martedì 21 ottobre 2025

Il 24 ottobre è lo Champagne Day. Le iniziative In Italia del Comité Champagne e i ristoranti dove gustare le famose bollicine in abbinamento con piatti succulenti


 Il villaggio di Romery nella Marne, zona dello Champagne caratterizzata dalle vigne di Pinot Meunier

Gli abiti da lavoro bianchi, le mani ricoperte di farina, anch’esse quasi candide, il mugnaio, anche nell’immaginario collettivo, è il conduttore del mulino, dove si prepara la farina per il pane.

Al mugnaio (in francese meunier) deve un pezzo del suo nome quel Pinot, appunto Meunier, che è parte della cuvée più tradizionale dello Champagne.

 

Pinot Meunier
Perché mugnaio? Perché l’uva, scura, è affiancata da foglie ricoperte nella parte inferiore da una lanuggine bianca. L’altro Pinot presente nella cuvée è il Noir, di cui il Meunier risulta essere una mutazione. La terza uva è la Chardonnay, bianca. Il Meunier è sempre stato la cenerentola nell’uvaggio, benché la Vallée de la Marne, dove viene coltivato ricoprendo oltre il 70% della superficie vitata (caratterizzata da vitigni argillosi e calcarei), dia all’uva e quindi ai vini che ne derivano un sapore fruttato e rotondo, ma leggero, delicato; epperò poco adatto all’invecchiamento. 

Solo recentemente una piccola schiera di produttori è riuscita a valorizzare a fondo il vitigno, tanto da aumentare la sua presenza accanto ai maggioritari Chardonnay e Pinot nero, da pochi decimi percentuali financo, in qualche caso, alla maggioranza o addirittura al 100%: come per esempio il vitivinicoltore Jérôme Prevost (nessuna parentela con papa Leone) col suo Champagne Extra brut Los Béguines.

Più complessa e forse meditata la scelta di Sébastien e Valentin Tribaut, quarta generazione della maison Tribaut-Schloesser ubicata in una zona appartata della Marne, a Romery, Vallée du Brunet, alle spalle della famosa Montagne de Reims. Qui, grazie a una collocazione geografica di confine fra le due grandi regioni della Champagne – Montagne de Reims appunto e Vallée de la Marne, possono sfruttare al meglio le peculiarità dei territori, i terreni gessosi come quelli argilloso-calcarei, nonché il felice orientamento delle vigne al sole del sud/sud-est.

La maison produce 11 diversi Champagne su varie linee. Vi sono le tre cuvées della Vallée du Brunet, da uve biologiche; un Extrabrut Premier cru (dai terreni di Ay ed Écueil); i tre Autentique, prodotti in quantità limitata e composti da vini-base lungamente maturati in grandi botti e poi sui lieviti in bottiglia per almeno 5 anni, tutte Extra brut, compreso un rosé.  

                                               


Infine, ma non certo ultime, le quattro cuvée 8 Terroirs, le cui uve provengono da 4 villaggi della valle del Brunet, e da altri 4 della Montagne de Reims e della Marne come armonioso completamento della miscela. Ne abbiamo scelto uno per tutti, lo Champagne 8 Terroirs Origine Brut (foto qui sopra).

I vitigni che gli danno vita sono Pinot Meunier al 50%, Chardonnay al 30% e Pinot Noir al 20%. 

Un 20% della cuvée è composto da vini di riserva, maturati in grandi botti di rovere (prima della presa di spuma), che conferiscono note di sottobosco ai primari sentori di prugna Mirabelle e di pera. La maturazione sui lieviti dura almeno 24 mesi, prima della sboccatura. 

Nella flûte la bollicina continua ed esuberante risulta poi in bocca fresca, fruttata, di bella gioventù. Il sapore vero e proprio è secco, armonico, con un perfetto equilibrio tra finezza e struttura. Un grande Champagne da bere in semplicità, come aperitivo. Ma anche con frutti di mare come cappesante e ostriche; e, ancora, sushi, tartare di branzino, risotto ai funghi porcini, foie gras. E persino su un gustoso osso buco in bianco. 

Prezzo: 35 € la bottiglia.

Info. Tribaut-Schloesser, 21 rue Saint Vincent, Romery, tel. +33.3.26586421, champagne.tribaut.wine (Distribuito da Ca' di Rajo Group, San Polo di Piave [Treviso], tel. 0422.855885).


Una bella occasione per brindare con l’Origine Tribaut-Schloesser potrebbe essere – senza aspettare le feste canoniche di dicembre – lo Champagne Day, che quest’anno si terrà fra pochi giorni, e precisamente venerdì 24 ottobre in tutto il mondo. Sul sito

 https://champagneday.champagne.fr/it vengono proposte tutte le iniziative di degustazione legate all’argomento, in Italia e all’estero, e chiunque può comunicare la propria, fosse pure un brindisi casalingo, registrandosi.

Se ne segnalano qui alcune. Innanzitutto quella del Bureau du Champagne in Italia (sede a Milano, tel. 02.43995767, info@champagne.it) che il 20 ottobre, in anticipo sulla data ufficiale, ha promosso con un panel di giornalisti, una degustazione di Champagne di varie tipologie da abbinare a salumi italiani, per individuare per quanto possibile i migliori pairing. 


                                                            


Sotto la guida, competente e ”democratica” di Marco Chiesa, da 15 anni ambasciatore europeo dello Champagne, wine consultant, formatore e organizzatore di eventi relativi alle famose bollicine francesi, si sono assaggiati sei Champagne di varie tipologie cercando di abbinarne ciascuno a un salume italiano (foto qui sopra). Non senza un dibattito vivace e non proprio unanime, i migliori pairing sono parsi i seguenti.

Lardo di Arnad – Pommery 1874 Blanc de Blancs Grand ApanageBrut, 100% Chardonnay, assemblaggio di vini base 2014, 2016 e 2018: pulito, nervoso, ma non troppo acido (8g/l di zucchero), bilancia bene il sapore molto salino e aromatico del lardo.

Mortadella con pistacchi – Cattier Brut Icône. Assemblaggio di Pinot Meunier (50%), Pinot Noir (30%) e Chardonnay (20%), dosage di 6 g/l (brut), 2 anni di affinamento: fresco e fruttato, grazie anche ai vini di riserva e due anni di cantina esprime fra l’altro note di pasticceria e ben si armonizza con un salume pacioso e rassicurante come la mortadella.

Coppa – Lanson Le Black Réserve, assemblaggio di Pinot Noir (50%), Chardonnay (35%) e Pinot Meunier (15%), con un terzo di vini di riserva, 5 anni di affinamento sui lieviti, 7 g/l di zucchero nel dosage. Una coppa  con venature di grasso “importanti”, note di cantina quasi terrose a cui questo brut (senza malolattica), energico, di abbastanza alta  acidità, ma anche setoso, si abbina piacevolmente.

Salame gentile – Gustave Goussard Purnoir. 100% Pinot Noir, Pas dosé (0 g/l di zuccheri), uve della Côte des Bar. Accostamento forse un po’ eccessivo di un vino molto secco, “spinto”, rispetto alla normalità di un buon salame senza fronzoli, rassicurante.

Prosciutto crudo – Castelnau Rosé. Lo Champagne è un assemblaggio non comune di Pinot Meunier (50%), Chardonnay (30%) e Pinot Noir (20%), con un dosaggio di 8 g/l, 2 anni sui lieviti. Il prosciutto è un buon Parma di 24 mesi, saporito al punto giusto, anche con una sua complessità, cui bene risponde questo rosato giustamente giovanile, nervosamente pacioso (se l’ossimoro non è troppo azzardato).

Finale scoppiettante, un crostino di pane sormontato da un leggera spalmatura di ’Nduja, il piccante salume calabrese. La proposta quasi provocatoria di Marco Chiesa è caduta su...

Crostino con ’Nduja  di Spilinga – Delavenne L’Île. Assemblaggio di Pinot Noir (60%) e Chardonnay (40%), ambedue della Montagne de Reims, basato sulle vendemmie 2015 e 2016, con un dosage di ben 32 g/l: dunque un Demi-sec (in Italia diremmo: Amabile). La ’Nduja, piccante, salata, affumicata comporta rilevanti problemi di abbinamento col vino. Il gioco è stato quello di addomesticare questi sapori così decisi, avvolgendoli nella semidolcezza di uno Champagne  appunto demi-sec. Scelta coraggiosa, interessante, che ha diviso il panel.

 

Ma ecco ora qualche suggerimento, rivolto a tutti gli appassionati gourmet, di ristoranti aderenti allo Champagne Day. 

In Lombardia, a Castione della Presolana (Bergamo), il ristorante Al Caminone dell’Hotel Milano

Alpen Resort & Spa propone per la serata di venerdì 24 ottobre (h 20) una cena con musica dal vivo e una sfilata di piatti invitanti abbinati a Champagne poco noti ma di vaglia (a sx la sala da pranzo).

Ed ecco il Menu.

Come amuse bouche, Mortadella alla brace con senape di Dijon alla lavanda e Champagne brut Blanc de blancs Premier cru, Hugues Godmé

Segue Patata di Rovetta glassata con jus di coniglio, spuma di Blu di capra – pasta sfoglia e caviale siberiano, accompagnati dallo Champagne Les Quatre Terroirs brut Blanc de blancs Grand cru, Pertois-Moriset

Primo piatto: Raviolini di scampi, brodetto di acqua di vegetazione di pomodoro, porro alla brace e basilico fresco, con Champagne brut Grand cru, Franck Bonville

Secondo: Trancio di branzino pescato confit, aria di oliva taggiasca – spuma di broccoletto alla napoletana, pinoli all’umeboshi, con Champagne Montruguet Premier cru Extra-brut 2021, R. Pouillon

Dessert: Il nostro babà al rum, crema pasticcera alla vaniglia del Madagascar, finocchietto selvatico

Prezzo: 140 € a persona. 

Info:   Al Caminone, via Pellico 3, Castione della Presolana (Bergamo), tel. 0346.36236, www.hotelmilano.com/mangiare-bere/al-caminone.

 

Roma, il ristorante Anima, nel Quartiere Trevi, dal 20 al 26 ottobre propone l’abbinamento di vari Champagne a calice con i piatti alla Carta (divisi in alcuni menu), grazie al sistema Coravin, che permette di estrarre da una bottiglia la giusta quantità di Champagne direttamente nella flûte, senza ossidare in alcun modo il vino rimanente.

Due i piatti “iconici” dello chef Antonio Gentile: Cacio e pepe con gamberi (“Un contrasto silenzioso

fra terra e mare, semplicità e raffinatezza” - foto a sinistra) - 25 €; 

Spaghetto al pomodoro con pomodorini gialli del Vesuvio (“Brillante nei sapori, povero in acidità”) – 30 €.

Prezzi. A pranzo, mediamente, 4 piatti dall’antipasto al dolce, da 85 €. A cena, sempre 4 piatti, da 100 €.

Ma ecco gli Champagne che si potranno degustare al bicchiere durante la settimana dedicata e il loro prezzo a calice. Per l’abbinamento più azzeccato con le bollicine francesi, ci si potrà confrontare con il competente sommelier Aires Da Silva.

Comte de Montaigne “Edition Label” – Côte des Bar, 20 €
Bollinger Rosé – Aÿ, 25 €.
Charles Heidsieck Brut Réserve – Reims, 30 €
Ruinart “R” Brut – Reims, 30 €
Ruinart Rosé – Reims, 30 €
Dom Pérignon Vintage 2013 – Épernay, 80 €
Perrier-Jouët “Belle Epoque” 2014 Brut – Épernay, 75 €
Krug 171ème Grande Cuvée – Reims 85 €
Jacquesson “746” Extra Brut – Dizy, 60 €

 

Info. Ristorante Anima, Salita di San Nicola da Tolentino 14, Roma, tel. 06.45249000, www.animaristoranteroma.it

 

Infine, un consiglio...campano.

Visita ai siti archeologici di Pompei venerdì 24...E poi tutti a cena (h 20) al Lira Restaurant, a brindare con lo Champagne Michel Rocourt Brut che accompagna gli antipasti di Quiche Lorraine, patate fritte al tartufo, Bun farcito con guancia di maiale e cavolo viola. 

La flûte di Amis De Bauregard Brut fa poi matrimonio d’amore con le Pappardelle al ragù di cortile, salsa alla carota e mirepoix tostata in polvere

Mentre lo Champagne Fresne Ducret Brut tiene il passo con classe al succulento Manzo al Coteaux Champenois su cremoso di patate arrosto alle erbe.

Al dessert, Tarte au chocolat con ganache al caramello salato, accompagnata dall’inconsueto Ratafia Champenois Prophète  [una sorta di dolce liquorino – 18° - a base di mosti d’uva Pinot Meunier (60%) e Pinot Noir (40%) miscelati con una dose di Cognac Fine de Champagne - foto a sinistra].

Prezzo della cena: 60 €.

Info. Lira Restaurant, via Capone 35, Pompei (Napoli), tel. 081.8505536, www.lirarestaurant.it

 

 

 

 

 

  

martedì 8 luglio 2025

Il vino come un Romanzo: una nuovissima cantina dei Colli Tortonesi, propone una degustazione di 4 suoi vini a prezzi abbordabili in due locali milanesi. Fino al 15 luglio



 

Vigne e papaveri nei Colli Tortonesi, patrie del vino Timorasso.

È sempre una festa quando nasce su un territorio vocato alla produzione del vino di qualità un nuovo produttore. E il segno, ambiguo, del successo è dato anche dall’arrivo in loco, da altre lande, di cantine già affermate. Non diversamente sta succedendo per la zona del Tortonese, provincia di Alessandria, Piemonte orientale. Qui negli ultimi 25 anni c’è stato il boom progressivo di un vino quasi dimenticato: il Timorasso. Già vi si producevano buone Barbera e discreti Cortese; ma la riscoperta e il rilancio di un moderno Timorasso (Doc Derthona), dovuta all’inizio all’opera intelligente e caparbia del vitivinicoltore Walter Massa (foto a sx) e successivamente anche di altri vignaioli innovatori, ha suscitato le mire di gruppi vinicoli esterni all’area, come i langaroli Borgogno, La Spinetta, Roagna, Vietti...

Un riconoscimento, se vogliamo, prestigioso per un vino di nicchia, ricreato quasi dal nulla; ma nello stesso tempo, secondo alcuni, un’invasione indebita di magnati del vino, quasi dei devastatori delle dolci colline tortonesi. Tutto questo ricorda, in nuce, tanti casi simili, primo fra tutti forse quello di Montalcino, dove a partire degli anni Settanta iniziarono gli investimenti americani e del resto d’Italia: due su tutti: quelli dei Mariani (Banfi) e quello del compianto ex-broker d’assicurazione Gianfranco Soldera (Case Basse).   

È la forza del successo, bellezza e tu non puoi farci proprio niente - verrebbe da dire - parafrasando l’Humphrey Bogart del film L’ultima minaccia. Suscita interesse particolare in questo quadro sfaccettato, la nascita a Montemarzino, di una nuovissima cantina (formalmente: Srl agricola) chiamata Romanzo del vino, il cui claim proclama: “Una Nuova Storia di Passione sui Colli Tortonesi”. 

H. Bogart
A parte forse l’eccesso di maiuscole, c’è del vero. Si tratta di un progetto che ha preso corpo negli ultimissimi anni e che ha portato alla creazione della cantina nel 2024. Qui la sinergia tra territoriali ed esterni sembra funzionare a meraviglia. Un gruppo di professionisti di varia provenienza - architetti, avvocati, commercialisti ed altri liberi professionisti -, tutti appassionati del vino e del territorio tortonese, si sono associati con otto piccoli viticoltori locali per dar vita, nella produzione e nel racconto, a ciò che chiamano un “romanzo liquido”. Guida il progetto, ormai realtà sia pure agli inizi, l’avvocata  Carolina Bruno, anche degustatrice esperta dell’Onav, originaria di Volpedo, il paese del Tortonese che diede i natali al grande Pellizza. 

Ognuno dei 20 membri ci mette del suo, dalle competenze ai finanziamenti, alle uve, selezionate con attenzione nei terreni dei soci agricoli situati in comuni come Montemarzino (ove è collocata anche la nuova cantina, dotata di tecnologie avanzate), Monleale, Avolasca, Viguzzolo, Villaromagnano e altri. Cuore della produzione è ovviamente il Timorasso, Derthona Doc bianco, ma sono già in vendita alcune Barbera di diversa maturazione e un rosato. Il tutto avviene con la consulenza affettuosa – un po’ dietro le quinte – di Walter Massa.

Per i milanesi c’è un’occasione di degustazioni imperdibile fino a martedì 15 luglio, organizzata da EustachiOra byAnamCommunication ( www.anamcommunication.it ) . “3 vini + 1” alla prova d’assaggio in due locali della zona orientale di Porta Venezia. Il “percorso” prevede una prima tappa da Sapori Solari Cocktail Bistrot di via Stoppani 11 (aperto dalle 18), ove viene proposto un calice del Rosato Grande Airone (nome dedicato a Fausto Coppi, il grande ciclista di Castellania (paesino dei Colli tortonesi) e uno di Derthona Timorasso. Qui e nel successivo locale non solo si degusteranno i vini, ma se ne potrà parlare con dei responsabili della cantina o con gli stessi titolari. Ci si sposterà poi a piedi nel vicino Polpetta D.O.C. di via Eustachi 8 (aperto dalle 17,30), dove si assaggerà il rosso Fotoromanza, a base di Barbera con una pennellata di Croatina (che nel Tortonese è diversa da quella dell’Oltrepò pavese, essendo pià strutturata e complessa dal punto di vista aromatico). E il “+1”? Il quarto vino, sempre da Polpetta, è costituito da un secondo bicchiere del Fotoromanza. 

Il ticket totale è di 15 euro, acquistabile nel primo locale di partenza. Per informazioni immediate in loco si può anche inquadrare il QR presente sul ticket.

Abbiamo provato in anteprima i tre vini. Ed ecco le impressioni d’asseggio. Con un

paio di premesse. Le bottiglie utilizzate  per tutti sono delle borgognotte leggere, del peso di 410 gr (il peso solitamente si aggira fra i 500 e i 900 gr), con evidente risparmio in termini di sostenibilità ambientale. Tutte le fermentazioni si sviluppano con lieviti indigeni (cioè già presenti nel mosto) e non con i “selezionati”, che vengono aggiunti al mosto per orientare meglio la fermentazione, rischiando però una certa standardizzazione. Infine le bottiglie sono tutte chiuse con tappo a vite, ma di diversa fattura, per permettere in alcuni casi una certa osmosi con l’ambiente esterno. 

 

Grande Airone, Vino Rosato d’Italia 2024. L’uvaggio è costituito da Barbera (50%) Dolcetto (30%), Croatina (10%) e Uva rara (10%).  Dopo la pressatura soffice e la filtrazione, il vino si affina in bottiglia
per qualche mese. Il colore rosa ricorda quello di certi accesi tramonti marini o anche la buccia di cipolla; al naso tenui sentori di lampone e ribes; in bocca, secco, fresco, ancora un po’ acidulo, di discreta persistenza. Un vino da bere ben fresco, “estivo”, che potrebbe acquisire un minimo di complessità in più nel biennio.
Abbinamenti consigliati: Salame cotto; Salame delle Valli tortonesi; pizze semplici, come la Margherita; Orata in guazzetto; Sauté di cozze al pomodoro.

10.800 bottiglie. Prezzo: 11,50 € la bottiglia.

 

Derthona, Colli Tortonesi Doc 2023. 100% Timorasso, cuvée di uve coltivate in varie località, da Avolasca a Viguzzolo, da Monleale a Montemarzino. La vinificazione avviene tramite macerazione pellicolare (bucce a contatto col mosto) per un giorno, a 10°. Il vino sosta poi per un anno sulle sue fecce nobili, in tini d’acciaio e si affina quindi per almeno 5 mesi in bottiglia. 
Il colore è di un bel paglierino intenso; profumi appena accennati di frutta estiva (pesca, albicocca); in bocca, secco, mediamente sapido e persistente, promette di evolversi bene ancora per qualche anno. Data la relativa gioventù non si avvertono i caratteristici sentori minerali (idrocarburi), che hanno fatto pensare, a volte, ai Riesling della Mosella.

Abbinamenti consigliati: primi piatti a base di frutti di mare (anche risotti); Coniglio alla ligure; formaggi saporiti, in primis il magnifico Montebore, tipico del Tortonese.

8.400 bottiglie. Prezzo: 18,50 € la bottiglia.

 



Fotoromanza, Vino Rosso d’Italia 2024. Barbera al 95%, più un 5% di Croatina. Le uve provengono dal territorio di Villaromagnano, da un vigneto esposto a meridione. La vinificazione ha luogo tramite una macerazione di circa 9 giorni, segue la fermentazione, con stabilizzazione a freddo; il vino si affina in bottiglia per circa 4 mesi.

Bel colore rosso rubino, con qualche riflesso viola; al naso si riconoscono la violetta e poi la marasca; in bocca secco, fresco, tannini delicati, che possono permettere anche qualche inusuale accostamento, per esempio con fragole o lamponi. 

Abbinamenti consigliati: Salame Nobile del Giarolo; agnolotti al sugo d’arrosto; Vitello tonnato; Pollo al curry; tra i formaggi: Raschera, Montebore, Robiola di Roccaverano.

4.000 bottiglie. Prezzo: 13 € la bottiglia.


Info.   Romanzo del vino, loc. Il Castellazzo, Montemarzino, https://tastederthona.com

Sapori Solari-Cocktail Bistrot, via Stoppani 11, Milano, tel. 02.36513702. Polpetta D.O.C., via Eustachi 8, tel. 02.29517983. Anam Communication, www.anamcommunication.it.

 

 

martedì 27 maggio 2025

Le Rive. Il Cartizze. E lo spumante "Col Fondo". Ma è sempre Sua Eccellenza il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene. Prosit


Le colline del Prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene

Cari miei 25 lettori, non ho Promessi Sposi da narrarvi, però forse qualcosa di più prosaico. Terra terra. Ma solo perché il vino nasce dalla vite e dunque “terra terra”. Non so se avete notato, ma da qualche anno nel mondo del vino di qualità sono nate nuove denominazioni, che vanno oltre le famose Doc e Docg.  Sono le Uga o Mga. Che significano questi acronimi e che cosa designano? Le Uga in Toscana sono le Unità geografiche aggiuntive, individuate nella zona del Chianti Classico, quella storica: aree di

vigneto più ristrette, che possono insistere sul territorio di un solo comune o trasversalmente anche di un paio. In Piemonte vengono chiamate Mga, cioè Menzione geografiche aggiuntive: sono in vigore nelle zone del Barolo e del Barbaresco, ed equivalgono ai concetti francesi di climat o di cru. Altre Mga sono presenti in Veneto, principalmente per la denominazione Soave Doc e Soave Docg. E, da qualche anno (2019), anche nella zona del Prosecco Superiore Docg di Conegliano e Valdobbiadene abbiamo una specie di Uga o Mga, che però qui vengono chiamate Rive. Le Rive (43) sono sparse su 15 comuni e indicano anche in questo caso una sorta di cru, per dirla alla francese, di territorio ristretto alle pendici di colline scoscese con un loro peculiare suolo e microclima, particolarmente interessanti poiché esprimono vigneti per tradizione fra i più vocati alla qualità. Ma quali sono i riscontri di questa affermazione? Il primo lo testimonia il direttore del Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Diego Tomasi, spiegandone il successo con un dato incontrovertibile: “Nei primi quattro mesi del 2025 le certificazioni hanno registrato un aumento del 20% rispetto allo stesso periodo del 2024, con un picco del 37% per le Rive”. Le cui bollicine sono mediamente più costose delle altre.

Se n’è avuta ulteriore prova nel corso di una degustazione tenutasi a Milano pochi giorni fa, organizzata anche per presentare i primi risultati della vendemmia 2024, possibili da esaminare visto che stanno iniziando i primi imbottigliamenti. Sempre Tomasi ha raccontato le difficoltà dell’ultima annata, già

difficile fin da maggio/giugno per le continue precipitazioni, quindi con temperature basse, poi quasi di colpo alzatesi. Il peggio sono state però quelle notturne estive, sui 22/23°, troppo elevate per una corretta escursione termica, quindi dannose per ottenere un’equilibrata acidità. 

L’acidità è importante per gli aromi dell’uva e quindi del futuro vino. 

Si sa, il vignaiolo in queste condizioni entra in fibrillazione, vuole magari vendemmiare al più presto, ma gli esperti del Consorzio, consigliando saggiamente di rinviare la raccolta di una decina di giorni, hanno saputo cogliere il ripristinarsi di una temperatura notturna più bassa. Convincendo tutti a vendemmiare non prima del 10 settembre e anche oltre. 

In questo modo si è potuti arrivare a una maturazione ottimale delle uve, anche se con una produzione 2024 inferiore alla media. In compenso, come si è potuto costatare dal wine tasting, i vini stanno dimostrando finezza ed eleganza, meno struttura ma ottima armonia. Ma ecco, almeno secondo il giudizio di chi scrive, alcuni fra i Prosecco più interessanti, scelti in un panel di otto bottiglie di produttori e tipologie differenti.

Il Valdobbiadene Extra brut Rive di San Pietro di Barbozza 2021 (ebbene sì, un Prosecco di tre anni e mezzo!), di Rivaluce, ha svelato un colore intenso, buon perlage, profumi di frutta matura, sorso sapido e fresco. Lo stesso vino, ma dell’annata 2024 si è rivelato più floreale al naso (acacia, glicine),

più aromatico ed effervescente. Ambedue diversamente eleganti. 

Molto interessante anche il Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra dry Rive di Collabrigo-Costa 2024, di Il Colle. Si distinguono nel bicchiere aromi leggermente speziati (salvia, macchia mediterranea), un certo fruttato (mela verde), ma non il floreale; buon corpo, pieno, fresco, anche lungo.

Cartizze è una sottozona nel comune di Valdobbiadene, che si trova fra le colline più scoscese di San Pietro in Barbozza, Santo Stefano e Saccol: solamente 107 ettari di vigneto, su suoli di calcarenite pura (la stessa dei territori dello Champagne e della Borgogna), ma di altissima qualità per la combinazione felice tra vecchi terreni e microclima. Da quelle uve prende vita, ad esempio, il Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg Dry (cioè il più dolce e tradizionale fra le varie tipologie, con un residuo zuccherino tra 17 e 32 gr/litro). Naturalmente esistono anche versioni brut ed extra brut. Il Cartizze di Bruno Agostinetto (uve Glera in purezza) ha colore paglierino scarico e begli aromi fruttati (dalla pera alla mela, dagli agrumi alla pesca); più tenui i floreali. Morbido in bocca, succoso, dolce, ma non stucchevole, grazie alle sensazioni finali sapide. Spumante tipicamente da dessert (crostate di frutta, piccola pasticceria). 

Un’altra chicca della produzione del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene (90 milioni di bottiglie è la media annuale dal 2016) è rappresentata del Prosecco sui lieviti (meno dell’1% della produzione totale), che in zona chiamano ”col fondo”. È la più antica versione delle bollicine, quando la rifermentazione avveniva in bottiglia e non in autoclave, ma i lieviti esausti, invece di essere espulsi secondo il metodo champenois,  rimanevano appunto sul fondo. Prendiamo ad esempio l’ottimo Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Sui Lieviti di Gregoletto. Questa versione è la Brut Nature, cioè senza aggiunta di zuccheri, e infatti lo spumante rimane un poco torbido, ma le bollicine sono fini e persistenti. I profumi sono ampi, di mela e pesca bianca, ma meno spiccati che in altre tipologie; in prima fila la crosta di pane. Sfumature gessose. Secco, persistente, con finale sapido in bocca, di una freschezza agrumata. 

Insomma, è sempre un gran bel bere con queste bollicine di collina. E pensare che qualcuno li chiama ancora "prosecchini". Sigh!


INFO.  Consorzio di tutela del vino Conegliano Valdobbiadene, piazza Libertà 7, Solighetto di Pieve di Soligo (Treviso), www.prosecco.it/consorzio

Rivaluce, strada di Barbozza 1, Valdobbiadene (Treviso), www.rivaluce.it 

Il Colle, via Colle 15, San Pietro di Feletto (Treviso), www.proseccoilcolle.it

Bruno Agostinetto, strada Piander 7, Saccol, Valdobbiadene (Treviso), www.agostinetto.com

Gregoletto, via San Martino 81, Premaor, Miane (Treviso), www.gregoletto.com

lunedì 19 maggio 2025

Perluna e Il risveglio del ceppo: così la Cantina sociale Barbera Sei Castelli, ridestando la tradizione, punta su una qualità nuova. E artistica

Accanto a un ceppo antico e alla nuova bottiglia di Perluna rosé, Enzo Gerbi, direttore ed enologo della Cantina Barbera Sei Castelli, ne racconta la storia durante la presentazione al Centro enoturistico L'anima del vino, di Castelnuovo Calcea.

Sulla destra, la graphic designer Lisa Perbellini, che ha "vestito" la bottiglia.


 Perluna. Una sorta di acronimo in cui si fondono le perle, che rappresentano le fini bollicine del perlage (appunto), nonché i piccoli acini d’uva Barbera, raccolti in gioventù. E la luna, poiché il colore rosato del vino richiama la tinta che assume certe volte il nostro satellite nella fase “piena,” come lo era nella passata domenica 11 di maggio. Proprio la giornata in cui è stato presentato il Perluna nella sede del Centro enoturistico e Museo L’anima del vino di Castelnuovo Calcea (Asti). La proprietaria Cantina sociale Barbera Sei Castelli, con la creazione di questo nuovo spumante, ha voluto portare a uno stadio evolutivo più alto un suo affascinate progetto chiamato Il Risveglio del ceppo.
Ma prima di addentrarci nella storia e nella realtà di questo disegno, lungamente studiato, vediamone subito l’ultima protagonista. 
Perluna (foto a fianco) è un vino allegro, sapido, dal colore incantevole. Si tratta di un Piemonte Doc extra brut, dunque un po’ più secco di un normale brut. È prodotto con il Metodo Martinotti (che i francesi chiamano Charmat): in pratica la presa di spuma avviene in autoclave per circa 5 mesi, riuscendo così a preservare il ricordo delle caratteristiche organolettiche del frutto; il perlage è fine e di buona persistenza, al naso lievi sentori di rosa e, più marcati, di piccoli frutti rossi con una piacevole nota minerale. In bocca è fresco, secco, avviluppante, con un suo fascino leggiadro. 
Durante la presentazione del nuovo spumante lo chef Simone Grazioso ha preparato due finger food strepitosi in abbinamento alle flûtes, denominati l’uno Bolle di Perluga (una spuma dello stesso spumante su gambero rosa e caprino), l’altro Bolle (polpettine) di carne cruda trapuntata di pistacchi. È seguito un perfetto risotto al medesimo vino rosato, con crema di Parmigiano. Lo spumante fa matrimonio d’amore anche con crudité di pesce, curry di gamberi, aragosta alla catalana, carpaccio, risotto al salmone, triglie in guazzetto, zuppe di pesce leggere, carni bianche alla griglia... 
Al di là della piacevolezza del risultato finale, il Perluna ha però una storia inaspettata alle spalle, che val la pena di raccontare. Le sue uve Barbera non derivano da barbatelle “qualsiasi”, ma da antichi ceppi di viti estirpate ad inizio Novecento (post-fillossera): 34 “individui” diversi (non cloni), nove dei quali sono stati selezionati e, dopo lunghe sperimentazioni in microvinificazione, ulteriormente ridotti a quattro per un nuovo vigneto, sino a giungere, dopo un decennio, alla prima vera vendemmia, nel 2022. È da quegli antichi ceppi rivificati per conservarne in nuce le caratteristiche uniche, che è stata prodotta la Barbera d'Asti Docg Il risveglio del ceppo 2022 (foto qui sotto). Maturato e affinato per il 50% in vasche di cemento, per il 25% in acciaio e per il 25% in una speciale botticella di legno a forma di uovo da 800 litri (foto in basso a destra), si rivela nel bicchiere
come un rosso di gran carattere, ricco, succulento, dai tannini importanti e tuttavia già morbidi, tali da far prevedere una prolungata longevità. 
Ebbene il Perluna è anch’esso un figlio (ma non minore) di quella vendemmia: le sue uve sono state selezionate in anticipo, consentendo così di ottenere maggiori concentrazioni per il vino rosso e la freschezza necessaria per l’effervescente rosato. 
Non è tutto. Infatti gli stessi ceppi antichi, a partire da una quarantina d’anni fa, hanno affascinato anche un artista sui generis come Ezio Ferraris. Che iniziò a selezionare i ceppi di vite abbandonati in cui individuava un personaggio, un’anima, un’essenza. Quindi si diede da fare per pulirli, trattarli e lucidarli, ottenendo una stupefacente “ceppoteca” di circa cento esemplari, scelti in 40 anni fra 500mila pezzi. 
Dei cento, 17 sono esposti nel museo ipogeo l’Anima del Vino, dove fra l'altro, seduti a una tavola d’assaggio, si possono degustare i vini della cantina, magari accompagnati da alcuni piatti, e godendo contemporaneamente della vista di queste intriganti opere d’arte. 

INFO. La Cantina sociale Barbera Sei Castelli è composta da 250 soci, che coltivano 800 ettari di vigneto, in gran parte Barbera, nell’Astigiano. Il punto vendita e di iniziative culturali Centro turistico
e Museo “L’anima del vino
” si trova a Castelnuovo Calcea (Asti), Regione Opessina 41, tel. 0141.967137, www.barberaseicastelli.it
La cantina produce una ventina di vini diversi tra spumanti, bianchi, rosati, rossi, e dolci aromatici (Moscato e Brachetto d’Acqui, in vendita a 6 € ciascuno). 
Ecco alcuni esempi fra i migliori. Piemonte Doc Rosato Extra brut Perluna, 12 €. Piemonte Doc Chardonnay brut Metodo classico Bianca Terra, 16 €. Monferrato Doc bianco Terre Galleani, 9,50 €. Barbera d’Asti Docg Il risveglio del ceppo, 38 €. Nizza Docg Le vignole, 15 €. Nizza Riserva Angelo Brofferio, 21 €. 
Ci sono vini anche più economici, più semplici ma pur sempre di qualità; fra questi ultimi: Piemonte Doc Cortese/Chardonnay Contessa Bianca 4,90 €; Piemonte Doc Rosato Rosasale, 4,90 €; Piemonte Doc Barbera A Taula, 4,90 €.