giovedì 3 aprile 2014

VINITALY 3 / Appuntamenti, incontri, scoperte e novità


La Freccianera dei Fratelli Berlucchi. Era il nome di un fortunato sceneggiato tv degli anni Sessanta, con Loretta Goggi e Arnoldo Foà, tratto da un romanzo di Louis Stevenson, La freccia nera, appunto. Ritorna il nome, in tutt’altra veste, nella nuovissima bottiglia di Franciacorta Docg brut 2007, che darà presentata dalla F.lli Berlucchi (www.fratelliberlucchi.it) al Padiglione Lombardia, Area Franciacorta, stand D15. L’etichetta è stata concepita dal designer  già noto editoreFranco Maria Ricci, che si è basato su una sua etichetta “nera” del 1977,  l’anno del primo spumante millesimato in casa dei Fratelli Berlucchi. Ricorre la cifra 7 per questa bottiglia: la freccia passa dal 1997 al 2007, l’anno della vendemmia e, ancora, dopo 7 anni vanno sul mercato 7000 esemplari. Anche il contenuto è inusuale, per non dire eccezionale: si tratta di una cuvée per niente classica, che rispolvera nella sua composizione le uve di pinot bianco, utilizzate all’inizio dell’avventura dello spumante in Franciacorta, ma poi abbandonate quasi da tutti, che sono presenti per il 50%; l’altra metà è formate dalle più classiche chardonnay e pinot nero. In bocca, bollicine morbide e sapide, accompagnate da profumi balsamici, agrumati e da un leggero boisé.

Cinquant’anni di Livon. L’azienda di Dolegnano (Udine), con vigneti nel Collio e nelle Grave, ma anche in Toscana e Umbria (www.livon.it), festeggia il mezzo secolo presentando fra l’altro il suo Braide Alte 2011 in versione Salmanazar (9 litri): magnifico uvaggio di chardonnay, sauvignon, picolit e moscato giallo, che fermenta e matura in barrique per almeno otto mesi. Padiglione 6, stand B8.


I maestri dell’eccellenza secondo Civiltà del bere. Mercoledì 9 alla sala Argento del Palaexpo, Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere (www.civiltadelbere.com), guiderà un tasting (solo per invitati) dal titolo: I maestri dell’eccellenza. Dieci produttori prestigiosi con i loro vini di punta. Eccoli. Marisa Allegrini presenta La Poja 2000; Albiera Antinori, Tignanello 2004; Valentina Argiolas, Turriga 2008; Emilio Pedron, dei Bertani Domains, Amarone classico 2006; José Rallo di Donnafugata, Ben Ryé 2011; Marcello Lunelli, delle Cantine Ferrari, Giulio Ferrarri Riserva del Fondatore 1996; Gianfranco Fino, Es, Primitivo di Manduria 2012; Teresa Severini, della Lungarotti, Rubesco Riserva Vigna Monticchio 2007; Sandro Boscaini, di Masi Agricola,  l’Amarone Mazzano 1997; Priscilla Incisa della Rocchetta, Sassicaia 2010. Se vi par poco…


Marramiero diviso tra Inferi e Altare. La Marramiero (www.marramiero.it), azienda vinicola di Padiglione 12, stand E2.
Rosciano (Pescara) presenta le nuove annate dei vini a base di montepulciano d’Abruzzo, dall’eccellente Inferi a Incanto, Dama e Dante Marramiero, quest’ultimo commercializzato solo dopo 10 anni dalla vendemmia: attualmente si trovano i millesimi 1998, 1999, 2001 e 2003. E poi i bianchi tipici Anima, Altare e l’emergente Pecorino. Non mancano gli spumanti metodo classico a base di chardonnay e pinot nero. Ultima novità: il vino cotto Livia.



Uceline de la comare Mariuccia. La Cascina Castlèt di Maria Borio (a Costigliole d’Asti, www.cascinacastlet.com) ha il suo nucleo forte nel territorio e infatti produce eccellenti barbera d’Asti e del Monferrato, dal giovanile Goj alle più strutturate Litina e Policalpo, fino al grande “passito”  Passum. Ci sono poi un rosato, un bianco, un Moscato passito. E infine, un vino particolarissimo, che val la pena di mettere alla prova anche al Vinitaly, l’Uceline. Da un antico vitigno recuperato, l’uvalino, e dopo una ricerca scientifica durata oltre vent’anni, la Cascina Castlèt ha riportato in auge questo rosso, che non assomiglia a nessun altro vino. È asciutto, caldo, leggermente speziato, bello saporito. E, per di più, essendo ricco di resveratrolo “fa bene”. Più che sperarlo, ne siamo certi. Padiglione 10, stand F3.


Qualche Riserva sul Lugana. Comincia ad affermarsi la nuova tipologia del Lugana, il bianco della zona del Garda a base di uve trebbiano di Lugana o turbiana. Introdotta nel 2011 la qualificazione
Riserva impone di lasciar maturare il vino in cantina per almeno 24 mesi, prima di metterlo in commercio. Così il colore giallo paglierino si accende un poco, i profumi si fanno più complessi (emergono sovente la pietra focaia e il balsamico), mentre in bocca il vino diventa più sapido e “minerale”. Il Consorzio di tutela del Lugana Doc presenta le nuove riserve di 12 produttori presso il Palaexpo della regione Lombardia: stand A9. Si tratta di Avanzi Agricola, Cà dei Frati, Cà Lojera,  Feliciana, Marangona , Ottella, Perla del Garda, Provenza, Selva Capuzza, Tenuta Roveglia, Zenato e Le Morette. Quest’ultima, lunedì 7 alle 13 presenta la sua Riserva abbinadola a un piatto del ristorante Vecchie Malcesine, Sottacqua, a base di pesce di lago. Sempre al Palaexpo, area Lugana, stand D10/D11.



Fra i due “litiganti” i De Prà godono. E godranno anche gli ospiti delle due maison rivali che lunedì 7, dalle 12 alle 15, potranno assaggiare le loro preparazioni gastronomiche. Riccardo De Prà è lo chef del ristorante di famiglia, il Dolada di Plois in Pieve d’Alpago (Bl). Enzo è suo padre, per lunghi anni alla guida del locale di famiglia, che ha anche sette belle camere e vanta una longevità invidiabile della stella Michelin.

Per Col Vetoraz (www.colvetoraz.it) Enzo offrirà due simboli della tradizione contadina, il salame d’Alpago e il pane lavorato con lievito madre e cotto in forno a legna, preparati con le sue mani. In abbinamento, il Valdobbiadene Prosecco superiore Docg dry millesimato. Padiglione 6, stand C5.
Riccardo proporrà i suoi nuovi “pasticcini” salati, da Mionetto (www.mionetto.com), in abbinamento con Valdobbiadene Prosecco superiore Docg millesimato Rive di S. Stefano. Padiglione 4, stand B3.

La vigna più antica del mondo. Si chiama Versoaln e si trova a Prissiano, in Alto Adige. È a 600 m. di quota e il suo pergolato si estende per una superficie di oltre 350 mq. È stato accertato scientificamente la sua età: circa 350 anni, è dunque la più grande e probabilmente le più vecchia vite del mondo. Da essa si ricava un vino fruttato, finemente strutturato e di leggera acidità. Lo si potrà assaggiare presso lo stand della Cantina Laimburg (www.laimburg.it). Padiglione 6, stand B1.



Dal ribes al cacao. L’ultimo nato della Cantina di San Michele Appiano (www.stmichael.it) si chiama De Piano. L’ha concepito il winemaker Hans Terzer ed è un assemblaggio di merlot e cabernet dell’Alto Adige, annata 2011. Chi l’ha già assaggiato discetta di “note differenti di ribes e liquirizia, ma anche di caffè e cacao”, e di “tannini morbidi e vellutati”. In degustazione anche le nuove annate di vini bianchi e rossi delle linee Classica e Selezione e alcuni campioni da botte della Sanct Valentin, la più prestigiosa. 
Padiglione 6, stand D1.



martedì 1 aprile 2014

VINITALY 2 / Lageder fa la Summa e brinda coi vignaioli d’eccellenza amici della biodinamica

Da Lageder, vini dinamici...

Non ci va proprio al Vinitaly, Alois Lageder, neanche quest’anno. Ma mette a disposizione dei suoi invitati presenti a Verona, un pullman che li porta dalla Fiera fino a Magrè (Bolzano) dove, sabato 5 e domenica 6 aprile, nella sua sede di Casòn Hirschprunn, si svolge la kermesse alternativa intitolata Summa (www.summa-al.eu). Convegni, degustazioni di vini, di oli d’oliva pregiati, visite in cantina e fra i vigneti, pranzi e cene nel ristorante della tenuta, la Vineria Paradeis (buono, tipico, cucina realizzata con prodotti bio e possibilità di degustazioni e acquisto vini. Aperto dalle 10 alle 20 – fino ad aprile, alle 18,30). E una sfilata di produttori amici, in parte seguaci del biologico e della biodinamica, provenienti, oltre che dal resto d’Italia, da Austria, Germania, Francia, Portogallo, Usa e Nuova Zelanda.
Un'immagine di Summa 2013
Si tratta, per altro, di un vero e proprio green event, realizzato cioè secondo criteri ecologici e sostenibili per l’ambiente. In coerenza con tutta la filosofia che da una ventina d’anni a questa parte guida l’azione di Alois (il nome si pronuncia: àlois). La cantina e la sede amministrativa di questa azienda di famiglia che risale al 1823, sono state rifatte a metà degli anni Novanta, all’interno della storica tenuta Löwengang, secondo i criteri della bioarchitettura e con sistemi energetici all’avanguardia: legno e vetro, i materiali principali, coperture rivolte a sud per alimentare col sole gli impianti fotovoltaici  e una torre di vinificazione circolare, profonda 17 metri. Grazie al dislivello, le uve vengono vinificate rinunciando quasi completamente all’uso di pompe, utilizzando la sola forza di gravità. I grandi fermentini sono disposti in cerchio intorno alla torre, evitando lunghi tragitti di trasporto, in modo da non violentare in alcun modo l’uva e il mosto.  “Un buon vino, però”, ammonisce Lageder, “non nasce in cantina, ma nel vigneto”.  Ed ecco che la questione principale si sposta nei campi. Qui ormai la coltivazione è al 95% biodinamica, anche se le uve di proprietà non sono sufficienti e allora se ne acquistano da viticoltori di fiducia, non tutti però votati al biologico.
MCMXCIX (1999): un grande Merlot
Sono due le linee vinicole aziendali. La Alois Lageder, 1,2 milioni di bottiglie, utilizza in parte le uve a coltivazione biodinamica dei propri vigneti, ma anche quelle dei viticoltori convenzionati, con i quali vengono concordati precisi criteri di qualità e di rispetto della natura e dell’ambiente. Sono bianchi, rossi e rosati della Bassa atesina, monovitigni e cru, e i cosidetti Beta Delta: Pinot grigio-Chardonnay e Lagrein-Merlot, uvaggi biodinamici studiati per ottenere un’integrazione perfetta fra due uve differenti. Fra gli altri vini più interessanti, l’Apollonia Pinot nero, (il primo vino biodinamico fatto solo con le uve dei contadini conferenti), il corposo e minerale Heberle Pinot bianco, il tipico Lehen Sauvignon e il Vogelmaier, un Moscato giallo, che restituisce tutti i profumi tipici del vitigno, ma che in bocca è comunque piuttosto secco.
La linea Tenutae Lageder (260mila bottiglie) riguarda vini ottenuti prevalentemente con uve di proprietà. Si tratta di 12 cru, cinque bianchi e sette rossi. Val la pena di segnalare almeno lo splendido Am Sand Gewürztraminer, profumato, ovviamente, ma piuttosto secco, lo Chardonnay Löwengang, che si affina sui propri lieviti in piccoli fusti di legno; il Pinot nero Krafuss; l’MCM Merlot, vinificato solo nelle annate migliori, con uve selezionate del vigneto di merlot Pungll, il più antico della proprietà.

Vini in degustazione alla Vineria Paradeis, nel Casòn Hirschprunn
 Infine, ma non certo ultimo, il Cor Römigberg, un Cabernet Sauvignon (e Petit verdot) da uve che crescono appunto nel cuore del vigneto Römigberg. Di grande corpo ed eleganza, (bio)dinamico non solo nel senso agricolo e filosofico del termine, ma del potenziale d’invecchiamento: oltre i dieci anni.
Info: Alois Lageder, Tòr Löwengang, Magrè (Bolzano), tel. 0471.809550, aloislageder.eu.

VINITALY / Nel paese di Aleramo e di Badoglio l’avvocato Alleva i vini come figli


Panoramica della Tenuta Santa Caterina a Grazzano Badoglio



Guido e Giulia Alleva, padre e figlia, sono appassionati di vino da sempre. Cinquantasette anni lui, 25 lei, hanno progressivamente riportato a nuova vita un’antica azienda agricola, la Tenuta Santa Caterina, con il restauro del palazzo signorile, delle cantine (compreso l’infernot, a cupola perfetta e rivestito in cotto) e l’impianto delle vigne più tipiche della zona (accanto ad altre di origine francese). Grazzano Badoglio, dove si trova la tenuta, è un borgo di circa 600 anime, nel Monferrato astigiano. È noto per la sua abbazia benedettina (oggi parrocchia), fondata dal marchese Aleramo nel 961, costruita su un colle già insediamento romano. E per aver dato i natali a Pietro Badoglio (1871-1956), discusso militare e uomo politico fascista, che dopo la deposizione di Mussolini guidò un governo di coalizione all’armistizio con gli Alleati anglo-americani. Ora rischia di rinverdire la sua fama grazie alle bottiglie prodotte con cura maniacale dagli Alleva, coadiuvati dall’enologo Mario Ronco e dall’agronomo Sergio Carpignano.
Giulia e Guido Alleva in cantina
Di professione Guido Alleva è avvocato a Milano, ma a un certo punto, all’inizio degli anni Duemila, ha sentito il richiamo irresistibile delle campagne in cui è nato e, acquistata la tenuta quasi in sfacelo, l’ha riportata pian piano ma decisamente, allo splendore. La figlia Giulia ha deciso di dedicarsi completamente alla nuova avventura, frequentando i corsi da sommelier dell’Ais e divenendo poi membro dell’Agivi, l’associazione dei giovani vignaioli. Si occupa delle relazioni commerciali, di comunicazione e di export. L’ultimo suo progetto è in fieri: per l’autunno saranno pronte  sei camere (di cui cinque suite) nel nuovo agriturismo con piscina, ricavato da un antico casolare.
La potenzialità di produzione, sostiene Guido Alleva, è di circa 130mila bottiglie, anche se attualmente ne sono commercializzate meno della metà. Ma di gran qualità, come ha confermato l’assaggio effettuato in azienda pochi giorni fa. Gli Alleva sono innamorati in particolare del vitigno freisa, che annoverano fra quelli di gran carattere, che danno vini tannici ma importanti, come appunto la stessa Freisa, il nebbiolo e, inaspettatamente, il Grignolino, vino sorridente, certo, ma che in pochi considerano longevo e di gran classe.
A Vinitaly quindi si potrà assaggiare il Sorì di Giul, Freisa al 100%, che fa ben 20 mesi nel legno,
prima in tonneaux da 500 litri e poi in botti da 30 ettolitri, adatto evidentemente ad accompagnare varie preparazioni di carne, fra cui il bollito misto. Il Grignolino Arlandino si affina sei mesi in acciaio e si può degustare anche fresco, sui 14°, nonostante una certa tannicità, pure su piatti di pesce salsati.

Vignalina e Setecàpita sono due Barbera d’Asti Docg: la prima si affina in botti di rovere medio-grandi per otto mesi e poi per sei in bottiglia; la seconda è una selezione dell’uva migliore del podere detto del Setecàpita, passa un anno nei tonneaux e altri 8 mesi in bottiglia: giovinezza “contro” maturità.
C’è anche un notevole bianco, un Monferrato Doc, il Salidoro, composto per ¾ da chardonnay e ¼ da Sauvignon blanc, vinificati dapprima separatamente, poi affinati in acciaio sui lieviti per otto mesi. Con le stesse vinacce, la Distilleria Marolo prepara per la Tenuta Santa Caterina un’eccellente grappa di vinacce fermentate di freisa e grignolino, mentre con quelle della barbera si ottiene un distillato che si affina in botte per un anno. E il futuro sta già maturando nelle botti della cantina storica: 80% di nebbiolo, 20% di barbera e cabernet, un Monferrato rosso che sarà pronto nel 2016. E che forse darà dei punti anche ai migliori vini delle mitiche Langhe.
Tenuta Santa Caterina, via Marconi 17, Grazzano Badoglio, tel. 0141.925108, www.tenuta-santa-caterina.it. Al Vinitaly: Pad. 10, stand C1.