venerdì 13 maggio 2016

Il fascino indiscreto del lusso / Baglietto, detox Kempinski, Sound sommelier, Le Braci (un libro un vino)

Luxe, Calme et Volupté, di Henry Matisse (olio su tela, 1904-1905)

Là, tout n'est qu'ordre et beauté,

Luxe, calme et volupté.

Charles Baudelaire (da L’invito al viaggio, Les Fleurs du Mal, 1857)

LUSSO SFRENATOQuarantasei metri, 4 grandi cabine per ospiti con bagno (nel ponte inferiore), suite armatoriale sul main deck, con ufficio, dressing room e bagno. Sul ponte superiore, salone, cabina del comandante e timoneria. A poppa, gran terrazza in teak sul mare, con tavolo e zona prendisole. Il progetto e gli arredi del nuovo 46 metri Fast della Baglietto sono della Francesco Paszkowski Design, guidata appunto dall’omonimo architetto, uno che di maxiyacht di lusso se ne intende, avendone progettati a decine. 
Varato sabato scorso al tramonto sulle acque dei Cantieri Baglietto di La Spezia, il 46 m, in attesa di essere allestito negli interni (si parla di “volumi importanti, non comuni in imbarcazioni plananti di queste dimensioni”, in collaborazione con l’architetto Margherita Casprini) e delle consuete prove marine,
sfodera già alcuni atout: una prua "sfuggente e grintosa" (evidente antitesi da ufficio-stampa), ma comunque affilata e morbida (apparente antitesi mia); struttura tutta in alluminio; due motori MTU 16V4000 (qualunque cosa significhino queste diavolerie di sigle e numeri); e, in conclusione, una velocità massima da razzo del mare: 28 nodiAh già, quasi si dimenticava il prezzo: 28 milioni di euro. Già venduta, pare, ma la consegna avverrà dopo i saloni nautici di Cannes (6-11 settembre) e Monaco (28 settembre-1° ottobre), dove l’armatore Beniamino Gavio (Baglietto dopo una vita gloriosa e ultimamente travagliata, è passata da tre anni al suo gruppo) la esibirà come fiore all’occhiello. Per poi passare dalla gloria alla cassa. Info. www.baglietto.com 

LUSSO DETOXDisintossicarsi al fresco. Sulle montagne dell’Engadina. A St. Moritz. Soggiornando per una settimana in un albergo…di lusso. Appunto. Il lusso del detox costa 4940 franchi svizzeri (circa 4460 euro) per due persone, in camera doppia, al Grand Hotel des Bains Kempinski, effettivamente uno dei più sfarzosi della Svizzera. Il pacchetto di sei notti è valido dal 17 giugno al 16 ottobre e prevede la pensione completa. L’albergo in effetti è dotato di ben quattro ristoranti, lo stellato Ca’ d’Oro, Les Saisons, l’Enoteca e Sra Bua (di raffinata cucina asiatica). Ma gli ospiti disintossicandi godranno invece di sei calibrati succhi (misti, di verdura e frutta) al giorno, tre trattamenti benessere e un programma sportivo mirato e diverso ogni dì.

Il successo del trattamento, secondo Reto Stöckenius, direttore generale (che si è sottoposto per primo al trattamento, perdendo 6 kg), “è il risultato dell'interazione tra la cucina vegana, leggera e preparata a crudo, e gli smoothies, particolari frullati a base di frutta e verdura, prodotti in base a diverse ricette e da bere, a seconda delle esigenze, fino a sei volte al giorno".
Un programma personalizzato di sport e Spa, composto da Sunrise Yoga, Tai Chi, Personal Training e trattamenti wellness disintossicanti, quali impacchi per il corpo con minerali, peeling e massaggi depurativi, crea inoltre le condizioni necessarie per una depurazione più rapida degli organi.
"E per un relax e un riposo ancora maggiori, si può beneficiare dell'aria fresca e pulita di montagna, nonché dell'acqua minerale della sorgente autonoma di San Maurizio”. Previsto anche un trattamento più graduale, che contempla un (magro, ma gustoso) pasto, solo a mezzogiorno. Info. www.kempinski. com/stmoritzinfo.stmoritz@kempinski.comTel. 0041-81.8383838.


LUSSO SONORO. Degustazioni sonorizzate, ovvero il piacere del gusto (vista, olfatto) di un bicchiere di vino, unito al piacere dell’udito, una musica, una canzone, una ballata. Non una colonna sonora scelta a caso a fare da sottofondo, ma un vero e proprio abbinamento vino/brano musicale. A questo provvede il Sound sommelier, ovvero un esperto di vino (birre, distillati) quanto di musica (classica, operistica, jazz, pop, rock…). 

Non basta. Il Sound sommelier non studia solo le caratteristiche organolettiche della bevanda alcolica, ma la tipicità territoriale, il genius loci, il terroir, per cercare analogie, similitudini o significativi contrasti con la bevanda. Per poi scegliere l’abbinamento più azzeccato, in linea con le esigenze del committente. Più facile forse a dirsi che a farsi. 
Ma in questo Paolo Scarpellini, giornalista enogastronomico e musicologo, è un vero esperto, richiesto in tutta Italia sia in locali pubblici che in ambito privato. 
Il prezzo? Festoso. Per ogni degustazione “sonorizzata” (fino a una decina di vini, e/o distillati, birre), 200 € + Iva (spese di viaggio e soggiorno a parte). Si muove per l’Italia e l’estero portando con sé  una chiavetta con data-base sonoro e un portatile. Info. www.psmusicdesign.itscarpaolo@gmail.com; cell. 347.2662633.


LUSSO DELL’ANIMA. Un fuoco che brucia e poi si spegne, lentamente. Trasformandosi in brace. E conservando il calore della fiamma, ma non più la vividezza. Una sorta di memoria. Come nel libro di Sandor Marai, in cui la memoria del fuoco passionale si trasfigura in tiepide braci. In mezzo, le fiamme esplosive della vita. Le Braci, il libro di Marai uscito in Italia negli anni Novanta, bisognerebbe rileggerlo sorseggiando un sorprendente Negroamaro, come Le Braci di Severino Garofano. Non solo per un gioco calofonico, ma perché è un vino dall’andamento bruciante e poi lento, infine appagato e appagante. Nasce nel Salento, in Puglia, nel territorio di Copertino, su terre argillose poggiate su pietra calcarea o tufacea, che si sbriciola facilmente. 
Qui l’uva, coltivata a dovere, giovandosi delle escursioni termiche notte/giorno, dei venti marini e con la dovuta attenzione umana a certe piogge improvvise e violente, è in grado di dar luogo a un vino-capolavoro. Tale, Le Braci 2007 (ultima annata in commercio, ma assaggiare le precedenti, dal 2000 al 2006 - come avvenuto durante una recente degustazione della Fondazione italiana sommelier a Milano - è un’emozione forte), da uve “avvizzite” (surmature), un rosso che smorza l’astringenza giovanile nelle piccolo botti per 10 mesi e si affina poi per altri 18 in bottiglia. 
Granato, con gran ventaglio di profumi, prugna matura, fico, vaniglia, spezie, tabacco, legna arsa (!). Sontuoso in bocca, assolutamente morbido, vena amarognola e freschezza insieme. Intrigante. Da accostare a uno spezzatino di cavallo, a un ciapulòn piemontese, a un’anatra all’arancia. O a un bel libro. Le Braci appunto. Prezzi: vino 40 €; libro 16 €Info. garofano.aziendamonaci.com.

giovedì 12 maggio 2016

Chi ha paura di un bacio fra uomini? La giuria Ferrari no. Ed è subito premio



Chi ha paura di un bacio? Si baciano con amore i due barbuti rugbisti sulla copertina di Sport Week (settimanale della Gazzetta dello sport). E la giuria del Premio Ferrari, omofila (è solo il contrario di “omofoba”) l’ha eletta a Copertina dell’anno: “Coraggiosa. E di coraggio bisogna averne non poco per proporre, a compendio di un'inchiesta su sport e omosessualità, il bacio tra due uomini, per giunta giocatori di rugby, per qualcuno lo sport più maschio che ci sia”.
I vincitori sono stati festeggiati ieri sera alla Triennale di Milano, con un talk show-party, cui hanno partecipato giornalisti, direttori, lo staff dirigenziale della famiglia Lunelli, titolari della Ferrari di Trento (spemanti metodo classico, il più famoso è il Giulio Ferrari) e l’immortale Luca Cordero di Montezemolo, non più alla guida dell’”altra” Ferrari, ma ai vertici di varie cosette: Treno Italo e Alitalia, in particolare. Luca, e il presidente del Coni Giovanni Malagò, hanno disquisito a lungo sui meriti dei rispettivi organismi di cui sono alla guida, dell’opportunità delle Olimpiadi a Roma nel 2024 (ovviamente strafavorevoli) e del buon vivere italiano.
Altri premiati. Il Manifesto, per il titolo più significativo, Niente asilo, abbinato all’immagine  di Aylan, il bambino siriano morto su una spiaggia turca. Ecco la motivazione: “Splendida e terribile. Una prima pagina, questa del Manifesto, che è perfetta, nella sua tragicità, in forza della straordinaria simbiosi tra l'immagine di un corpicino che è stato abbandonato dalla vita e il titolo, due parole soltanto che hanno tanti significati, uno soprattutto che più brutale non si può: fine delle speranze per questo bimbo morto inseguendo la speranza”. Infine, il Premio “Arte di Vivere Italiana - Articolo dell'Anno”, destinato alla stampa estera: è stato attribuito alla tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung per lo speciale Magazin dedicato a Expo Milano 2015 e, più in generale, all’Italia.
Premio di 1000 bottiglie di Ferrari Trentodoc a ogni redazione, una parte devoluta, secondo gli annunci dei responsabili, ad associazioni umanitarie.





mercoledì 4 maggio 2016

Chiaro, fresco, "dolce" Chianti. Da bere, con il caldo, a 16°. Sul carpaccio. E la zuppa di pesce...

Vigneti del Chianti.

Il Consorzio del Chianti ha scoperto l’acqua calda: bere il Chianti fresco. Non è una brutta invenzione, anzi è giusta, essendo rapportata al consumo estivo del rosso toscano. Ma certo non è nuova. Già lo scriveva, per esempio, Luigi Veronelli almeno 35 anni fa, quando “stabiliva” per i vini rossi di piena stoffa una temperatura leggermente superiore ai 18°, sino ai 20-22°. E per gli stessi, bevuti nei mesi caldi “uno-due gradi in meno”. Dunque, per un Chianti d’annata (non certo vino di grande stoffa), 18° normalmente, 16-17° in primavera/estate (da Bere giusto, Bur). E lo ribadiva, per esempio, in un grafico delle temperature su un’Agendina Cibi e Vini Veronelli 1987, quando abbassava tutte le temperature di servizio, abolendo i 20/22° e partendo da 18° per Barolo, Brunello, Bordeaux invecchiati e citava, fra i Chianti, il solo Classico Riserva, da gustare a 16°!
Il che, vorrebbe dire, d’estate, a 15° o 14°. Per un vino meno strutturato come il normale Chianti d’annata, secondo questo schema, si potrebbe scendere ancor di più!
Uva sangiovese, la base del Chianti
Non si tratta di una polemica, ma, se volete, di un ricordo, rispetto al fatto che sul vino, o meglio intorno al vino, ormai c’è poco da inventare. E allora? Allora non hanno però torto il presidente del Consorzio del Chianti Giovanni Busi e il suo responsabile marketing  Lorenzo Tersi a promuovere la campagna #chiantigustalofresco, in cui in sostanza si vuole avvertire i consumatori ignari del fatto che il Chianti si può bere benissimo e goderne anche ad alte temperature esterne, purché lo si beva freddino, appunto sui 16° (e io direi anche un po’ meno). Certo, non bisogna esagerare col freddo, altrimenti i tannini rischiano di sparare in bocca spiacevoli sensazioni acido-astringenti. Ma mentre un bicchiere di rosso troppo gelido, in dieci minuti di “ambiente” eleva la sua temperatura di qualche grado, un rosso “caldo”, rischia di scaldarsi ancora di più. Occorrerebbe allora metterlo in un secchiello con ghiaccio (meglio tritato) o, avendo più tempo, almeno una mezz’ora in frigo.
Alzi la mano chi d’estate a un piatto di carne o a una bella zuppa di pesce non ha cercato di accostare un vino rosso, certo non troppo strutturato e tannico,  e se l’è ritrovato in tavola a temperatura “ambiente”, cioè, magari, a 26°! O più…Pressoché imbevibile.
Allora, hanno pensato i responsabili del Consorzio, cerchiamo di prendere due piccioni con una fava: promuoviamo il consumo del Chianti “estivo”, insegnando così al consumatore meno avvertito come si fa a gustare al meglio il rosso anche con il caldo e così aumentiamo le vendite in un  periodo di calo dovuto alle alte temperature e all’abitudine, semmai, a bere bianco su tutto.
Bella mossa, verrebbe da dire. E supportata, pare, da una campagna coi fiocchi. Come hanno fatto, anzi cosa faranno? In 7 mila punti vendita delle cooperative di Conad (dal 19 al 28 maggio) e di Coop (dal 15 al 29 luglio) ci saranno hostess e punti dedicati all’informazione relativa alla temperatura ottimale del Chianti “estivo”, con la possibilità di avere in dono un braccialetto-termometro da porre a collare sulle bottiglie per misurarne la temperatura. E mettere magari cameriere, sommelier o patron al ristorante sul
chi va là, quando si chiede la bottiglia di rosso ben fresca…
Naturalmente ci saranno campagne stampa e radiofoniche, sui socialmedia, fino ai tradizionali volantini. Insomma tutto o quasi per convincere il consumatore a bere il Chianti d’annata a 16°.
Ottimo proposito. Peccato che durante la conferenza stampa di presentazione a Milano, vi fossero una serie di Chianti all’assaggio, ma che il collarino posto su di essi misurasse…22°. Qualcuno deve aver pensato che non è ancora estate e neanche primavera piena e allora…bevetevelo bello “caldo”!

I numeri del Chianti
Il Consorzio Vino Chianti Docg (www.consorziovinochianti.it) tutela i produttori delle provincie di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena (cui si riferiscono eventuali sottodenominazioni).
3.600 produttori
15.500 ettari di vigneto
800.000 ettolitri di vino Chianti
100 milioni di bottiglie l’anno vendute
30 milioni in Italia, 70 milioni all’estero
Il 55% di bottiglie in Italia sono vendute nella grande distribuzione, il 45% nel resto del mercato
16 milioni di bottiglie della grande distribuzione sono vendute soprattutto nel Nord-ovest, in Lombardia, Lazio e Toscana.
Vitigni: il principale è il sangiovese (dal 70 al 100%) ma sono ammessi altri vitigni prettamente “toscani” per il restante 30%, i due cabernet e anche uve bianche (con limiti percentuali). 
Il Consorzio vuole cambiare il Disciplinare di produzione aumentando la resa per ettaro per i nuovi impianti da 90 a 110 q.li,  accrescendo però da 3mila a 4mila le piante per ettaro (norma già in atto), favorendo così, almeno nelle intenzioni, maggior quantità e qualità.