giovedì 10 ottobre 2013

Se il vino ha i piedi d’argilla: Barricoccio o barrique? Anfora o botte?


I Barricocci, piccole botti di terracotta della tenuta Rubbia al Colle.
“Argilla contro legno. Novità contro tradizione”. Con questo slogan i responsabili della Tenuta di Rubbia al Colle che fa parte dell’Arcipelago Muratori, promuovono un originale incontro nella sede della loro cantina, a Suvereto (Livorno). Il 15 ottobre si discuterà dunque di materiali in cui “costruire” il vino, dall’antichissima argilla - tornata di moda negli ultimi anni con giare, anfore e il Barricoccio inventato da Francesco Iacono (l’enologo che guida l’azienda Muratori) - al legno, all’acciaio, al vetro.
L’incontro sarà, si spera, tanto più intrigante in quanto vedrà quattro protagonisti della nouvelle vague dell’argilla a confronto. Iacono parlerà del Barricoccio, nome brevettato di un nuovo tipo di botte - una barrique d’argilla, vetrificata all’interno - e del vino affinato in quel contenitore: un sangiovese della Doc Val di Cornia Suvereto, del vigneto Rumpotino. 
Il Capasonato Primitivo di Manduria della Vinicola Savese (Sava, Taranto) sarà raccontato dalla
Capasonato, Vinicola Savese
famiglia Picchierri e farà riferimento alla tradizione italiana, e non solo georgiana quindi, dell’utilizzo di argilla. Questo vino infatti matura nel millenario capasone, un’anfora di circa 220 litri.
 


Pithos, di Cos
Giusto Occhipinti presenterà il Pithos rosso, Sicilia Igt, dell’Azienda Agricola Cos diVittoria (Ragusa); si tratta di un mix di nero d’Avola e frappato di Vittoria che fermenta in anfore da 400 litri. 

Elisabetta Foradori (dell’omonima azienda trentina) introdurrà il suo Teroldego Morei, Vigneti delle Dolomiti Igt, fermentato e affinato in tinajas, anfore spagnole di Villarobledo. Il confronto organolettico sarà guidato dal sommelier Luca Gardini. Non mancheranno naturalmente gli interventi di esperti come il professor Attilio Scienza e di giornalisti del settore come Pier Bergonzi, Luciano Ferraro e Alessandro Torcoli.
Morei, di Foradori




Propedeutico all’incontro, una degustazione informale e allargata, che Muratori ha fortemente voluto, inviando due bottiglie campione a sommelier, appassionati, degustatori o blogger: Argilla contro legno, appunto.
Ho partecipato a questo confronto in anteprima. Ed ecco le mie impressioni di degustatore non professionista.

I vini. Barricoccio e Vigna Usilio. Ambedue Sangiovese della Doc val di Cornia Suvereto, il secondo in purezza, il primo con un 10% di uva ciliegiolo. Le somiglianze finiscono qui.  
Le annate. Sono diverse, rispettivamente 2010 e 2007, differente anche la provenienza territoriale delle uve (sempre però nell’ambito della tenuta). 
I contenitori. Il Barricoccio, si affina nelle omonime barrique di terracotta per circa 18 mesi. Ma non c’è scambio vino/ossigeno, perché la piccola botte è vetrificata al suo interno. Il Sangiovese Vigna Usilio si affina in piccole e grandi botti di rovere per due anni. 

Barricoccio vs Vigna Usilio: terracotta contro legno senza vincitori né vinti

La degustazione. La differenza nel bicchiere è netta, anche per i palati meno esperti. Il Barricoccio è un vino fresco, giovanile, se non proprio di pronta beva, immediato nella sua sincerità, piacevole senza inganni, non granché complesso: certo, è sempre sangiovese, insomma un vino di carattere, ma abbastanza easy, che sprizza simpatia nel bicchiere. La domanda, forse brutale, è: al di là del fascino del contenitore (e del fatto apparentemente tecnico ma importante, di un minore utilizzo dei solfiti), non si sarebbero raggiunti gli stessi risultati con l’acciaio e/o con l’affinamento nel vetro della bottiglia, anziché nel vetro-argilla della barrique?
Vigna Usilio. Bel rosso vigoroso, in cui l’espressione tannica iniziale si evolve poi in bocca e soprattutto a tavola in una morbidezza aromatica ben delineata.
Due vini, insomma, piuttosto diversi, difficili da confrontare, nonostante la comune matrice viticola e territoriale. Ma con una nota in comune, la più importante: si bevono e ribevono con gusto, con vero piacere. Provare per credere.

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