Le vigne di Montepulciano della Doc Villamagna. L'omonimo borgo si trova in collina, a 12 km dal mare e 28 dalla montagna. |
“Una carezza in un pugno”.
All’Associazione Produttori devono essere particolarmente piaciuti i versi della canzone di Celentano: ”...dal pugno chiuso una carezza nascerà...”, una metafora (involontaria) della loro Denominazione d’origine controllata, che narra di vini potenti, ma eleganti e carezzevoli quando si dischiudono al palato. È certificata dal 2011 la Doc Villamagna, ma era rimasta per lo più circoscritta al territorio abruzzese, con significative punte di export internazionale.
Villamagna si presenta ora nella grande Milano, vantando gli atout di chi è piccolo e bello. Il nome è lo stesso del comune, borgo abruzzese di poco più di 2mila anime, in provincia di Chieti, in gran parte dedite alla vitivinicoltura. Solo 85 ettari di vigneto, coltivati in parte anche nei vicini comuni di Bucchianico e Vacri, in particolare sulla collina La Torretta. Il vitigno è quello storico che ha fatto la fortuna della regione, il Montepulciano d’Abruzzo, ovviamente autoctono per quanto discendente da altro vitigno di origine greca.
Guancia di vitello con salsa amatriciana e purea di fave con i Villamagna Doc. |
Lo si alleva con la cosiddetta pergola abruzzese o tendone, anche se non mancano la controspalliera e il cordone speronato.
Ma che cosa differenzia il Villamagna Doc (che già aspira alla Docg) dal Montepulciano d’Abruzzo Doc? Intanto l’affaccio delle vigne a sudest e sudovest e mai a nord, per godere di una lunga esposizione ai raggi solari. Poi terreni ben selezionati e vocati, essenzialmente di due tipi: sabbioso-argillosi e calcareo-marnosi. I tecnici sostengono che i primi apportino un complesso di sensazioni olfattive, nonché morbidezza e longevità al vino; i secondi, intensità di colore, che spazia dal rubino intenso al granato con il passare degli anni.
Le rese massime per ettaro sono di 120 q.li, laddove per il Montepulciano il limite è di 140. L’uva Montepulciano è minimo al 95 %, contro l’85%. Il Villamagna esce in due versioni, quella normale (minimo 13° d’alcol, a 10 mesi dal 1° novembre dell'anno della vendemmia) e la Riserva (13,5°, dopo almeno 24 mesi). Anche solo da questi dati si evince che si tratta di una sorta di concentrato, di quintessenza del Montepulciano e infatti la produzione totale è di sole 70mila bottiglie per la tipologia base e 20mila per la Riserva, prodotte da 7 aziende vinicole associate. Sei di queste si sono presentate al nuovo ristorante Sadler di via dell’Annunciata, a Milano.
E qui si sono potute constatare due cose. La prima è l’intensità gentile di questi vini, potenti ma morbidi, senza essere stucchevoli. La seconda è la questione dell’abbinamento con i piatti.
Ora, non è difficile individuare preparazioni regionali che meglio si confacciano al Villamagna. Il “base” si sposa bene con cannelloni all’abruzzese (ripieni di carni miste), gnocchi di patate, alla cosiddetta Pasticcia (polenta stufata con salsicce, uova e Pecorino grattugiato). La Riserva è indicata particolarmente per il capretto al forno, il cosciotto d’agnello, il brasato al Montepulciano ovviamente, il carré di maiale con mele e frutti di bosco.
Tutto bene quindi? Sì e no. Perché recarsi in loco e abbinare cibi e vini locali è certo la scelta migliore, ma non risponde alla questione se il Villamagna possa essere un felice accompagnatore, anzi coprotagonista di un pranzo con cibi di tutt’altre regioni o nazioni. Ci ha provato Claudio Sadler, noto chef stellato milanese, inserendo robusti tocchi di creatività nei piatti che ha proposto con sei Villamagna di produttori, tipologie e annate diverse. E ha vinto la scommessa.
Così il Villamagna di Piandimare 2019 stava bene addirittura con una serie di finger food d’aperitivo come il Supertoast di prosciutto di Carpegna con Casera e tartufo nero, il Risotto alla milanese da passeggio o il Savarin di mortadella al pistacchio e arancia. Nonché, poi, con il primo piatto di Lorighittas al ragù d’agnello, Pecorino, melanzane e menta, sui quali magnificamente si sposavano anche il Villamagna 2018 della Cantina sociale e il Riserva 2018 della Cascina del Colle.
Eccellenti matrimoni anche fra la Guancia di vitello stufata con salsa amatriciana e purea di favette e il Torre Zambra Riserva 2018, il Valle Martello Riserva 2017 e il Palazzo Battaglini Riserva 2016.
Tutti vini fatti con estrema cura: c’è chi usa le vasche di cemento e/o i tini d’acciaio e poi botti di legno (dalle barrique ai tonneau) per fare maturare il proprio vino o chi solo alcuni materiali ma sempre con lunghe maturazioni e affinamenti finali in bottiglia, che durano svariati mesi. Quel che colpisce, occorre forse ribadirlo ancora una volta, è la personalità dei vini: distinti eppure centrati sul binomio potenza/morbidezza: pugno di ferro in guanto di velluto. O se volete “Una carezza in un pugno”.
I VINI
Villamagna Doc 2018, Cantina sociale di Villamagna. Fermentazione e macerazione per 20 giorni in acciaio. Matura per 24 mesi in vasche di cemento e tonneau, poi s'affina in bottiglia per 6 mesi.
Villamagna Doc Riserva 2018, Cascina del Colle. Macerazione con le bucce per 2/3 settimane in acciaio a temperatura controllata e affinamento in barrique per almeno 6 mesi.
Villamagna Doc Riserva 2018, Torre Zambra. Lunga macerazione delle bucce (2 mesi) e fermentazione in acciaio, maturazione e affinamento in cemento vetrificato (6 mesi), tonneau (20 mesi) e bottiglia (6 mesi).
Villamagna Doc Riserva 2017, Valle Martello. Macerazione e fermentazione in acciaio, maturazione in barrique di primo passaggio per 12 mesi e affinamento in bottiglia per un anno.
Villamagna Doc Riserva 2016, Palazzo Battaglini. Breve appassimento in vigna, poi vinificazione sulle bucce per 20 giorni. Maturazione in vasche di cemento per 1 anno e per un altro anno in barrique.
Info. Associazione Produttori Villamagna Doc, https://villamagnadoc.it
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