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Casatiello versione "ricca". |
C’erano una volta lo “champagnìn de Milàn” e la “champagna” del Trevigiano. Aveva così appellato il primo Maria Luisa Ronchi, famosa enotecara in Milano: le era piaciuta quel bianco frizzante fatto sulle colline di San Colombano al Lambro con le locali uve Verdea, inventato dall’azienda vinicola Nettare dei Santi. Verdea La Tonsa l’aveva chiamato il proprietario Enrico, figlio di quel Franco Riccardi che aveva ricreato in maniera professionale la cantina di famiglia, ottocentesca, alla fine degli anni Quaranta, a cui si era dedicato dopo le precedenti glorie sportive (quattro medaglie d’oro in varie Olimpiadi e mondiali di scherma, specialità spada). Oggi la Verdea è declinata in 4 versioni, di cui due frizzanti, la primogenita La Tonsa e la Verdea Igt (mentre la “N. 1” è ferma e Solitaire è passita). E c’era una volta anche la “champagna” del Piave, come veniva chiamata dai contadini la Marzemina bianca vinificata con le bollicine. Oggi una rarità perché il metodo di coltivazione “a Bellussera” dell’uva è stato abbandonato quasi da tutti (per saperne di più vedere articolo del 15 gennaio 2019 “A Ca’ di Rajo con la Bellussera crescono i grandi vini”). Resistono e anzi ci puntano i tre fratelli Cecchetto con la loro azienda Ca’ di Rajo di San Polo di Piave, dove producono una varietà di uve e di vini notevole per qualità, dalla Glera (quella del Prosecco) al Roboso, dallo Chardonnay al Merlot, dal Pinot bianco al Manzoni rosa. E la Marzemina bianca, una ricercatezza autoctona, ormai quasi abbandonata, la cui versione spumante è prodotta solo da loro. È il frutto di una fermentazione unica, che parte direttamente dal mosto, riducendo così la possibile ossidazione e i solfiti aggiunti. Racconta Diego Tomasi, ricercatore del Centro di Ricerca viticoltura ed enologia di Conegliano: “Questo vino nasce dalla combinazione di tre fattori: un’antica varietà autoctona del Piave, già citata nel 1679 e conosciuta anche con il sinonimo di Champagna; l’imponente forma di allevamento a Bellussera, ideata da una ingegneristica ispirazione della famiglia Bellussi nel 1870 e oggi in via di estinzione perché non si è piegata alle invadenti vendemmiatrici meccaniche; terzo fattore, il metodo di spumantizzazione italiano Martinotti, che conserva la piacevolezza e la finezza della frutta matura, degli agrumi e dei sentori di fieno tipici della Marzemina Bianca. Si tratta di un vino del Piave che nasce da un perfetto incontro della tradizione varietale e produttiva, ora pienamente valorizzata dall’innovazione enologica”. Il risultato, secondo Simone Cecchetto, “è uno spumante brut con 6 gr di residuo zuccherino e profumi intensi”. Quali? Tra i floreali prevale il biancospino, tra i fruttati cedro, pompelmo e pesca. Le bollicine sono abbondanti e fini, il gusto è fresco, citrino e vibrante, ben amalgamato dalla sottesa morbidezza. Siamo a Pasqua. E quindi il gioco non è più quello dell’abbinamento cibo/vino ma il contrario: quale piatto pasquale possiamo abbinare alla Marzemina bianca spumante o alla Verdea? Uno veneto, friulano, nordico? Ma no, per una volta il matrimonio d’amore è con una preparazione del Sud Italia, il Casatiello della Campania, una ciambella salata (ma ne esiste anche una versione dolce) di solito servita fra gli antipasti. Ecco la ricetta di Anna Gosetti della Salda, tratta dal suo indispensabile Le ricette regionali italiane (Casa editrice Solares).
Casatiello
Ingredienti: farina bianca gr 600, lievito di birra gr 30, strutto, 4 uova freschissime, sale e pepe.
Versare sulla spianatoia la farina, unire 2 cucchiaiate di strutto, un pizzico di sale e di pepe, incorporare il lievito diluito in un bicchiere d’acqua tiepida.
Impastare gli ingredienti aggiungendo altra acqua tiepida, fino a ottenere una pasta piuttosto morbida. Lavorarla energicamente sino a quando sarà divenuta liscia ed elastica. Metterla in una ciotola, coprirla con un tovagliolo e riporla in luogo tiepido, lasciandola lievitare per circa 3 ore, finché avrà raddoppiato il suo volume iniziale.
Rimettere la pasta sulla spianatoia, lavorarla per qualche minuto e poi formare una ciambella posandola su una placca da forno unta di strutto. Mettere al centro della ciambella una scodellina e contornarla con una striscia di cartone bianco, affinché il casatiello rimanga in forma. Affondarci dentro le uova (con il guscio lavato).
Lasciare lievitare ancora mezz’ora, poi collocare la placca in forno caldo (180°), facendo cuocere il casatiello per circa 45’. Si serve freddo.
Si tratta della versione più semplice del Casatiello. Ma ve ne sono altre varianti, più suggestive e saporite. Visto che il nome casatiello dovrebbe derivare dal latino caseus ha senso che nell’impasto ci sia anche il formaggio. Quale? Provolone, in prevalenza, ma anche Pecorino, da distribuire tagliato a dadini (Provolone) o grattugiato (Pecorino). C’è anche chi preferisce un casatiello ancora più saporito ed aggiunge salame napoletano a tocchetti. Le uova semisommerse nell’impasto, poi, possono essere tenute ferme da striscioline di pasta incrociate e infine la superficie del casatiello prima di infornarlo può essere unta ancora con lo strutto (di rigore: non è estinto, si trova ancora nei supermercati).
Nella versione più elementare l’abbinamento col vino può realizzarsi armoniosamente sia con la Verdea Tonsa che con la Marzemina, ma in quella più ricca diventa imprescindibile la Marzemina spumante.
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Uva Verdea |
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Uva marzemina |
E per gli ostinati del rosso? Stavolta scendiamo in Campania e versiamo nel bicchiere uno spumeggiante Gragnano Penisola Sorrentina. Comunque sia, buona Pasqua.
Info. Az. Agricola Nettare dei Santi, via della Capra 17, San Colombano al Lambro (Milano), tel. 0371.200523, www.nettaredeisanti.it Verdea La Tonsa frizzante, sui 5 €.
Ca’ di Rajo, via del Carmine 2/2, San Polo di Piave (Treviso), tel. 0422.855885, www. cadirajo.it Marzemina bianca brut millesimata 8,90 € sullo shop del sito.
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