lunedì 2 ottobre 2017

Zero. Il nuovo Perlé di Ferrari, niente zuccheri solo bollicine. Da green inglese? No, da montagne trentine


Pas dosé, dosage zéro, brut nature…tutte espressioni francesi per indicare uno spumante classico al quale, dopo la sboccatura, non viene aggiunta la cosiddetta liqueur d’éxpedition, uno sciroppo di dosaggio (vino e zucchero, sostanzialmente) che determina la secchezza delle bollicine, bensì lo stesso, identico vino secco del resto della bottiglia. Si dice che questi spumanti siano “da intenditori”, perché più ostici ai palati normali.
In realtà sono i palati normali che sono stati abituati a quelle pur minime percentuali di zucchero (da 6 a 11 grammi per litro), che rendono lo spumante brut più accattivante.
Un brut nature non può che mostrare tutte le sue qualità ed eventualmente i suoi difetti: non si può “aggiustarlo” con la liqueur: e in ogni caso di solito divide drasticamente i bevitori: piace molto o non piace per niente. Ma naturalmente esistono pas dosé meno buoni e più buoni. Anche l’asciuttezza non
Tartare di coregone, squame croccanti e olio al levistico
è fine a sé stessa. Lo spumante ultrasecco si deve esprimere con bei profumi e con un palato diritto, ma nulla proibisce che sia anche avvolgente e profondo, magari con un minimo residuo zuccherino naturale (comunque inferiore a 3 gr/lt), insomma diversamente piacevole. In Franciacorta, per esempio, dove hanno appena fatto un piano…decennale di sviluppo del territorio, e del Franciacorta spumante, sono sempre di più le aziende che propongono questa tipologia, pur ancora di nicchia.

In Trentino, la maggiore cartina della Doc Trento, Ferrari, ha appena inserito questa tipologia nella linea Perlé, che già contempla uno Chardonnay brut e tre riserve, uno Chardonnay, un Rosé e il Nero Riserva (da pinot nero), tutte brut. Arriva ora il primo spumante senza dosaggio: si chiama Perlé Zero ed ha una sua originale storia produttiva, che val la pena di raccontare.
Ravioli di anatra e salsa koji
Intanto l’abbigliamento della bottiglia, giocato sui toni del verde, dell’argento e del bianco ha certamente una sua eleganza “inglese”, da green o da Epson Derby, con quel lettering quasi infantile o contadino del PERLÉ ZERO in etichetta e, subito sopra, del bollino ovale con la scritta, più piccola, CUVÉE ZERO10. E qui però subito una perplessità: che vorrà dire quel 10, forse il millesimo, cioè l’annata della vendemmia? In realtà no, designa solo l’anno dell’imbottigliamento. Perché come tutti gli spumanti classici questo tipo di bollicine viene sei consueto realizzato assemblando più annate. Ma di solito non si rivela quali siano. Invece per il Ferrari Perlé Zero i produttori Fratelli Lunelli hanno deciso non solo di rivelarne i millesimi – 2006, 2008 e 2009 -, ma di evidenziare l’anno in cui, dopo una maturazione in contenitori di tre materiali diversi, acciaio, vetro o legno, e l’assemblaggio, sono stati messi in bottiglia. Per questa prima edizione è stato il 2010, con almeno 6 anni di maturazione sui lieviti di proprie colture. L’uva è chardonnay al 100%, coltivata alle pendici delle montagne trentine.
Ma com’è il Perlé Zero alla degustazione? Bollicine perfette, piccole e continue; profumo non esuberante, prevale il pompelmo, con qualche nota di zenzero, coriandolo e cumino. In bocca: secco, diritto, sapido, fresco e anche cremoso; finale netto, persistente con lieve nota “amara”.
Una bollicina che si accosta bene ai crudi di mare e anche come lussuoso aperitivo.

In una cena di presentazione svoltasi al Palazzo della Permanente di Milano, Norbert Niederkofler, chef a due stelle Michelin del St. Hubertus di San Cassiano (Alto Adige) ha proposto con il Perlé Zero Tartare di coregone, con le sue squame croccanti e olio al levistico e Ravioli d’anatra e salsa koji;  mentre Alfio Ghezzi, anche lui bistellato alla Locanda Margon  di Ravina (Trento), ha osato di più, con un Filetto di vitello, foglie di cavolo, nasturzio e zuppa di funghi. Quest’ultimo abbinamento, per qualcuno è sembrato proprio da patiti delle bollicine; gli irriducibili degli abbinamenti classici invocherebbero piuttosto un rosso delle Tenute Lunelli, come il Pinot nero Maso Montalto o il Montefalco Ziggurat. Ma tant’è. Ad ogni boccone e conseguente sorso i baffi sono stati leccati prima e puliti poi dal Perlé Zero. E scusate se è poco.

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