venerdì 9 ottobre 2020

Cous cous siciliano in sei versioni: dall'extralusso all'umile Tabulè. Al 13 Giugno, elegante ristorante siciliano di Milano, con la supervisione del Gran Visir

Cous cous alla trapanese in versione extralusso...


Il Gran Visir del 13 Giugno è pure modesto. Impeccabile nel suo abito nero firmato Lazzarin, sovraintende alla sala con portamento signorile. Una sorta di Principe di Salina: più che gentile, nobilmente accondiscendente con i suoi commensali. Saverio Dolcimascolo (a fianco, col figlio Edoardo) quando i suoi camerieri posano i primi piatti in tavola davanti ai clienti non augura buon appetito, ma “Buon divertimento!”. Se gli si chiede se la cucina del suo ristorante sia siciliana rivisitata, creativa, magari, perché no, molecolare, risponde: “Qui non inventiamo niente, proponiamo le care, vecchie ricette tradizionali, di Messina e Palermo, di Trapani e Catania. Per di più, sempre con materia prima siciliana, una parte del menu è strettamente ittica”. È vero. Niente accostamenti azzardati, uso di sifoni e altre simili diavolerie “stellate”, ma sapori netti, precisi, suntuosi nei piatti del 13 Giugno. Se non si gradiscono (eppur quanto sono buoni) le caponate di melanzane o le sarde a beccafico, i golosi involtini di pesce spada o le busiate trapanesi col tonno, si gira la pagina del menu ed ecco il Gran misto di frutti di mare e crostacei, i vari carpacci e tartare di tonno, spigola, orata, baccalà fra i crudi. E poi i cotti, come il Gran misto gratinato e le insalate - di tonno (alla Pantesca), di gamberi e scampi (alla catalana), di polpo e patate. 

Tra i primi, paste e risotti, sempre di pesce. E ancora pesce e crostacei come secondi - cernia, rombo chiodato (il migliore), spigola dei mari siculi, gamberoni di Mazara. Sempre, un Cous cous: di pesce alla trapanese. Al l3 Giugno per il nome si adotta la traslitterazione francese dell’arabo  كسكس‎,  ma in Sicilia, dove appunto portarono questa preparazione gli Arabi, si chiama tradizionalmente Cuscusu: e lo si vuole, oltre che con la semola fine di grano duro che lo caratterizza, accompagnato da pesci assortiti come scorfano, cerniette, dentice, merluzzo. Ma patron Saverio no, lui lo vuole nobile il suo Cous cous alla

Tabulè alle verdure

trapanese: e così ci mette astice, gamberi, scampi, triglie, fasolari e poi si concede un piccolo excursus nella cucina popolare con sarde e cozze. Questo piatto, servito da un coccio posato su uno scaldino portatile, è piuttosto abbondante e permettendo un secondo e magari un terzo servizio, fa sì che possa fungere anche da piatto unico. Questo fino a ieri. Perché da oggi e sino a fine ottobre i Cous cous si moltiplicano.

 

È un piccolo Cous cous Festival che ne propone ben sei. Ci sono quello incocciato a mano di pesce misto (filetti di gallinella, triglia e scorfano), alla trapanese (prezzo: 35 €) e il Tabulè servito con verdurine della tradizione, uvetta Passolina, pinoli, spezie e brodetto vegetale (servito da una ciotola a parte), che potrebbe fungere da antipasto (prezzo: 25 €).

Cous cous alle seppie
Avanti con il Cous cous con seppie nostrane al sugo di nero di seppia (prezzo: 35 €). E poi col Cous cous di scamponi, filetti di pomodoro ed erbe aromatiche (prezzo: 40 €). Largo anche a quello con gamberoni imperiali, filetti di pomodoro e finocchietto selvatico (40 €). Ecco infine il glorioso Cous cous con misto di frutti di mare e fumetto di crostacei (prezzo: 50 €).




Ma quale vino bere coi vari Cous cous? La domanda bianco, rosso o rosato, è lecita. A risolvere la complessa e imprescindibile questione ci pensa Edoardo Dolcimascolo, figlio colto e discreto del Visir Saverio. Il suo approccio al binomio cibo/vino è ecumenico: non esclude alcun colore, abbina bianchi, rossi e rosati al meglio. Purché siciliani. Ed ecco, per esempio, che al Tabulè con verdure sarà opportuno accostare un bianco come il Leone del Conte Tasca d’Almerita, un vino d’eccellente aromaticità grazie alle uve d’alta collina Cataratto, Pinot bianco, Sauvignon e Traminer.

Per il Cous cous con le seppie, si passa a un Etna rosato, da uve Nerello mascalese e cappuccio, dal bel colore buccia di cipolla, di buona armonia e giusta acidità, della Tenuta delle Terre nere. Con il tradizionale Cous cous alla trapanese, ci si deve elevare a un rosso pluripremiato come l’Etna Rosso di Francesco Tornatore, pieno e vibrante (foto a destra). 

Come farsi sfuggire una maestosa conclusione del pasto? La classica Cassata (dall’arabo quas’at, grande ciotola rotonda), dolce poi rielaborato nelle pasticcerie dei conventi come quello della Martorana di Palermo, è un finale perfetto, durante il quale duetta con la Malvasia delle Lipari di Nino Caravaglio, in un ghiotto gioco di morbidezze e vibranti acidità.

 

                                                                                                                                                 InfoRistorante e bistrot 13 Giugno, via Goldoni 44, Milano, tel. 02.719654, www.ristorante13giugno.it.

 

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