I rosati fanno solo estate? Le foglie cadenti dell’autunno li relegano in cantina? Manco per sogno. Tutto dipende da che rosati sono e che cibo vi si abbina. Il successo degli Champagne e spumanti classici rosé ha trascinato negli ultimi anni anche questi vini fermi fuori dalla nicchia estiva. Certo, la percentuale di produzione è nettamente più bassa di quella di bianchi e rossi, basta guardare le carte dei ristoranti per accorgersene, salvo essere in una zona vocata. Ma quali sono queste zone? La tradizione parla di ottimi vini rosa (così bisognerebbe chiamarli, diciamo vino rosso, non rossastro o rossato, bianco, non biancato) in Trentino Alto Adige (soprattutto il Lagrein Kretzer), in Lombardia-Veneto (Bardolino Chiaretto), Abruzzo (Montepulciano Cerasuolo) e in Puglia (Alezio, Castel del Monte, Salice Salentino). Me se ne trovano di ottimi anche in Toscana o in Calabria (Cirò) e, a sorpresa, un po’ in tutta Italia, persino al Nord: basta individuare il produttore giusto.
Ma come sono fatti i rosati?
(Ci adeguiamo alla scrittura e dizione comune, anche perché le Doc parlano di “rosati”).
Non certo mescolando vini rossi e bianchi, come in molti ancora credono.
Un metodo, il più moderno,
consiste nel ricavare il mosto da uve rosse per mezzo di pigiatrici a pressione
soffice, estraendo così subito il colore rosato che ci si prefigge di ottenere.
Una fermentazione definita “in bianco”, in assenza delle vinacce.
L’altro, tradizionale, detto
“a lacrima”, più arduo, si basa sulla macerazione breve (da 12 a 24 ore
mediamente) delle uve diraspate e pigiate, per procedere poi allo svinamento
del mosto, che prosegue la sua fermentazione separato da bucce e vinaccioli. Per fare un rosato di qualità vanno bene
tutt’e due le tecniche, purché le uve siano vocate (non banali e ottenute con
rese per ettaro abbastanza basse). Il metodo a lacrima, però, permette grazie
alla macerazione di estrarre dalle bucce gli antociani in maggior quantità:
questi microelementi difendono il vino rosato dall’ossidazione, gli permettono
una maturazione maggiore e una vita più lunga. E gli danno un colore più
brillante.
Ecco alcuni vini fuoriclasse,
diversissimi tra loro, ma ugualmente piacevoli e abbinabili tranquillamente a
molti piatti autunnali. Non vini “né carne né pesce”, ma da carne e da pesce,
purché non si estremizzi il concetto (molti rosati, sulla lepre in civet non
reggono; però qualcuno, bevuto sui 14-16°…).
Dal Sud al Centro, al Nord
Italia. E anche un po’ oltre…
Terre Lontane Val di Neto Rosato Igt 2014 – Librandi
Indirizzo: contrada S.
Gennaro, Cirò Marina (KR), tel. 0962.31518, www.librandi.it. Prezzo: 6-7 €.
Siamo in Calabria, dove i
rosati più noti e migliori (in generale) sono quelli di Cirò. E Librandi, uno
dei più noti viticoltori della zona, produce infatti un classico Cirò Rosato
Doc, di buona beva, 100% uve gaglioppo. Con il Terre Lontane, Librandi esce
dalla Doc perché riduce al 70% il gaglioppo e aggiunge un 30% di cabernet franc;
inoltre abbassa le rese per ettaro dell’uva da 90 a 80 q.li. La vinificazione
avviene in tini di acciaio termocondizionati, con salasso e breve macerazione. La tecnica del salasso consiste nel prelevare una certa quantità di mosto dalla vasca di macerazione nella quale si sta preparando un vino rosso; il mosto prelevato viene vinificata in bianco (senza più il contato con le bucce) e quindi si otterrà un vino rosato.
avviene in tini di acciaio termocondizionati, con salasso e breve macerazione. La tecnica del salasso consiste nel prelevare una certa quantità di mosto dalla vasca di macerazione nella quale si sta preparando un vino rosso; il mosto prelevato viene vinificata in bianco (senza più il contato con le bucce) e quindi si otterrà un vino rosato.
Terre Lontane si affina alcuni mesi in
bottiglia, poi è pronto per il consumo.
Colore: rosa ciliegia. Profumo: ancora
ciliegia, lampone, leggere fragola e rosa. Sapore: fresco (lieve astringenza
iniziale) e asciutto, di carattere e ottima struttura, si rivela vellutato e
quasi setoso.
Abbinamento col cibo: antipasti
calabresi, pesce in umido col pomodoro, zuppe di pesce.
Rosato di Aleatico Costa Toscana Igt 2014 – Fattoria delle
Ripalte
Indirizzo: loc. Ripalte, Capoliveri,
Isola d’Elba (LI), tel. 0535.94211, www.fattoriadelleripalte.it. Prezzo: 13 €.
Con questo rosato, Piermario Meletti
Cavallari, già noto vitivinicoltore a Grattamacco, sulla costa toscana e da
oltre dieci anni all’Elba, ha compiuto un piccolo capolavoro. Ha utilizzato le
uve dell’aleatico (con cui, peraltro, produce un signor passito) per realizzare
un rosato diverso dagli altri prodotti sull’isola ma anche differente dal resto
degli italiani. La fattoria delle Ripalte è parte di una tenuta turistica, che
si è dotata da qualche anno di una grande cantina progettata dall’architetto
Tobia Scarpa. Nell’ambito della proprietà, rientra anche il ristorante sul mare
Calanova (www.ristorantecalanova.it),
altamente raccomandabile per la sua raffinata cucina di pesce e i tavoli
“pied-dans-l’eau”, con gran vista sulla baietta di Calanova e le sue acque.
“pied-dans-l’eau”, con gran vista sulla baietta di Calanova e le sue acque.
La resa per ettaro delle uve per il
rosato è di 60 hl, a maturazione perfetta i grappoli vengono pigiati e poi
pressati sofficemente. Il mosto fermenta a temperatura controllata, sui 15-18°.
Colore: un bel rosa carico, con barlumi
dorati. Profumo: deciso, floreale (marasca, rosa canina, viola, come nel
passito) e poi fruttato intenso, quasi caramellato. Sapore: morbido, di grande
equilibrio, fruttato, richiama il sentore dell’uva appassita.
Abbinamento col cibo: antipasti di
pesce crudo (anche coquillage), verdure, nervetti in insalata; risotti ai
frutti di mare, ai 4 formaggi, agli asparagi e altre verdure; carni bianche,
pollo in fricassea, coniglio alla cacciatora, formaggi non troppo invecchiati o
piccanti.
Barlàn, Colline Novaresi Rosato Doc 2014 – Torraccia del
Piantavigna
Indirizzo: Soc. Agr. Torraccia del
Piantavigna, via Romagnano 20, Ghemme (NO), tel. 0163.840040, www.torracciadelpiantavigna.it.
Ecco un ottimo rosato che parla
piemontese, e del nord, per giunta. Sulle Colline novaresi, Alessandro
Francoli, forse più noto per la distilleria di famiglia, la Luigi Francoli
(elegante e morbida la sua Grappa di
Erbaluce), produce ottime uve
nebbiolo per il Ghemme e, sempre con nebbiolo 100%, anche il rosato. Il
piantavigna del nome aziendale richiama il nome di un nonno materno, Pierino
Piantavigna, che negli anni Cinquanta collocò un nuovo vigneto sulle colline di
Ghemme. Mentre la
torraccia è sia il nome di un vigneto di eccellente esposizione alla luce solare sia quello di una torre diroccata del Castello di Cavenago (seicentesco).
torraccia è sia il nome di un vigneto di eccellente esposizione alla luce solare sia quello di una torre diroccata del Castello di Cavenago (seicentesco).
Il vigneto dedicato al Barlàn (o re
Berlan, una maschera del paese) è in loc. Maretta, sempre a Ghemme, e non
produce più di 60 q.li per ettaro di nebbiolo. Nella prima settimana di ottobre
l’uva viene spremuta in atmosfera ridotta, poi il mosto fermenta lentamente a
freddo (14-15°). Il vino si affina in acciaio e poi in bottiglia per circa 6
mesi.
Colore: rosa antico. Profumo: lampone e
fragole di bosco, fragrante. Sapore: secco, fresco e sapido, molto elegante con
finale morbido.
Abbinamento col cibo: salamino della
duja, risotto alla pescatora, pizza ai funghi, triglie alla livornese (in
guazzetto), soufflé di zucchine, trota salmonata al forno.
CON QUELL’OCCHIO DA STRANIERO…
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