro), vengono dalle zone di Egna e Ora, da vigne che in gran parte raccontano oltre cent’anni di storia. Il mosto passa dai fusti di rovere alle barrique e poi ancora a maturare lentamente in grandi botti di legno. Dopo 14 mesi viene imbottigliato e si affina nel vetro ancora un anno prima di essere messo in vendita. Certo, va bene con selvaggina e formaggi stagionati, ma anche con minestre saporite e, a sorpresa, con pizze allo speck e persino con friarielli e salsicce, purché cotte nel forno a legna, comme il faut.
Lagrein Urban 2011, 22 €. www.cantinatramin.it


Chiedo scusa se una volta tanto scrivo in prima persona e parlo di fatti personali. Sto leggendo il bel libro di Luigi Borgomaneri Lo straniero indesiderato e il ragazzo del Giambellino – Storie di antifascismi (Fondazione Isec-archetipolibri, 22 €). Un ragazzo del quartiere Giambellino di Milano (quello della famosa canzone di Gaber, La ballata del Cerutti), negli anni Quaranta se ne va in
montagna per partecipare alla resistenza. Qui incontra un comandante partigiano italo-tedesco, nato e vissuto in Germania (ma figlio di un italiano), poi trasferitosi in Italia, antinazista da sempre, che ha salvato centinaia di persone dalla deportazione nei campi di sterminio e compirà imprese audaci contro gli invasori. Un fegataccio, un uomo di cuore, ma un irregolare, restio a ogni parrocchia, un personaggio che prima di tutto pensava con la propria testa. Una storia sconosciuta, raccontata senza fronzoli e retorica e anzi con uno sguardo critico verso le concezioni oleografiche di quella lotta, pur sacrosanta.

E leggendo mi è venuto in mente di aver provato pochi mesi fa, uno dei non pochi eccellenti Barolo di casa Borgogno: Resistenza. Nome strano per un vino. Ma c’è un perché. La Borgogno è una cantina antica, risale al 1761. È nota per la qualità costante dei suoi vini, tanto che nella sua sede di Barolo (Cn), si possono acquistare bottiglie a partire dall’annata 1961, con la fondata speranza di poter assaggiare vini ancora straordinari. Resistenza è un’etichetta recente. È stata dedicato dai proprietari Farinetti al padre e nonno, il partigiano Paolo Farinetti, divenuto poco più che ventenne comandante della Brigata Matteotti “Fratelli Ambrogio”. E negli anni Sessanta, fondatore dei supermercati UniEuro, chiamati così in onore di Altiero Spinelli e delle sue speranze per un’Europa unita. A chi piace l’epigrafe di Piero Calamandrei per Duccio Galimberti, che termina con le parole; “ora e sempre RESISTENZA”, non dispiacerà certo anche questo commovente Barolo, evocatore di tempi andati e foriero di ammonimenti per il futuro. Anche per le sue intrinseche qualità.

Resistenza nasce da una selezione delle migliori vigne di Barolo, passa quattro anni nel legno delle botti più grandi della cantina, fino a farsi complesso ed elegante, pur mantenendo una sua esplosività in bocca. L’annata 2007, sui 35 € la bottiglia. www.borgogno.com


Non compare su alcuna guida enologica, la Lorenzo Zanetta, anche se lo meriterebbe. Certo, la cantina non ha niente di affascinante, tutto è in funzione del prodotto. Ma i vini, Sergio e Valter Zanetta, che festeggiano nel 2014 i vent’anni dell’apertura a Sizzano (No), li sanno fare e bene. In particolare, quelli che derivano dei loro vigneti di proprietà o le cui uve sono conferite da viticoltori di fiducia del territorio circostante, le Colline Novaresi. Piccole quantità, ma vini molto buoni, non di rado
eccellenti. L’uva principale è il nebbiolo, quello che ha dato la celebrità alle bottiglie di Langhe e Roero, a cominciare da Barolo e Barbaresco. In unione ad altre locali come vespolina, bonarda, uva rara. I vini spesso prendono il nome dai paesi: si chiamano Gattinara, Boca, Ghemme, Sizzano, Fara, o anche Colline Novaresi Nebbiolo.  Zanetta produce anche un fragrante spumante rosé, rigorosamente  da uve nebbiolo (uno charmat lungo, che si forma in 10 mesi di autoclave). Fa parte della linea di maggior prestigio, la Monsecco. Come del resto i migliori Ghemme Docg e i Sizzano Doc. Una verticale di questi due ultimi vini, che spaziava dal 1998 al 2006 per il Ghemme e dal 2003 al 2009 per il Sizzano, ha permesso di constatare la freschezza mantenuta dei vini più vecchi e le doti di rotondità ed eleganza di tutti questi rossi di razza, nel quadro di una giusta tannicità, che ne consigliano l’abbinamento con piatti come il risotto allo stesso vino Ghemme con pancetta speziata, il cappello del prete su sformato di polenta o i Gorgonzola, dolce e piccante, di Palzola. Ghemme Monsecco 2007, 14 €.  www.monsecco.it, www.zanettavini.it

Il Carmignano è a tutti gli effetti il progenitore dei Super tuscan, quei grandi vini toscani nel cui mix, oltre al Sangiovese, si prese ad aggiungere vini francesi (ovviamente da vigne coltivate sul territorio) come Cabernet e/o Merlot. Ebbene a Carmignano, già nel Seicento si utilizzava, assieme al sangioveto, l’uva Francesca, cioè francese, alias cabernet sauvignon. Non è quindi un’innovazione ultramoderna il diciplinare della Docg Carmignano, anzi è basato su una tradizione molto antica: contempla, oltre a
Villa La Ferdinanda
sangiovese e canaiolo, anche la presenza di cabernet franc e/o sauvignon sino al 20% e altre uve come il syrah. La Fattoria di Artimino (che è parte di Artimino Resort, una tenuta di 732 ettari che annovera sul suo territorio la famosa Villa Medicea La Ferdinanda, l’hotel Paggeria medicea, un ristorante, terreni coltivati a vigneto e uliveto, un borgo antico) produce tutti i vini a denominazione tipici della zona: i Docg 
Carmignano e Chianti, i Doc Vin Ruspo e Barco Reale, l’ottimo Vin Santo. 

Il fiore all’occhiello è senz’altro II Carmignano Riserva Vigna Grumarello: prende il nome da un appezzamento vitato di 1,50 ha, che dà luogo a circa 7500 bottiglie per anno.  È un blend particolarmente azzeccato di sangiovese, cabernet sauvignon, merlot e syrah, che matura per 2 anni in grandi botti di rovere per poi passare nelle piccole barrique e quindi affinarsi ulteriormente per 12 mesi in bottiglia. Fruttato, ampio con sentori speziati, rivela in bocca una bella struttura, sapore carnoso, ma morbido e armonico. Sulla ribollita, cacciagione, carni rosse, formaggi stagionati e, con qualche anno di invecchiamento in più, da provare sul cioccolato fondente. Il 2008 costa 15,50 € la bottiglia. www.artimino.com


Coniglio tra panissa e carciofi,
piatto del Quokika: perfetto abbinamento
con l'Ormeasco Braje di Lupi (sotto)

La Liguria è terra di piccoli, grandi vini, dall’inarrivabile Sciacchetrà ai bianchi Vermentino e Pigato. Ma anche di rossi: due denominazioni si contendono la palma del migliore, tutt’e due a Ponente: il Rossese di Dolceacqua e l’Ormeasco di Pornassio. Quest’ultimo ha alla base il vitigno dolcetto, ma a differenza di quello piemontese, è un dolcetto di montagna, di solito più austero e importante di quello dei “cugini”. 


Un produttore d’eccellenza di questo vino è Casa Lupi di Pieve di Teco (Im). Il suo titolare Massimo Lupi ci sa fare – eccome – anche con Vermentino e Pigato. Il suo Vignamare, Pigato delle Colline savonesi, fermenta parzialmente in barrique, poi il vino giace sui suoi lieviti per due anni. Ho avuto l’opportunità di assaggiarne una bottiglia dell’annata 2000 (!) nella sede di Imperia dell’originale scuola di cucina Quokika (www.quokika.it), guidata dal bravo chef Renato De Marco: il Vignamare era ancora fresco e pieno di fascino, con bei sentori minerali, di grande eleganza, una meraviglia. Ma stupisce quasi altrettanto, l’Ormeasco Braje, fiore all’occhiello aziendale. Le uve provengono da un vecchio vigneto (circa 60 anni). Il vino matura 24 mesi, per 2/3 in acciaio e per 1/3 in barrique. Il 2011 assaggiato è ancora giovane, ma di grande stoffa: si percepiscono sentori di piccoli frutti e di spezie, in bocca, avanza la morbidezza, ma i tannini ancora scalpitano, in attesa di essere arrotondati dall’età. O da un abbinamento conveniente col cibo: arrosto di vitello, coniglio in umido, piccione ripieno, arrosticini. 

Ormeasco di Pornassio Superiore Braje 2011, 15 €. www.casalupi.it



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