venerdì 15 febbraio 2019

Un Assenza che si nota. Fino a domani sera il famoso pasticciere siciliano cucina a Identità Golose Milano. Cosa? Cacio e pesce e Dialogo, Geometria del mare e ...


 
Corrado Assenza mentre prepara il piatto La cacio e pesce nella sala di Identità Golose Milano
La presenza di Assenza si nota. Gioco di parole fin troppo facile per uno che si chiama Corrado Assenza. Il fatto è che questo siciliano 58enne, nato a Noto, non troppo alto, magro, dall’eloquio pacato ma teso, declina con sorprendente precisione, avvolta però da un’aura di leggenda, la sua Weltanschauung, la concezione del mondo…almeno di quello della gastronomia: la divisione tra dolce e salato è posticcia, è una sovrastruttura storica, che non ha una vera ragion d’essere.“Io cerco il salato nel dolce e viceversa, lo zucchero non dona dolcezza, ma zuccherosità (intendo qualcosa di eccessivo e quasi innaturale); la dolcezza vera viene dal miele, dalle verdure e dalla frutta; in tutti i
La cacio e pesce
piatti, dall’antipasto al dolce, ci sono dolcezze e sapidità, il problema è di trovare il giusto equilibrio e risolverlo spetta al cuoco”. Ecco alcune delle sue convinzioni, aforismi quasi.
il Verdicchio Vertis
Assenza dialoga con una gentile intervistatrice dal banco-cucina della sala per conferenze e show cooking di Identità Golose Milano. Lui, che è famoso per torte, semifreddi, pasticcini, confetture,  gelati e granite, che offre a una clientela ormai internazionale ai tavolini del bar-pasticceria di famiglia, il Caffè Sicilia di Noto (la città della famosa cattedrale barocca, in provincia di Siracusa), non si considera né un pastry-chef né tanto meno uno chef di cucina, non si vuol proprio definire. In realtà è l’anima di questo straordinario ritrovo che è il Caffè Sicilia, dove con la sua équipe, che comprende il figlio Francesco (e non più purtroppo il fratello Carlo, scomparso l’anno scorso), progetta nuovi dolci o nuove declinazioni di dessert della tradizione, cerca, seleziona e prova la materia prima: la mandorla Romana (cultivar tipica di Noto) e il pomodoro, lo zafferano e la vaniglia, l’acciuga (!) e il peperone, il cacao e il fiordilatte, solo per citarne qualcuna. 
Mentre a Noto tutte le creazioni rientrano bene o male, stretta o larga, nella categoria pur generica dei dolci, Assenza, qui a Milano, in un periodo di chiusura del suo caffè, ci è venuto per una 4 giorni di cucina nel ristorante di Identità Golose. La formula di questo locale è anomala, non è un posto dove si può scegliere alla carta, tranne che a pranzo nei primi cinque giorni della settimana, durante i quali cucina lo staff residente guidato da Alessandro Rinaldi e ispirato dallo stellato Andrea Ribaldone. Dal mercoledì al sabato, la sera, c’è sempre uno chef ospite che prepara i canonici 4 piatti di un menu all’italiana, dall’antipasto al dessert. Così Corrado Assenza, ieri pomeriggio, era nella sala degli eventi a presentare oltre alla sua filosofia di cucina, un piatto presente nel menu della 4 giorni milanese: La cacio e pesce. Nome mutuato ironicamente da uno dei cult più popolari della cucina romana, i tonnarelli cacio e pepe. Qui, però, c’è il cacio ma non il pepe…Assenza illustra intanto le meraviglie della pasta utilizzata, il rigatone romano (un maccherone rigato nato appunto nella capitale) chiamato Il Cappelli e prodotto a partire dalle messi delle Murge dalla Monograno Felicetti,
L'antipasto Dialogo
fornitore ufficiale della dispensa di Identità Golose. 
Ad Assenza è piaciuto per un suo particolare sapore “dolce”, tipo mollica di pane e un finale appena salino, dopo la cottura in acqua poco salata. La pasta scolata viene condita con una salsa di Pecorino primo sale siciliano e origano, poi nel piatto entrano ancora alici quasi crude, cozze, vongole, un filetto di triglia in cima, un cipollotto in fondo: tutti ingredienti rigorosamente di stagione, con la sublime triglietta che smuove subito le papille gustative, che poi alternativamente si ammorbidiscono ed esaltano passando dalla pasta all’acciuga, al leggero condimento della salsa, al pecorino e al cipollotto.
Nel menu serale (disponibile ancora stasera e domani sera, sabato 16) La cacio e pesce rappresenta naturalmente il primo piatto, cui viene abbinato felicemente un bicchiere di vino bianco biologico, il Verdicchio di Matelica Vertis 2015 di Borgo Paglianetto, sapido, quasi salmastro, fulgido.
Un passo indietro, all’antipasto. Con Dialogo è tutto un gioco di lievi incontri, di accenni dolce-salato, tra il filetto di sgombro marinato al miele e verdure ben croccanti, come la zucca, i broccoletti e il finocchio, appena sfiorati da una salsina di rape rosse. Piatto equilibrato e gustoso, il Dialogo si completa con un Satèn Franciacorta Berlucchi ’61 brut (’61 è una linea della Berlucchi e si riferisce all’anno di nascita del primo Franciacorta) di suadente cremosità o, volendo, con una Veuve Clicquot Rosé.
Dopo il primo, ecco La geometria del mare, in cui è protagonista il rombo (dalla forma geometrica, appunto), cotto in padella, passato in forno e rifinito ancora in padella, poi posto su un cuscino di porro con crema di ceci e borragine e alcuni tratti di crema di zafferano. Fanno buona presenza di sé anche un'oliva sorprendentemente candita e croste croccanti di farina integrale frullata con lattuga di mare per renderle più sapide. Piatto deciso, dal sapore pieno e appagante. 
Con questo piatto si è realizzato l’abbinamento migliore, almeno a parere di chi scrive, grazie a un vino non bianco ma rosso, servito a 
Mediterra, di
Poggio al tesoro
temperatura più fresca del consueto, sui 15°: il Mediterra 2015 di Poggio al tesoro, un fragrante,
La geometria del mare,
protagonista il rombo
intenso (con qualche nota di pepe) e fruttato Syrah (al 40%), mixato in cantina con Cabernet e Merlot  (30% ciascuno) e passato in barrique per 8 mesi. Buono in sé, perfetto col rombo&co.
È dolce di natura il couscous alla mandorla Romana (una cultivar della zona) con crema doppio fior di latte di carota novella di ispica e arancia, bergamotto candito, gelato di finocchietto e peperoncino, ma non è piccante il dessert conclusivo, è invece soavemente dolce e aromatico. Abbinamento previsto, non un passito di Noto (ce n’è di ottimi) o magari di Salina, ma un cocktail, il Trinacria Mai Tai. Ispirato al drink inventato nel 1944 al Trader Vic’s di Oakland, California, divenuto un must dopo la sua apparizione nel film Blue Hawaii interpretato da Elvis Presley, contempla rum scuro, Orange Curaçao, sciroppo di orzata e succo di lime. Il Trinacria si prende parecchie libertà: sostituisce il rum con un Cognac, il lime col bergamotto, aggiunge succo d’arancia fresco, mantiene l’orzata (fatta in casa). Ma è perfetto.

E' dolce di natura, abbinato
 al cocktail Trinacria
Info. Identità Golose Milano, via Romagnosi 3, Milano. La sera, da mercoledì al sabato, cena a cura di uno chef invitato, a 75 €, con abbinamento di un vino (a volte di un drink) per ognuna delle 4 portate. A pranzo, lun.-ven., formula business a 35 € (alla carta, da 12 €). Prenotazioni: tel. 02.23668900 oppure on line attraverso la piattaforma di The Fork, www.identitagolosemilano.it. Fino al 16 febbraio: Corrado Assenza e la leggenda del Caffè Sicilia. Dal 20 al 23, La favola del Mandarin Oriental tra Milano e Como, con lo chef Antonio Guida; dal 27 febbraio al 2 marzo, Cucina a 5 stelle: il viaggio gastronomico di Belmond Hotels Davide Bisetto, con Mimmo di Raffaele, Luís Pestana e Roberto Toro.

sabato 2 febbraio 2019

A La Raia il Gavi e la Barbera si sposano biodinamicamente sotto gli occhi del Santimpalo

Rose e viti alla Tenuta La Raia.

È lì, pronto a saltellare da un rametto all’altro. Anche se bisogna osservare con attenzione le etichette per scorgerlo. Il Saltimpalo è un uccellino nero e arancione che non pesa più di 13 grammi. Si trova in ambienti intatti, vola basso, da un muretto a uno stelo, da una siepe a un arbusto. E si è posato anche sulle etichette delle due bottiglie top di gamma di La Raia, il Gavi Pisé e la Barbera Largé, dapprima; poi anche sulle altre. È come una sentinella della purezza dei vini, un simbolo della scampata contaminazione da concimi, pesticidi e altre sostanze chimiche di sintesi.
A La Raia, azienda agricola di Novi Ligure, nel sud del Piemonte, si produce vino seguendo rigorosamente i dettami della scienza antroposofica steineriana, vale a dire dell’agricoltura biodinamica. Non solo viti e di conseguenza vino, che pure sono il core business aziendale, ma anche altre coltivazioni come quelle del farro monococco e della segale, l’allevamento al pascolo di mucche fassone, la produzione di miele d’acacia e millefiori delle proprie api. Tutto si svolge su 180 ettari di terreni collinari, cantina ecosostenibile e boschi di rovere, ciliegio, castagno e acacia compresi. 
C’è dell’altro. Un asilo e una scuola steineriana, un sito internet per la vendita diretta di frutta, verdura e alimenti bio, il piccolo agriturismo nella cascina restaurata di Borgo Merlassino, la Locanda, con 12 camere e una fondazione culturale, che promuove una riflessione critica sul territorio, grazie all’apporto di artisti, intellettuali e paesaggisti.
Terreni e poderi di La Raia furono acquistati nel 2003 da Giorgio Rossi Cairo, fondatore e managing director di Value Partners (società di consulenza per il top management), colpito dalla bellezza del luogo e dalle potenzialità che l’uva cortese aveva per produrre il Gavi, uno dei pochi vini bianchi del Piemonte di antica tradizione, in una terra per lo più vocata ai rossi. Ma sono stati i due figli Piero (che da tre anni conduce sia La Raia sia la più recente acquisizione di Tenuta Cucco a Serralunga d'Alba) e Caterina, col marito di lei Tom Dean, a convincerlo a convertire le coltivazioni prima al biologico e poi al biodinamico. ”Volevamo fare vini bianchi di qualità e per di più longevi, che addirittura si evolvessero in bottiglia anche fino a sette od otto anni”, racconta Giorgio Rossi Cairo. “Lo stesso per il rosso, la Barbera, che teoricamente viene meglio in altre zone, ma che qui siamo riusciti a produrre non come complemento, ma come un vino importante: il Largé si beve tranquillamente anche dopo dieci anni”.

Tecniche antiche e moderne per la cantina: muri in terra cruda e pareti di cristallo
Le tipologie dei vini La Raia infatti sono solo due, quella del Gavi, declinata in tre versioni, la base, fresca, fruttata e vivace, la Riserva, più ricca e complessa e il Pisé, un piccolo capolavoro di aromi agrumati e salini, di sapori pieni e leggiadri. Poi c’è il rosso, due signore Barbera in purezza, di più immediata piacevolezza la versione normale, più complessa, ma morbida e armonica quella denominata Largé, maturata in barrique per un anno e mezzo. Di recente si sono aggiunte anche un Gavi e una Barbera prodotte completamente senza solfiti (si trovano solo da NaturaSi').   
La denominazione di Pisé per il vino di punta di La Raia, merita una spiegazione. Non è il nome del vigneto di riferimento (che si chiama invece La Cascinetta e ha oltre 70 anni, con splendida esposizione a sud e sud-ovest), ma di un muro. O meglio della terra battuta che lo costituisce e della tecnica relativa per elevarlo. Durante la ristrutturazione della cantina di alcuni anni fa si scelse di utilizzare, come elementi architettonici caratterizzanti, una parete di cristallo e una muratura realizzata in terra cruda con l’antica tecnica (quasi dimenticata) del pisé. Per ridurre l’impatto ambientale, una parte della cantina, quella che ospita le botti di rovere, fu scavata al di sotto di una collina, e il materiale di risulta, assieme ad altra terra dei campi circostanti, abilmente dosati e mescolati per grana, colore e consistenza dall’artista e costruttore austriaco Martin Rauch, venne utilizzato per un muro lungo 40 metri e alto 5. Una scelta quindi culturale e pratica allo stesso tempo. 

L’agricoltura biodinamica, scienza, arte e cultura. E un nuovo libro sulla biodiversità
Che la biodinamica si sposi bene con la cultura, Giorgio Rossi Cairo lo crede assolutamente. Tanto da creare nel 2013, insieme alla sua compagna Irene Crocco, la Fondazione La Raia   (www.fondazionelaia.it), che vuole coniugare arte e territorio attraverso opere permanenti di artisti, come la coreana Koo Jeong A. (la sua opera Oussser è visibile presso la cascina Merlassino nelle notti di novilunio). O come le tre opere di Remo Salvadori: Nel momento, installazione verticale in stagno composta da 16 elementi; Continuo infinito presente, un anello “infinito” in cavi d’acciaio; e Il Sabato piantare il cipresso, sorta di giardino in marmo, con acqua ed essenze, tra i vigneti. Nella primavera del 2017 si aggiunge l’opera Bales 2014/2017 di Michael Beutler, due rotoballe in plastica colorata e nel maggio 2018 Palazzo delle Api, di Adrien Missika, una scultura in pietra luserna (granito grigio) a forma di piramide rovesciata, destinata ad ospitare api e insetti impollinatori nomadi.
Non solo arte e paesaggio. La Fondazione si misura anche  sul tema degli ecosistemi virtuosi, editando un nuovo volume, che si basa sull’esperienza maturata a La  Raia in 15 anni non solo di agricoltura biodinamica, ma di integrazione delle diverse colture e di promozione del paesaggio. Scritto dall’esperto naturalista, nonché fotografo e ornitologo Renato CottalassoAlla scoperta della biodiversità (pagg. 116, oltre 200 foto, € 19,50) vuol dimostrare che è possibile lavorare tutti insieme per mantenere la vitalità della Terra. Il tema è declinato in maniera analitica, con una scrittura scorrevole e coinvolgente. Si parte dal racconto delle colline del Gavi per poi illustrare la “meravigliosa complessità della biodiversità", il valore della scelta biodinamica in agricoltura, per arrivare all’analisi e descrizione della tenuta La Raia, considerata come un mosaico unico di situazioni, dai vigneti ai campi, dai pascoli agli ambienti ecotonali, dalle aree antropizzate ai boschi. Sino al capitolo finale, “L’osservazione continua…”, che mette in luce le ultime scoperte sul territorio della Raia, dovute a stagioni siccitose come quelle tra il 2016 e il 2017: dal variopinto tritone alpestre dell’Appennino settentrionale all’occhione, uccello piuttosto raro, all’Ophris apifera, orchidea tipica dei luoghi assolati, il cui fiore imita forme, colori e profumi di una femmina di ape o di vespa per attrarre qualche maschio della specie, per farsene impollinare.
Ma se la fondazione culturale è un po’ una conseguenza dell’impresa basata sul vino, la biodinamica ne è il presupposto. “Non volevamo fare solo vini più sani e armonici con la natura, ma anche vini molto buoni, se possibile eccellenti”, sostiene Piero Rossi Cairo. Ci è riuscito, grazie anche all’apporto di collaboratori come l’enologo Piero Ballario, e la giovane ma ferrata enologa Clara Milani, da un paio d'anni responsabile di cantina. E alla scelta di basse rese per ettaro, cura estrema dei vigneti prima e del vino poi, in cantina, con procedure le più naturali possibile. 
Ma cosa differenzia l’agricoltura biodinamica da quella convenzionale? Senza addentrarci in una disamina eccessivamente tecnica, si possono fare alcuni esempi. La potatura delle viti, nell’agricoltura convenzionale viene fatta quando le foglie sono tutte cadute, in biodinamica quando i giorni cominciano ad allungarsi, in fase discendente della luna, così da perdere meno linfa e rinforzare la pianta. La lavorazione del terreno non è più a base di azoto, potassio e fosforo prodotti chimicamente, ma con un sovescio (semina d’autunno e incorporazione nel terreno a primavera) di graminacee, crucifere e luguminose per sviluppare la terra in profondità e aggiungere struttura e un humus stabile. 

Pochi solfiti più salute
I trattamenti a base di prodotti chimici sistemici sono aboliti e si procede solo con piccole dosi di rame e zolfo di cava. Significativo poi, a questo riguardo, la percentuale presente nel vino di solforosa,  spesso responsabile di noiosi mal di testa, quando si beve un bicchiere in più. La
La cantina delle barrique
produzione convenzionale ammette per legge un massimo di 150 o 200 mg per litro, rispettivamente per i vini rossi e per i bianchi; ridotti a 150 e 100 per quelli biologici. Ma grazie al massiccio impiego di gas inerti (azoto e anidride carbonica), del freddo e alla maniacale pulizia dei locali e dei vasi vinari, a La Raia imbottigliano i vini con tenori in solfiti al di sotto della metà dei limiti stabiliti per il biologico; due, addirittura, ne sono totalmente privi. Vi è poi l’uso di prodotti ad hoc, tipici dell’agricoltura biodinamica, come le preparazioni da spruzzo (corno letame per il terreno e corno silice per le foglie.) E, non ultimo, il rispetto di un calendario delle semine che tiene conto del movimento degli astri.
Non quindi un’arte da stregoni, come alcuni ritengono sia la biodinamica, ma una cultura e una tecnica che tengono conto del fatto che tutto ciò che esiste sulla terra non è composto solamente da materia, ma anche da un elemento spirituale che fluisce dal cosmo. (Al quale, secondo chi scrive, si può anche non prestar fede, senza pregiudicare le azioni concrete dell'agricoltura biodinamica). Come spiegò Rudolph Steiner, fondatore dell’antroposofia e quindi della biodinamica a una famosa conferenza tenuta per un gruppo di agricoltori nel 1924 in Slesia, la qualità degli alimenti dipende dalla fertilità e sanità della terra coltivata, perciò se si concima con nitrati e sostanze di sintesi la terra perde fertilità e si ammala. 
In Italia l’hanno capito, per quanto riguarda il vino, solo un'ottantina di aziende agricole, che certificano la loro produzione col marchio di controllo biodinamico Demeter. Poche, ancora troppo poche, ma La Raia c’è e i risultati si possono apprezzare visitando l’azienda. E sentire sul palato: basta assaggiare un bicchiere di Gavi o di Barbera. Difficile non restarne colpiti.

Cortese e barbera per cinque vini biodinamici
Gavi Docg 2018   
Uve: cortese.
È il prodotto base e nello stesso tempo il vino più tipico. Uva vendemmiata a mano, pressatura soffice
e mosto che fermenta in vasche d’acciaio. Fermentazione alcolica controllata e permanenza sui lieviti per 3 o 4 mesi. Poi stabilizzazione a freddo e imbottigliamento in marzo. 
Colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, profumo di fiori e di fieno, aromi di frutta e sentori minerali. Sapore secco, fresco, armonico con lieve retrogusto di mandorla.
Da bere a 10-12°. Potenziale d’invecchiamento: 3-4 anni. Abbinamenti: da aperitivo, antipasti, primi con condimenti di verdure o pesce, carni bianche. 150mila bottiglie. Prezzo: 11 €.

Gavi Docg Riserva 2016 
Uve: cortese.  
Nasce nel vigneto Madonnina, su una collina esposta a sud-est, da viti di 60 anni. Il terreno viene seminato con un sovescio (miscela di erbe fra i filari in autunno e loro incorporazione nei terreni in primavera) di favino, pisello e trifoglio, che, una volta trinciato, si trasforma in concime naturale. In vendemmia, con rese di 65 quintali per ettaro, i grappoli vengono selezionati nel vigneto e, dopo la pressatura soffice, il mosto fermenta in piccoli serbatoi d’acciaio a temperatura controllata per 25 giorni. Poi lo si travasa in altra vasca dove rimane 6 mesi, viene quindi imbottigliato e si affina altri 6 mesi nel vetro. Si ottiene così un vino subito gradevole, ma anche longevo.
Colore giallo paglierino, profumi caratteristici, fini, con note floreali tipiche. Sapore secco, ricco, sapido e persistente.
Da gustare a 10-12°. Potenziale d’invecchiamento: 4-6 anni. Abbinamenti: risotti di mare, crostacei, piatti di pesce salsati. Bottiglie prodotte: 17mila.  Prezzo: 18 €.

Gavi Pisé Docg 2015 
Uve: cortese.    
Nasce nel vigneto La Cascinetta, a 400 metri s.l.m, esposto a sud, sud-ovest, in un suolo che limita la produzione per pianta e dona uve più concentrate e di qualità.  Se necessari, solo trattamenti di zolfo e rame. L’uva al momento della vendemmia solitamente presenta dosi elevate di zuccheri e buona acidità, nonché un buon corredo aromatico. Dopo la selezione in pianta e la pigiatura, il mosto viene ottenuto per decantazione statica, a bassa temperatura. Il vino permane lungamente sui lieviti,  affinandosi 20 mesi in acciaio e viene sterilizzato a freddo prima dell’imbottigliamento.
Colore: giallo paglierino brillante con riflessi verdognoli, profumo intenso e complesso, con note floreali, di frutta matura (pere) e miele; sapore secco, ricco, sapido e finale caldo e lungo.
Da gustare a 11-13°. Potenziale d’invecchiamento: 6-8 anni. Abbinamenti: risotti e paste con condimenti di pesce e/o verdure, pesce al forno. Bottiglie prodotte: 5mila. Prezzo: 21 €.

Barbera Piemonte Doc 2018
Uve: barbera. 
I vigneti di barbera sono coltivati su un terreno marnoso e calcareo, a circa 380 metri s.l.m., in posizione meridionale. 4500 piante per ettaro con un'età di circa 15 anni. Raccolta manuale in cassette, pigiodiraspatura e fermentazione con le bucce e lieviti naturali. Dopo due settimane, svinatura, poi il vino viene mantenuto a 20° per fare la malolattica (rende il vino più morbido) e quindi stoccato in vasche d'acciaio ad affinarsi per 8/10 mesi.   
Colore rosso tendente al granato. Profumi floreali e fruttati, con sentori di rosa e frutti del sottobosco. Sapore asciutto, schietto e generoso, pieno e armonico.
Da gustare a 18°. Potenziale d'invecchiamento: 4-5 anni. Abbinamenti: pasta con ragù alla bolognese, ravioli gaviesi al "tocco" (sugo di carne), malfatti con sugo di funghi, bollito misto. Bottiglie prodotte: 30mila. Prezzo: 10 € (in vendita da aprile 2019).

Barbera Largé Piemonte Doc 2013
Uve: barbera.
Il terreno è il medesimo da cui si ricava il barbera normale, ma la vigna è più vecchia (18 anni) e l’esposizione è a sud-sudovest.  L’impianto è stato realizzato con una selezione massale, scegliendo le migliori piante di antichi vitigni della zona. Le uve di qui sono vendemmiate per ultime, in genere verso metà ottobre, con selezione esasperata dei grappoli. La fermentazione dura 15 giorni e il mosto rimane a contatto con le bucce circa 10 giorni e poi a 20° ancora un mese per sviluppare la fermentazione malolattica. Dopo l’illimpidimento mediante travasi, viene messo in barrique di rovere francese (le piccole botti da 225 lt) a maturare per circa 18-20 mesi.
Colore rosso granato intenso, ancora con qualche riflesso violaceo, profumo ampio, con ricordi di rosa canina e mora, leggermente speziato. Sapore asciutto, ampio e ricco, si avvertono tannini equilibrati ma vivaci, con note finali morbide e persistenti.
Da gustare a 18-20°. Potenziale d’invecchiamento: 8-10 anni. Abbinamenti: brasato, arrosti, selvaggina e formaggi stagionati. Bottiglie prodotte: 3mila. Prezzo: 20 €.

Info. Azienda agricola biodinamica La Raia, strada Monterotondo 79, Novi Ligure (Alessandria), tel. 0143.743685, www.la-raia.it . Vendita di vino, verdura, farine, pasta di farro e carne, anche attraverso portaNatura, servizio di selezione e consegna a domicilio (www.la-raia.it/azienda-agricola/portanatura); visite su prenotazione. Si può pernottare nella Locanda con 12 camere (chiuso febbraio e marzo, www.locandalaraia.it).