martedì 27 maggio 2025

Le Rive. Il Cartizze. E lo spumante "Col Fondo". Ma è sempre Sua Eccellenza il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene. Prosit


Le colline del Prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene

Cari miei 25 lettori, non ho Promessi Sposi da narrarvi, però forse qualcosa di più prosaico. Terra terra. Ma solo perché il vino nasce dalla vite e dunque “terra terra”. Non so se avete notato, ma da qualche anno nel mondo del vino di qualità sono nate nuove denominazioni, che vanno oltre le famose Doc e Docg.  Sono le Uga o Mga. Che significano questi acronimi e che cosa designano? Le Uga in Toscana sono le Unità geografiche aggiuntive, individuate nella zona del Chianti Classico, quella storica: aree di

vigneto più ristrette, che possono insistere sul territorio di un solo comune o trasversalmente anche di un paio. In Piemonte vengono chiamate Mga, cioè Menzione geografiche aggiuntive: sono in vigore nelle zone del Barolo e del Barbaresco, ed equivalgono ai concetti francesi di climat o di cru. Altre Mga sono presenti in Veneto, principalmente per la denominazione Soave Doc e Soave Docg. E, da qualche anno (2019), anche nella zona del Prosecco Superiore Docg di Conegliano e Valdobbiadene abbiamo una specie di Uga o Mga, che però qui vengono chiamate Rive. Le Rive (43) sono sparse su 15 comuni e indicano anche in questo caso una sorta di cru, per dirla alla francese, di territorio ristretto alle pendici di colline scoscese con un loro peculiare suolo e microclima, particolarmente interessanti poiché esprimono vigneti per tradizione fra i più vocati alla qualità. Ma quali sono i riscontri di questa affermazione? Il primo lo testimonia il direttore del Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Diego Tomasi, spiegandone il successo con un dato incontrovertibile: “Nei primi quattro mesi del 2025 le certificazioni hanno registrato un aumento del 20% rispetto allo stesso periodo del 2024, con un picco del 37% per le Rive”. Le cui bollicine sono mediamente più costose delle altre.

Se n’è avuta ulteriore prova nel corso di una degustazione tenutasi a Milano pochi giorni fa, organizzata anche per presentare i primi risultati della vendemmia 2024, possibili da esaminare visto che stanno iniziando i primi imbottigliamenti. Sempre Tomasi ha raccontato le difficoltà dell’ultima annata, già

difficile fin da maggio/giugno per le continue precipitazioni, quindi con temperature basse, poi quasi di colpo alzatesi. Il peggio sono state però quelle notturne estive, sui 22/23°, troppo elevate per una corretta escursione termica, quindi dannose per ottenere un’equilibrata acidità. 

L’acidità è importante per gli aromi dell’uva e quindi del futuro vino. 

Si sa, il vignaiolo in queste condizioni entra in fibrillazione, vuole magari vendemmiare al più presto, ma gli esperti del Consorzio, consigliando saggiamente di rinviare la raccolta di una decina di giorni, hanno saputo cogliere il ripristinarsi di una temperatura notturna più bassa. Convincendo tutti a vendemmiare non prima del 10 settembre e anche oltre. 

In questo modo si è potuti arrivare a una maturazione ottimale delle uve, anche se con una produzione 2024 inferiore alla media. In compenso, come si è potuto costatare dal wine tasting, i vini stanno dimostrando finezza ed eleganza, meno struttura ma ottima armonia. Ma ecco, almeno secondo il giudizio di chi scrive, alcuni fra i Prosecco più interessanti, scelti in un panel di otto bottiglie di produttori e tipologie differenti.

Il Valdobbiadene Extra brut Rive di San Pietro di Barbozza 2021 (ebbene sì, un Prosecco di tre anni e mezzo!), di Rivaluce, ha svelato un colore intenso, buon perlage, profumi di frutta matura, sorso sapido e fresco. Lo stesso vino, ma dell’annata 2024 si è rivelato più floreale al naso (acacia, glicine),

più aromatico ed effervescente. Ambedue diversamente eleganti. 

Molto interessante anche il Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra dry Rive di Collabrigo-Costa 2024, di Il Colle. Si distinguono nel bicchiere aromi leggermente speziati (salvia, macchia mediterranea), un certo fruttato (mela verde), ma non il floreale; buon corpo, pieno, fresco, anche lungo.

Cartizze è una sottozona nel comune di Valdobbiadene, che si trova fra le colline più scoscese di San Pietro in Barbozza, Santo Stefano e Saccol: solamente 107 ettari di vigneto, su suoli di calcarenite pura (la stessa dei territori dello Champagne e della Borgogna), ma di altissima qualità per la combinazione felice tra vecchi terreni e microclima. Da quelle uve prende vita, ad esempio, il Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg Dry (cioè il più dolce e tradizionale fra le varie tipologie, con un residuo zuccherino tra 17 e 32 gr/litro). Naturalmente esistono anche versioni brut ed extra brut. Il Cartizze di Bruno Agostinetto (uve Glera in purezza) ha colore paglierino scarico e begli aromi fruttati (dalla pera alla mela, dagli agrumi alla pesca); più tenui i floreali. Morbido in bocca, succoso, dolce, ma non stucchevole, grazie alle sensazioni finali sapide. Spumante tipicamente da dessert (crostate di frutta, piccola pasticceria). 

Un’altra chicca della produzione del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene (90 milioni di bottiglie è la media annuale dal 2016) è rappresentata del Prosecco sui lieviti (meno dell’1% della produzione totale), che in zona chiamano ”col fondo”. È la più antica versione delle bollicine, quando la rifermentazione avveniva in bottiglia e non in autoclave, ma i lieviti esausti, invece di essere espulsi secondo il metodo champenois,  rimanevano appunto sul fondo. Prendiamo ad esempio l’ottimo Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Sui Lieviti di Gregoletto. Questa versione è la Brut Nature, cioè senza aggiunta di zuccheri, e infatti lo spumante rimane un poco torbido, ma le bollicine sono fini e persistenti. I profumi sono ampi, di mela e pesca bianca, ma meno spiccati che in altre tipologie; in prima fila la crosta di pane. Sfumature gessose. Secco, persistente, con finale sapido in bocca, di una freschezza agrumata. 

Insomma, è sempre un gran bel bere con queste bollicine di collina. E pensare che qualcuno li chiama ancora "prosecchini". Sigh!


INFO.  Consorzio di tutela del vino Conegliano Valdobbiadene, piazza Libertà 7, Solighetto di Pieve di Soligo (Treviso), www.prosecco.it/consorzio

Rivaluce, strada di Barbozza 1, Valdobbiadene (Treviso), www.rivaluce.it 

Il Colle, via Colle 15, San Pietro di Feletto (Treviso), www.proseccoilcolle.it

Bruno Agostinetto, strada Piander 7, Saccol, Valdobbiadene (Treviso), www.agostinetto.com

Gregoletto, via San Martino 81, Premaor, Miane (Treviso), www.gregoletto.com

lunedì 19 maggio 2025

Perluna e Il risveglio del ceppo: così la Cantina sociale Barbera Sei Castelli, ridestando la tradizione, punta su una qualità nuova. E artistica

Accanto a un ceppo antico e alla nuova bottiglia di Perluna rosé, Enzo Gerbi, direttore ed enologo della Cantina Barbera Sei Castelli, ne racconta la storia durante la presentazione al Centro enoturistico L'anima del vino, di Castelnuovo Calcea.

Sulla destra, la graphic designer Lisa Perbellini, che ha "vestito" la bottiglia.


 Perluna. Una sorta di acronimo in cui si fondono le perle, che rappresentano le fini bollicine del perlage (appunto), nonché i piccoli acini d’uva Barbera, raccolti in gioventù. E la luna, poiché il colore rosato del vino richiama la tinta che assume certe volte il nostro satellite nella fase “piena,” come lo era nella passata domenica 11 di maggio. Proprio la giornata in cui è stato presentato il Perluna nella sede del Centro enoturistico e Museo L’anima del vino di Castelnuovo Calcea (Asti). La proprietaria Cantina sociale Barbera Sei Castelli, con la creazione di questo nuovo spumante, ha voluto portare a uno stadio evolutivo più alto un suo affascinate progetto chiamato Il Risveglio del ceppo.
Ma prima di addentrarci nella storia e nella realtà di questo disegno, lungamente studiato, vediamone subito l’ultima protagonista. 
Perluna (foto a fianco) è un vino allegro, sapido, dal colore incantevole. Si tratta di un Piemonte Doc extra brut, dunque un po’ più secco di un normale brut. È prodotto con il Metodo Martinotti (che i francesi chiamano Charmat): in pratica la presa di spuma avviene in autoclave per circa 5 mesi, riuscendo così a preservare il ricordo delle caratteristiche organolettiche del frutto; il perlage è fine e di buona persistenza, al naso lievi sentori di rosa e, più marcati, di piccoli frutti rossi con una piacevole nota minerale. In bocca è fresco, secco, avviluppante, con un suo fascino leggiadro. 
Durante la presentazione del nuovo spumante lo chef Simone Grazioso ha preparato due finger food strepitosi in abbinamento alle flûtes, denominati l’uno Bolle di Perluga (una spuma dello stesso spumante su gambero rosa e caprino), l’altro Bolle (polpettine) di carne cruda trapuntata di pistacchi. È seguito un perfetto risotto al medesimo vino rosato, con crema di Parmigiano. Lo spumante fa matrimonio d’amore anche con crudité di pesce, curry di gamberi, aragosta alla catalana, carpaccio, risotto al salmone, triglie in guazzetto, zuppe di pesce leggere, carni bianche alla griglia... 
Al di là della piacevolezza del risultato finale, il Perluna ha però una storia inaspettata alle spalle, che val la pena di raccontare. Le sue uve Barbera non derivano da barbatelle “qualsiasi”, ma da antichi ceppi di viti estirpate ad inizio Novecento (post-fillossera): 34 “individui” diversi (non cloni), nove dei quali sono stati selezionati e, dopo lunghe sperimentazioni in microvinificazione, ulteriormente ridotti a quattro per un nuovo vigneto, sino a giungere, dopo un decennio, alla prima vera vendemmia, nel 2022. È da quegli antichi ceppi rivificati per conservarne in nuce le caratteristiche uniche, che è stata prodotta la Barbera d'Asti Docg Il risveglio del ceppo 2022 (foto qui sotto). Maturato e affinato per il 50% in vasche di cemento, per il 25% in acciaio e per il 25% in una speciale botticella di legno a forma di uovo da 800 litri (foto in basso a destra), si rivela nel bicchiere
come un rosso di gran carattere, ricco, succulento, dai tannini importanti e tuttavia già morbidi, tali da far prevedere una prolungata longevità. 
Ebbene il Perluna è anch’esso un figlio (ma non minore) di quella vendemmia: le sue uve sono state selezionate in anticipo, consentendo così di ottenere maggiori concentrazioni per il vino rosso e la freschezza necessaria per l’effervescente rosato. 
Non è tutto. Infatti gli stessi ceppi antichi, a partire da una quarantina d’anni fa, hanno affascinato anche un artista sui generis come Ezio Ferraris. Che iniziò a selezionare i ceppi di vite abbandonati in cui individuava un personaggio, un’anima, un’essenza. Quindi si diede da fare per pulirli, trattarli e lucidarli, ottenendo una stupefacente “ceppoteca” di circa cento esemplari, scelti in 40 anni fra 500mila pezzi. 
Dei cento, 17 sono esposti nel museo ipogeo l’Anima del Vino, dove fra l'altro, seduti a una tavola d’assaggio, si possono degustare i vini della cantina, magari accompagnati da alcuni piatti, e godendo contemporaneamente della vista di queste intriganti opere d’arte. 

INFO. La Cantina sociale Barbera Sei Castelli è composta da 250 soci, che coltivano 800 ettari di vigneto, in gran parte Barbera, nell’Astigiano. Il punto vendita e di iniziative culturali Centro turistico
e Museo “L’anima del vino
” si trova a Castelnuovo Calcea (Asti), Regione Opessina 41, tel. 0141.967137, www.barberaseicastelli.it
La cantina produce una ventina di vini diversi tra spumanti, bianchi, rosati, rossi, e dolci aromatici (Moscato e Brachetto d’Acqui, in vendita a 6 € ciascuno). 
Ecco alcuni esempi fra i migliori. Piemonte Doc Rosato Extra brut Perluna, 12 €. Piemonte Doc Chardonnay brut Metodo classico Bianca Terra, 16 €. Monferrato Doc bianco Terre Galleani, 9,50 €. Barbera d’Asti Docg Il risveglio del ceppo, 38 €. Nizza Docg Le vignole, 15 €. Nizza Riserva Angelo Brofferio, 21 €. 
Ci sono vini anche più economici, più semplici ma pur sempre di qualità; fra questi ultimi: Piemonte Doc Cortese/Chardonnay Contessa Bianca 4,90 €; Piemonte Doc Rosato Rosasale, 4,90 €; Piemonte Doc Barbera A Taula, 4,90 €.