giovedì 20 giugno 2019

Che bottiglie al Parigi (di Milano). Ecco cinque produttori che hanno partecipato all'Arena del vino. Buone nuove da Laurent-Perrier, Le Pupille, Tavignano, Siddùra e...Marolo

Il logo dell'Arena del vino
A Parigi (città) tutt’alpiù c’è l’Arena di Lutezia. Ma al Parigi, Grand Hotel Palazzo (di Milano), c’è quella del buon bere, l’Arena del vino. O meglio c’è stata, lunedì 17, giorno che, a dispetto della data, ha portato bene ai produttori che hanno visto accalcarsi in un ampio salone centinaia di appassionati, esperti, sommelier e ristoratori. Qualche Champagne, qualche distillato e molti vini italiani ai banchetti degli espositori, secondo la formula 3 in 1: ogni produttore presentava 3 bottiglie diverse, da potere assaggiare liberamente nel proprio bicchiere. E così si conversava sul vino, si scoprivano le novità, si degustavano le nuove annate: tutto in nome di una sartorialità, di un “fatto a mano” con gran cura e quindi di una ricerca della qualità, che sostanzialmente ha avuto conferma nella gran maggioranza dei vini assaggiati. Una cinquantina le aziende presenti, selezionate dalla società promotrice dell’evento, la Arena Wines & Consulting, con la parte del leone rappresentata dalla “delegazione” toscana, seguita da quelle piemontesi, venete, siciliane e lombarde.
Ecco alcune delle novità più interessanti.

L'Ultra Brut
Laurent-Perrier. Fondata nel 1812 da André Michel Pierlot e passata alla sua morte al cantiniere Eugent Laurent e poi alla sua vedova Mathilde Perrier, la Maison di Champagne di Tours-sur-Marne ne assunse  quindi i cognomi nella ragione sociale. Solo nel 1939 subentrò una nuova proprietà con Marie-Louise de Nonancourt prima e col figlio Bernard, poi. Questi aveva partecipato alla Resistenza francese a fianco del famoso Abbé Pierre (poi deputato, fondatore di Emmaus - organizzazione di sostegno dei poveri e dei rifugiati -, che come sindaco di Digione instaurò il cocktail Kir - Bourgogne aligoté e Crème de cassis - come “vino d’onore” del Comune).
Grand Siècle n. 24
Fu Bernard de Nonancourt a ricreare lo stile contemporaneo di Laurent Perrier, che nella Maison amano riassumere in tre parole: freschezza, finezza ed eleganza. Parecchi sono i motivi d’interesse della gamma degli Champagne L-P. Per esempio, accanto alla classica cuvée di base brut, c’è dal 1981 una cuvée denominata Ultra Brut, priva dello zucchero che di solito si trova nella liqueur d’éxpedition utilizzata per il rabbocco finale dello Champagne, subito dopo il degorgement (sboccatura). La dizione Ultra Brut, che ormai non si vede quasi più in giro, ma corrisponde in pratica alla Brut Nature (o pas dosé), campeggia sull’etichetta dell’eccellente Blanc de blancs (100% Chardonnay). La tradizione della cantina di Tours-sur-Marne è di basarsi sulla quella medesima di tutto lo Champagne per fare i vini: pochi millesimati e solo in annate veramente speciali, tutto il resto cuvée, mixando quindi vini di terreni e annate diverse per ottenere il meglio possibile anno dopo anno. Ma alla L-P la media dei millesimati per decennio è molto più rada di quella del totale degli Champagne. Per cui il millesimato che sta per uscire in commercio è il Brut 2008, vendemmia ritenuta eccezionale, che ha trascorso 9 anni sui lieviti, perfetto assemblaggio di 11 vini da zone tutte Grand cru, ricco e di una freschezza inusitata, con bei sentori agrumati e una gradevolissima vena minerale. Da crostacei e pesci nobili. 
L’altro Champagne d’eccezione della Maison è la sua cuvée de prestige, come amano chiamare queste tipologie i francesi. Quella di L-P si chiama Grand Siècle n. 24 (per distinguerla dalle precedenti cuvée, tutte numerate per il lavoro di cantina, ma che finora non esponevano in etichetta la numerazione). Il principio è quello di mettere insieme i migliori vini di riserva di tre annate ritenute eccellenti, una sorta di supermillesimo insomma. Nel caso della n. 24 sono statti utilizzate le annate 2007, 2006 e 2004, da 11 dei 17 Grand cru di Chardonnay e Pinot nero. Bollicine finissime, sentori di nocciola ma anche di miele, poi note tostate al naso; finezza, eleganza e persistenza in bocca con finale setoso e lievemente agrumato. Effettivamente un fuoriclasse, facile e complesso allo stesso tempo. Eccellente quasi su qualsiasi piatto che abbia qualcosa da dire al palato (135-150 € la bottiglia).

Fattoria Le Pupille. Elisabetta Geppetti è produttrice ben nota per i suoi pregevoli Morellino di Scansano e per aver dato vita a uno dei più famosi vini della Maremma, il Saffredi, un uvaggio di cabernet, merlot e petit verdot. Ora esce sul mercato con una novità assoluta, semplicemente ma orgogliosamente chiamata come la stessa cantina: Le Pupille
Le Pupille Syrah
L’hanno voluta Elisabetta stessa e la figlia Clara Gentili, che la affianca da otto anni nella conduzione, assieme all’enologo consulente Luca D’Attoma. È un Syrah in purezza, che deriva dalle uve di due appezzamenti, la Vigna del Palo e la Vigna di Pian di Fiora, rispettivamente di 1,5 e 0,5 ettari. Per le uve della prima, la vinificazione è stata fatta in tonneau aperti da 500 litri, con follature leggere e per 50 giorni complessivi tra fermentazione alcolica e macerazione ulteriore. Per l’altra, si è provveduto a vinificare in orci di argilla chiantigiana, sempre da 500 litri, con fermentazione spontanea, sia pur controllata e macerazione successiva per circa otto mesi. Poi si è proceduto all’assemblaggio con maturazione in botti da 300 litri per 10 mesi e all’imbottigliamento con ulteriore affinamento per 22 mesi. Prima annata il 2015, ma solo 3mila bottiglie. Chi l’ha assaggiato parla di profumi di frutti di bosco, spezie e tabacco, di giusta acidità in bocca, di complessità ed eleganza.
Molto interessante anche il bianco Poggio Argentato 2017, da uve sauvignon in prevalenza, poi traminer, petit manseng e sémillon, completamente fuori dagli schemi di tipicità regionale, ma sapido, sinuoso, con spunti fruttati, in particolare di agrumi ed erbe aromatiche (12-13 €).
Info: Fattoria Le Pupille, Piagge del Maiano 92 A, Grosseto, tel. 0564.409517, www.fattorialepupille.it

Il Misco Riserva
Tenuta di TavignanoCingoli, nelle Marche, è uno dei due soli comuni della provincia di Macerata che rientra nella menzione “Classico” del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Qui ha sede la tenuta, 30 ettari vitati con le uve caratteristiche del territorio: oltre al Verdicchio, il Pecorino, la Passerina, il Montepulciano, il Sangiovese e il Lacrima di Morro d’Alba. La tenuta è proprietà da una ventina d’anni di Stefano Aymerich, di antica famiglia catalana e poi sarda, che la conduce ultimamente con il supporto della nipote Ondine de la Feld. La zona è ideale per la viticoltura, grazie al clima influenzato dai venti marini ma anche dalle correnti fresche del monte San Vicino che provocano le giuste escursioni termiche tra giorno e notte, adatte a ottenere vini profumati e longevi. 
Molto interessanti il Rosso Piceno Libenter (da sangiovese, montepulciano e cabernet) e il Lacrima di  Morro d’Alba Barbarossa (100% dall’omonimo vitigno), dai caratteristici sentori di visciole, viola e garrigue. Ma in questa terra la parte del leone la fa il Verdicchio dei Castelli di Jesi, in particolare il Misco (come era chiamato dai latini il vicino fiume Musone) nelle due versioni Classico Superiore 2017 (15 €) e Riserva 2015 (20 €). Ambedue si affinano solo in acciaio e successivamente in bottiglia, presentando bei sentori floreali e sfumature minerali. In particolare il Superiore matura per 6 mesi in vasca e 6 in bottiglia; la Riserva trascorre un anno sulle fecce fini e si affina un altro anno in bottiglia: dispensa profumi d’erbe aromatiche e mandorla, pesca e fiori di ginestra, con una particolare vena minerale. Ottima sui piatti di pesce e azzeccata anche su quelli speziati della cucina orientale.  
Info.Tenuta di Tavignano, loc. Tavignano, Cingoli (MC), tel. 0733.617303, www.tenutaditavignano.it

SiddùraLuogosanto è un villaggio di origine medievale nei pressi di Olbia. Qui, fra piccoli insediamenti nuragici e boschi, arbusti di mirto e piante di ginestra nel 2008 Nathan Gottesdiener e Massimo Ruggero hanno deciso di sviluppare la loro impresa vinicola. Oggi, su circa 38 ha, allevano Cannonau e Cagnulari, Cabernet e Sangiovese. Ma soprattutto la grande uva della zona, il Vermentino. Docg, il Vermentino di Gallura è uno dei più grandi bianchi italiani, profuma di macchia mediterranea, è intenso, sapido e può invecchiare molto bene, evolvendosi positivamente nel tempo. È anche piuttosto versatile come dimostrano le differenti versioni che ne propone
Siddùra: tre, dai nomi poetici. Spèra, che in gallurese vuol dire “fascio di luce”, ne è la versione più
I tre Vermentini di Gallura di Siddura
fresca, profumata, buona per l’aperitivo come per i piatti di pesce non troppo strutturati (12,50 €). Maìa in gallurese significa magia ed è un Superiore, le cui vigne d’origine sono collocate nel terroir migliore. Qui i profumi si fanno più intensi, la sapidità aumenta e come pure la corposità. Bene con i saporiti antipasti sardi, con primi piatti di pesce e con la bottarga. (sui 20 €).  Bèru è anch’esso un Vermentino Superiore, il cui nome deriva addirittura dall’estrusco, significa nobile e farebbe parte dell’etimologia della parola vermentino (Beru-Veru…). Questo vino fermenta in piccoli fusti di rovere per una decina di giorni, poi si affina per otto mesi in barrique nuove. Il colore è dorato, i profumi richiamano il burro e la crosta di pane, la vaniglia ma anche il timo; in bocca è elegante e armonico, il legno non gli fa perdere freschezza, la sapidità è preservata, anche se il finale è vanigliato e richiama pure il miele d’acacia. Ottimo con la fregula e i risotti di mare, crostacei e pesci in salsa e formaggi non troppo stagionati (30 € circa).
Info. Società agricola Siddùra, loc. Siddùra, Luogosanto (OT), tel. 079.6573027, www.siddura.com

MaroloParafrasando l’antico adagio…Grappa in fundo. E che grappa, anzi, che grappe! Dal 1977 Paolo Marolo (poi col figlio Lorenzo) si è specializzato nel proporre distillati di vinacce rigorosissimi quanto interessanti e…gustosi. Intanto le grappe sono solo di monovitigno, distillate in apparecchi discontinui (non quelli a colonna tipici degli impianti industriali), a bagnomaria; poi l’invecchiamento (meglio sarebbe dire la maturazione) avviene in fusti d’acacia e in barrique francesi selezionati con cura. 
Il Martin Pescatore
emblema della Grappa
di Barolo di Marolo
Ormai la produzione si dipana su quasi tutto il fronte nazionale, per quanto riguarda le vinacce d’origine. Si va dai vitigni piemontesi (Nebbiolo da Barolo, Arneis, Moscato, Barbera, Barbaresco ecc) al Brunello di Montalcino, dai Pigato e Vermentino liguri al Gewürztraminer altoatesino, dall’Amarone veronese al Verdicchio marchigiano. Ma il fiore all’occhiello è probabilmente la Grappa di Barolo. Anche qui in parecchie versioni. C’è quella dello specifico cru Bussia e la San Sebastian, affinata a lungo in barrique. La Doppio fusto (che riposa in due fusti dalle essenze legnose diverse, prima di essere assemblata) e quelle che riportano gli anni di invecchiamento; ora in commercio: la 9, la 12, la 15 e la 20 anni, tutte a 50° di forza tranquilla e profumi intensi che a volte sfociano, proprio come nei vini rossi di pregio, in vaniglia, tabacco e cuoio (40-90 € a seconda dell’invecchiamento). La più prestigiosa è senza dubbio la Barolo 1991, 27 anni di maturazione dopo la distillazione. È una vera fuoriclasse che si affina lentamente con un procedimento complesso. Dapprima trascorre 12 anni in botti di rovere che hanno contenuto Marsala Florio (solo il 20% in botti in cui si sono affinati vini bianchi piemontesi); poi dal 13° al 27° anno il distillato passa, sosta e poi passa ancora in diverse botti che hanno contenuto Sherry, Porto, rum, Scotch Wisky single malt, Cognac e Bas Armagnac. Infine l’imbottigliamento. In bocca, un’esplosione sia pur equilibrata di sensazioni, dalla noce alla vaniglia, dal velluto all’uva passa. 1421 bottiglie. Prezzo: sui 170/180 € l’una.
Info. Fratelli Marolo, Distilleria Santa Teresa, corso Canale 105/1, Alba (CN), tel. 0173.33144, www.marolo.com
            

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