lunedì 28 novembre 2016

La battaglia dei Navigli: Erba Brusca o Verso Verde?

Il Naviglio Grande di Milano e il bistrot Verso Verde nella Cascina San Cristoforo

Milano. Al Naviglio Pavese con la sua Erba Brusca risponde il Naviglio Grande con il Verso Verde. Cosa apparenta i due ristoranti sulle alzaie (le strade un tempo di servizio, lungo le rive) dei principali canali milanesi? Una propensione per le materie prime bio, per ortaggi e verdure, la simpatia dei luoghi e del personale e, non ultimo, un certo rigore misto a creatività nelle proposte gastronomiche.
L’Erba Brusca si autodefinisce “ristorante con orto” ed è vero, l’orto è proprio lì, sotto la veranda, a
Alice Delcourt
fianco di un rustico ma grazioso giardinetto. Dall’erba brusca, ovvero l’acetosella, alle fragoline selvatiche, alle tante piante aromatiche, molto “verde” passa direttamente dall’orto ai fornelli. Qui la 38enne chef Alice Delcourt
francese, plurilaureata in Italia, esperienze di cucina al River Cafè di Londra, al Park Hyatt Hotel e all’Alice di Milano, provvede a trasformarlo in veri e proprio piatti d’autore, affiancandolo a pasta e riso, carne e pesce. Per altre verdure (l’orto non sempre basta a tutto) e differenti materie prime si rifornisce soprattutto alle cascine del Parco Agricolo Sud e a produttori che Alice definisce “consapevoli, che rispettano non solo i criteri di qualità ma anche di sostenibilità”. Ne derivano piatti interessanti e gustosi come l’insalata aromatica d’autunno, con formaggio Quartirolo, zucca e cipolla bruciata fra gli antipasti; gli spaghetti alle vongole, con erba brusca e tartufo nero, e il risotto con pesto di cavolo nero, salsa di acciughe, limone e grano saraceno fra i primi; il fritto di funghi e verdure autunnali, e il salmerino scottato con finocchio brasato e in crema, insalata di radicchio, mele e nocciole, fra i secondi. C’è anche una bella selezione di formaggi di piccoli artigiani casari. Per digerire meglio, biciclette a disposizione per chi vuol farsi un giro lungo le sponde del canale o spingersi nelle campagne vicine.
Dall’Alzaia Naviglio Pavese all’Alzaia Naviglio Grande per l’offerta di Verso Verde, bistrot con quattro uffici-appartamenti con vista sull’acqua, cucina, salottino, Tv, collegamento wifi a banda larga per poter lavorare e/o riposare in santa pace. E, ancora, vendita di prodotti (nettari di frutta, confetture, creme spalmabili), servizio di take away&delivery, noleggio di biciclette. Il tutto dentro l’antica (forse addirittura duecentesca) Cascina San Cristoforo, ristrutturata con gusto dall’attuale proprietario, l’architetto Paolo
Ombrina con purea di verza, olive e pinoli
Colombo, e dal fascino prettamente lombardo. Venticinque posti ai tavoli interni e una quarantina nella terrazza – in questa stagione coperta e riscaldata – sono a disposizione di chi voglia fare un’esperienza gastronomica coinvolgente, che strizza l’occhio alla cucina vegetarian-vegano-crudista. Come? Con i mix di estratti a freddo di frutta e verdure, per cominciare, che si possono bere durante il pasto o sorseggiare all’aperitivo, anche miscelati a spumante o vodka. Per esempio: cavolo rosso, mela e zenzero; broccoli, ananas, limone e zenzero; zucca, arancia, cannella e…l’immancabile zenzero. 

La 32enne chef Chiara Giuffrè, formata alla scuola crudista di Vito Cortese e della Joia Academy di Pietro Leeman,  si occupa del filone vegetariano; Riccardo Nossa, 34 anni, precedenti ai fornelli degli hotel Boscolo e Four Seasons, del resto, ovvero di piatti d'ispirazione lombardo-mediterranea. Tra i primi, vanno segnalati almeno un eccellente risotto alla zucca, con gocce di balsamico e panna acida, che dà alla preparazione una sferzata d’energia; la pasta di grano saraceno con verza e formaggio Bitto (che si può togliere per ottenere un piatto vegano); e un altro risotto, con carciofi, Pecorino e pinoli.
Fra i secondi, si possono gustare tranci di pregiata ombrina con purea di verze, olive taggiasche e pinoli tostati; le milanesine con insalata di cavolo cappuccio, mele renette e cumino; i gamberi arrostiti con carpaccio di ananas, marinato con zenzero e cardamomo, e riso basmati. Sono solo suggestioni, perché il menu cambia quasi tutti i giorni.
A pranzo naturalmente vanno molto le insalatone, magari con tofu, ma a base di misticanza, per esempio, e con sedano rapa, mele renette, noci, champignon, cavolo cappuccio viola, pollo e uova sode; ma anche il burger vegano, con patate, ceci, trito di olive e pomodori secchi, e un mix di rape rosse e maionese; e pure un originale club sandwich: proposto con pane integrale, ha al suo interno verdure alla griglia, crema di caprino, olive, pomodoro secco, e viene servito con chips e crema di avocado.
Gran parte dei prodotti selezionati sono biologici ed effettivamente di qualità, anche se lo slogan del locale che parla di Materia prima a km Italia, non ha poi molto senso. Significherebbe che non vi sono prodotti d’importazione (ma l’ananas allora?); è, forse involontariamente, polemico con il famoso Km zero (alla fin fine poco rispettabile, perché, per esempio, le arance crescono in Sicilia e non in Lombardia). Ma è accattivante e in fondo vuol porre l’accento sulla tipicità e l’eccellenza italiana. E qui la selezione, dai vini di produttori pochi noti alle birre e al cibo è effettivamente azzeccata.
Info. Erba Brusca, Alzaia Naviglio Pavese 286, Milano, tel. 02.87380711, www.erbabrusca.it. Chiuso lun. e mar. Prezzi (bevande escluse): alla carta, 30-50 €. Menu a 32 (4 piatti) e 45 € (6 piatti).
Verso Verde, Alzaia Naviglio Grande 150, Milano, 02.36638980, www.versoverde.it. Mai chiuso. Prezzi (bevande escluse): 20-30 €.

lunedì 14 novembre 2016

Albufera: riso, laguna e ristorante "milanese". In tavola: paellas, fideuas, tapas e sangria. Arriba España


Mateus Avila Lobo Coelho è brasiliano, ma ha vissuto a Valencia, dove ha studiato, alla scuola alberghiera, per poi apprendere i primi rudimenti e quindi i segreti di molti piatti spagnoli da cuoche di casa. Ha poi lavorato al LLerva Tapas di Milano. Alice Paglia è italiana, ha studiato all’Accademia delle belle arti di Brera e ha fatto poi l’Erasmus a Valencia. I due si sono incontrati, si sono piaciuti e a un certo punto hanno deciso di aprire un loro locale a Milano. Lo hanno chiamato Albufera. Come la varietà di riso ideale per la preparazione della paella. Come la grande laguna Albufera de Valencia – situata sulla costa mediterranea a sud della città.  Come il Parco naturale Albufera (www.albufera.com), culla della paella, a quanto si racconta. 
In questo piccolo ristorante dalle parti di corso Buenos Aires, il menu è tutto rigorosamente spagnolo, come del resto i vini, i brandy, i liquori. Nella prima saletta d‘ingresso, tavolini e il bancone, con il barman che serve Sangria rossa e bianca (come base di quest'ultima il Cava, lo spumante classico spagnolo), birra (fra cui una “Damm Inedit by Ferran Adrià”) e persino un vermouth iberico, il Verano del 82, della Murcia, dolce e balsamico. Se sul bere siamo messi bene, con una limitata ma buona scelta di bianchi e rossi che vanno dal vino semplice e comunque buono ad alcuni più maturi e complessi, sul cibo si va sul sicuro, fra le immancabili tapas, le paellas e le fideuas (queste ultime, per chi non le conoscesse, sono piatti cucinati come le paellas, avendo però come ingrediente base, al posto del riso, una pasta simile allo spaghetto, ma corto, di circa 2 cm. La pasta viene “risottata”, cioè cucinata da crudo direttamente in padella).
Per le tapas ci si può sbizzarrire fra le tre di verdura (gazpacho, garbanzos con pisto  - una sorta di caponata -, e tortilla di patate e cipolle), le sette di carne e le otto di pesce (prezzi fra i 6,50 e i 18 €).  Si va dal tagliere misto di salumi, formaggi e paté, allo squisito jamón iberico de bellota (prosciutto da maiali allevati allo stato semibrado e nutriti anche con ghiande), dal mini hamburger di secreto iberico alle anchoas (acciughe) del Cantabrico, dal bacalao confit al ceviche de dorada e al famoso pulpo a la gallega.
Il capitolo paellas e fideuas ha molti pregi e qualche difetto; i piatti sono tutti interessanti e buoni, la fideuà da provare assolutamente, viene proposta per esempio con frutti di mare e nero di seppia o con il baccalà e verdure; la paella, negli stessi modi,  più la classicissima valenciana (con pollo, coniglio e verdure) o addirittura con astice (quest’ultima a 30 €). I difetti sono che tutti i piatti sono ordinabili per non meno di due persone; e che la valenciana e la paella de bogavantes (astice), vanno prenotate con 24 ore di anticipo.  Tutto sommato, peccati veniali. (Prezzi: da 14 a 21€  a testa). Fra i dolci, crema catalana e capricho de chocolate, torta de manzana (di mele), servita con gelato al riso e bombas de churros al dulce de leche. Buen provecho!   



Info. Ristorante Albufera, tapas y paellas, via Lecco 15, Milano, tel. 02.36686993, www.albufera.it. Orari: lun.-dom. 19.30-24; sab. e dom. anche 12.30-15 (mai chiuso).


mercoledì 9 novembre 2016

Appius 2012: ancora un grande bianco di San Michele-Appiano. Aspettando (il rosso) Godot...

Vigneti a San Michele d'Appiano dell'omonima Cantina.

Hans Terzer
Ci vorrà ancora qualche anno prima che Hans Terzer, wine-maker della Cantina San Michele-Appiano, si decida a presentare un Appius rosso, ma ci arriverà. Del resto quest’anno, nel corso della presentazione del nuovo Appius 2012, sempre bianco come i suoi predecessori del 2011 e 2010, ha inserito, quasi di sottecchi, anche un nuovo rosso, che si colloca nella linea d’alta gamma Sanct Valentin: è una Riserva, il Cabernet-Merlot 2013, uvaggio bordolese a tutto tondo, ancora giovane, con tannini ancora un po’ acerbi, esuberante, ma già elegante e complesso. Perfetto abbinamento, fra l’altro, con una sella di cervo in crosta di spezie e funghi pioppini - cucinata da Herbert Hinter, chef-patron dello stellato Zur Rose - che si scioglieva in bocca in un turbinio di sensazioni.
Sarà un uvaggio bordolese, magari integrato da Petit Verdot, uno dei prossimi Appius? Staremo a vedere. Per intanto ci si può “accontentare”, delle circa 5500 bottiglie dell’Appius 2012, terza edizione.
Ma che cos’è l’Appius? Un vino libero dagli schemi, limitato solo dalla Doc Alto Adige, che Terzer ha concepito nel 2009. Da allora, ogni anno vede i risultati della vendemmia, sceglie un quantitativo limitato delle migliori partite e si orienta per creare un nuovo vino, rigorosamente d’uvaggio. Finora, sempre un bianco, giocato su quattro vitigni, chardonnay, sauvignon, pinot  bianco e/o pinot grigio.
Cabernet-Merlot Riserva 2013
Il territorio è quello del comune di Appiano, oltre mille ettari di vigna, baciata dal dio Bacco. La Cantina San Michele ha più di 340 soci conferitori, con vigneti sparsi su pendii soleggiati, che godono di temperature miti e venti freschi, e si estendono per la maggior parte a sud-est del massiccio montuoso della Mendola, da Pianizza di Sopra e Monte sino a Missiano. Ancora vigneti fino a Cornaiano verso il Lago di Caldaro e singole vigne a Bolzano e Cortaccia per un totale di 380 ettari. Le varietà, bianche e rosse, non sono poche e la gran maggioranza dei vini sono da monovitigno e distribuiti su tre linee: per importanza, la Classica, la Selezione e quella di vertice, la Sanct Valentin. Punta della piramide, un singolo vino, l’Appius.
Le tre annate finora uscite hanno in comune l’utilizzo di sole uve bianche, la fermentazione malolattica e l’affinamento sui lieviti in barrique, cui segue l’assemblaggio dopo circa un anno, più altri tre anni di maturazione in tini d’acciaio.
Cambia la composizione delle cuvée, in un delicato puzzle in cui il primo vino caratterizza l’annata, mentre gli altri la integrano con tocchi balsamici, floreali o minerali…
Eccola.

2010: chardonnay, pinot bianco, pinot grigio, sauvignon.
2011: sauvignon, chardonnay, pinot grigio
2012: chardonnay, sauvignon, pinot grigio, pinot bianco

Sembra il gioco delle tre (o quattro) carte. Invece è una scelta  compositiva dettata dal risultato della vendemmia, dall’esperienza e dall’estro. Sono vini il cui costo si aggira intorno ai 100 € (ma il 2011 è pressoché esaurito, mentre il 2012 costa, per la precisione 99 € la bottiglia, 198 € il magnum). Nella quantità delle poche migliaia di bottiglie e qualche centinaia di magnum, hanno finora trovato riscontri di vendita positivi. Certo, sono anche vini da collezione, ogni anno cambia la veste delle bottiglie, che diventano così una wine collection di pezzi “unici”. Dopo il tralcio di vite del 2010 e l’impronta-sequenza della formula del matematico Fibonacci (13° secolo) del 2011, è la volta, per il 2012, delle spirali che si librano verso un infinito irraggiungibile, verso l’utopia del vino perfetto.

Una volta in tavola, ci si può dare al gioco degli abbinamenti. Il 2010 e 2011 hanno acquisito doti di maggior complessità e paiono adatti a un prudente accostamento a piatti che contengono carne. Così Herbert Hinter e Hans Terzer hanno abbinato un piatto di animelle di vitello con crema di patate e prezzemolo ed erbe di campo all’Appius 2012; i ravioli ripieni con petto di vitello e tartufo bianco all’Appius 2011 e un baccalà con finocchio allo zafferano e purea di ceci al 2012. Sono solo esempi di una grande cucina, che si sforza di reggere alla personalità dei vini. Ma chi ha detto che non si possa gustare l’Appius con un normale piatto di pesce al forno o arricchito da una salsa, con quaglie in tegame o capriolo in salmì, con una semplice braciola di maiale al vino bianco, una scaloppina al Marsala o, lusso, allo stesso Appius? Nessuno, appunto. La morale potrebbe essere questa: i grandi vini stanno bene anche su cibi semplici, male che vada si imporranno, mettendoli in seconda piano. Il palato ne godrà comunque.
Appius 2012. Colore: giallo dorato. Profumo: frutta esotica, come ananas e papaya. Sapore: secco, fresco, armonico, elegante, con sentori di frutta tropicale e un tipico tono nocciolato dovuto al legno della barrique.
Info. Cantina San Michele-Appiano, via Circonvallazione 17, Appiano (Bolzano), tel. 0471.664466, www.stmichael.it.

martedì 25 ottobre 2016

Bollicine in tre versioni e due nazioni. Classiche col Ferrari Perlé e il Crémant Arbogast. Prosecche con Montelvini



Bollicine bollicine…in tre versioni e due metodi, tre regioni e due nazioni. Metodo champenois e charmat o, detti all’italiana, classico e Martinotti. Trentino, Veneto e…Alsazia. Dunque Italia e Francia. Tre bottiglie, tutte, differentemente, molto buone. E sennò, perché parlarne?

La Ferrari di Trento ha appena sfornato, anzi, meglio, “scantinato”, una delle sue nuove perle.
Perlé nel bicchiere
Gli spumanti metodo classico e gli Champagne sono generalmente messi in commercio a tre anni circa dalla vendemmia. Poi ci sono i millesimati, le riserve, le cuvée di prestigio. E qui la maturazione sui lieviti in bottiglia si fa più lunga, ma bisogna saperla governare per ottenere un ottimo risultato, visto che anche i prezzi finali si elevano. La Ferrari dedica da tempo agli spumanti “invecchiati” e millesimati una linea che si chiama Perlé, evocativa del perlage fine imprigionato in ogni bottiglia e delle perle, i gioielli naturali più preziosi. Già esistevano quindi il Perlé tout court, il Perlé Rosé (a base di pinot nero e chardonnay) e il Perlé nero (100% pinot nero). Tutti Trentodoc. È ora la volta del Perlé bianco, 100% chardonnay, superselezione di uve di vigneti coltivati a 600/700 metri di altitudine. La Riserva 2006 del Perlé Bianco si è affinata coi suoi lieviti per ben 8 anni, primi della sboccatura (a inizio 2016) e la messa in commercio. Il colore è giallo intenso, le bollicine fini e continue, il bouquet complesso, si riconoscono sentori di mela cotogna e lievi spezie, sapore morbido che richiama l’uva matura con un finale di pepe e albicocca. Una bollicina così va benissimo a tutto pasto (magari non su bistecca e arrosto…), con piatti di valore. Alfio Ghezzi, chef della Locanda Margon di Trento (www.locandamargon.it), l’ha proposta di recente sposata a un riso con caviale di trota e prezzemolo e a un piatto di baccalà con porcini, amaranto e achillea. Abbinamenti impeccabili.
Prezzo: 35-40 € la bottiglia. www.ferraritrento.it.

Montelvini è una delle aziende vinicole più dinamiche del panorama spumantistico italiano. La sua specialità è una bollicina che ormai fa furore non solo in Italia, ma nel mondo: quella suscitata dal vino Prosecco. Ormai la zona di produzione di bollicine derivate da uva glera (un tempo chiamata prosecco) si è estesa in gran parte della zona nordorientale d’Italia. Vini spumanti Doc per la maggior parte. Docg, nella zona di Conegliano Valdobbiadene e in quella meno estesa di Asolo, piccolo comune in provincia di Treviso che fa parte dell’associazione dei Borghi più belli d’Italia.
In queste lande, con l’uva glera il metodo di produzione più adatto a produrre bollicine è lo charmat o Martinotti: la presa di spuma avviene in autoclavi, nel giro di settimane o pochi mesi. In questo modo si vuole trasmettere al vino tutta la freschezza e i sentori dell’uva di origine, senza ricercarne di troppo complessi. Così l’Asolo Prosecco Superiore Docg Extrabrut 2015 di Montelvini, da uve glera selezionate, rifermenta in autoclave e poi rimane ancora qualche tempo a contatto coi lieviti per estrarne al massimo i profumi. Poi viene filtrato e imbottigliato. Nel bicchiere risulta piacevolissimo, il colore giallo paglierino ha riflessi verdolini, la spuma è continua, il profumo ricorda i fiori d’acacia e la mela. Il sapore è secco, ma…alla Prosecco nelle migliori espressioni, fruttato, con una sua peculiare morbidezza, anche corposo, elegante, con fondo lievemente amarognolo. Da abbinare a crudité di pesce, frutti di mare, risotto agli scampi, radicchio di Treviso ai ferri. Prezzo: 15 € la bottiglia. www.montelvini.it.

Certo lo Champagne è lo Champagne. E tutti gli spumanti del resto della Francia sono schiacciati dall’allure plurisecolare di questo indubbiamente grande e storico “vino”, seppur variegato in qualità. Nel resto del paese, gli spumanti metodo champenois o traditionnel, vengono chiamati Crémant e il Crémant d’Alsace è appunto uno spumante classico, da uve vendemmiate a mano, più o meno le stesse dello Champagne.
Westhoffen
Il Domaine Frédéric Arbogast è una piccola cantina che a Westhoffen, borgo di 1600 abitanti a 27 km da Strasburgo, in una delle più affascinanti valli dell’Alsazia, produce circa 120mila bottiglie l’anno tra Gewurztraminer, Pinot grigio e bianco, Sylvaner, Pinot nero. E Crémant, 30mila bottiglie fra il bianco e il rosé. La cuvée del Crémant bianco è composta per l’80% da chardonnay e per il 20% da pinot blanc, le uve provengono da un antico terroir marnoso, in grado di contribuire alla complessità del vino. Vendemmia rigorosamente manuale, prima fermentazione in tonneau (botti di legno da 500 lt), seconda fermentazione ovviamente in bottiglia, per 24 mesi, con il remuage (scuotimento) fatto ancora a mano sulle pupitre di legno. Insomma, una cura artigianale, che solo i piccoli produttori in gamba possono ancora permettersi.
Nel bicchiere, il Crémant d’Alsace, frutto della vendemmia 2013, si presenta con una spuma fine e anche persistente, colore giallo paglierino con qualche riflesso dorato; profumi floreali, freschi,  eleganti. In bocca, ampiezza, eleganza, equilibrio: in due parole: molto piacevole. Eccellente aperitivo, si fa valere anche su piatti di pesce e carni bianche non troppo salsati e con vari paté. Secondo alcuni medici (alsaziani), il Crémant d’Alsace sarebbe addirittura curativo. L’elevata quantità di alcuni minerali contenuti nello spumante (soprattutto potassio bi-tartrato) ostacolerebbe senescenza, reumatismi, gotta, prevenendo le malattie coronariche…Ullallà!

Prezzo: 15,90 € la bottiglia. www.vignoble-arbogast.fr (distribuito da I vini di casa mia, www.ivinidicasamia.com). 

mercoledì 12 ottobre 2016

Torna la Maremma del Carducci incorniciata da Le Macchiole e annaffiata dal Messorio


Dolce paese, onde portai conforme

L’abito fiero e lo sdegnoso canto

E il petto ov’odio e amor mai non s’addorme,

Pur ti riveggo, e il cor mi balza in tanto.



Ben riconosco in te le usate forme

Con gli occhi incerti tra ’l sorriso e il pianto,

E in quelle seguo de’ miei sogni l’orme

Erranti dietro il giovenile incanto.



Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano;

E sempre corsi, e mai non giunsi il fine;

E dimani cadrò. Ma di lontano



Pace dicono al cuor le tue colline

Con le nebbie sfumanti e il verde piano
 
Ridente ne le pioggie mattutine.

Traversando la Maremma toscana (Rime nuove, aprile 1885)

Un sonetto di Giosuè Carducci,  composto quando il poeta aveva sessant'anni. Effettivamente stava attraversando in treno quei territori, da Livorno a Roma, quando gli venne l'ispirazione;  lo stese pochi giorni dopo a Bologna, dove abitava. Il poeta era ritornato a Castagneto, dove aveva passato
Giosuè Carducci
parte della sua infanzia, solo nel 1879, trent'anni dopo che se n'era dovuto partire col padre. Nelle ben note forme del paesaggio riconosce la traccia dei suoi sogni giovanili. Sogni vani, la vecchiaia e la morte sono vicine ma lui, lo sa, morirà lontano (in realtà nel 1907, a Bologna).
Pace, gli dicono le colline dalle nebbie sfumanti e la verde pianura ridente nella pioggia del mattino…
Torna d'attualità un grande poeta ottocentesco, primo a essere insignito in Italia del Nobel per la letteratura (1906), ma forse oggi un po' dimenticato? In qualche modo sì, anzi in un bel modo.
Ci ha pensato Cinzia Merli, dinamica produttrice di vino a Castagneto Carducci con l'azienda Le Macchiole. Dinamica in senso proprio e traslato, infatti le sue vigne, già convertite al biologico, stanno ora passando al biodinamico. Ventisette ettari, di cui 23 in produzione, che in un paesaggio emozionante lungo la famosa via Bolgherese (dove hanno sede le cantine "vip" della Maremma) danno luogo a 160mila bottiglie, di cui il 70% è assorbito dal mercato estero.
Nel 2014 Cinzia Merli ha concepito il suo progetto: un omaggio alle terre di Castagneto e Bolgheri e al Carducci. Ha pensato a qualcosa di usufruibile per sempre, in cui coinvolgere turisti, amanti dell'arte, cittadini e agricoltori: cinque grandi cornici in corten (materiale in una lega d'acciaio, resistente alla corrosione, di colore bruno), di formato 16:9, che inquadrano scorci di paesaggio "carducciano" e che riportano versi tratti da poesie come Idillio Maremmano, Davanti San Guido e San Martino.
Cinzia Merli
In convergenza parallela (tanto per usare un ossimoro alla Aldo Moro), un altro progetto, un'opera d'arte moderna, commissionata in totale libertà all'artista toscano Stefano Tonelli (www.stefanotonelli.it). Questi racconta a suo modo la natura maremmana in tre grandi tele astratte disposte in continuità: Calligrafia di un sentimento dispiega una forza e una dolcezza, che si ritrovano - in maniera differente - in certe composizioni di Jackson Pollock. La seconda parte del progetto inizia da qui. L'opera è stata fotografata dividendola in 48 frammenti e ognuno è andato a caratterizzare l'etichetta di altrettante bottiglie in formato Mathusalem (6 litri) del vino rosso Messorio 2004, un Merlot in purezza. Tutte poi vendute ad appassionati del vino e dell'arte di tutto il mondo. Col ricavato è stata finanziata la prima parte del progetto Messorio04Bolgheri, e cioè la costruzione delle cornici e la loro apposizione sul territorio. La caratteristica di queste cornici "vuote" è di essere riempite con scorci di territorio castagnetano (Bolgheri fa parte del comune di Castegneto), che ognuno, a seconda del tempo, dell'ora, delle stagioni e della prospettiva, vede in modo differente, così come differenti saranno le personali inquadrature della propria macchina fotografica. E quindi le foto, postabili sui social con l'hastag #messorio04bolgheri.
Dove si trovano le cornici? La prima, in largo Nonna Lucia (la nonna del Carducci, da cui trascorse lunghi periodi in gioventù), a Bolgheri. I tre versi a commento inneggiano a una Maria bionda, amore giovanile, incipit della poesia Idillio Maremmano (1872).
La seconda, lungo la via Bolgherese: "vedi come peccato e azzurro è il mare, / come ridente a lui discende il sol"(Davanti San Guido, 1886).
La terza cornice è alle Macchiole, dietro la cantina e davanti allo spettacolare paesaggio delle vigne che si allungano nella pineta, fino al mare. Qui, quasi d'obbligo la citazione da San Martino (1883): "va l'aspro odor de i vini / l'anime a rallegrar".
Le ultime due cornici sono a Castagneto Carducci, la prima in via Pascoli e cita ancora l'inizio di San Martino: "La nebbia a gl'irti colli / piovigginando sale / e sotto il maestrale / urla e biancheggia il mar".

Infine, dal belvedere di Castagneto: "tutto è silenzio ne l'ardente pian". Una sola strofa delle 116 che compongono l'ode Davanti San Guido, una delle più belle e conosciute. Guardando attraverso la cornice si scorge non solo il piano, ma in lontananza il Castello di Segalari (oggi trasformato in parte in hotel di lusso, www.castellosegalari.com), dove Carducci, che non era solo un uomo malinconico, ma anche un combattente e un buontempone, andava spesso con i suoi amici per le famose ribotte, come vengono chiamate in toscano certe riunioni conviviali, in cui si mangia e beve (molto) in allegria.
Certo, i bisboccioni non avevano allora a disposizione un vino come il Messorio, abbastanza inconsueto anche oggi nel panorama vinicolo maremmano. Ma tutta la produzione vinicola de Le Macchiole è insolita, così come la sua storia. Vediamola in breve.
Nel 1983 Eugenio Campolmi e sua moglie Cinzia Merli decidono di attuare il loro sogno e acquistano pochi ettari di terreno in una zona in cui si produceva solo ortofrutta. Poche le aziende vitivinicole preesistenti. Al posto (o al fianco) di grano e olivi piantano viti. Nel 1987 la prima produzione significativa, quella del Paleo rosso, a base di cabernet sauvignon e sangiovese. Buono, ma non così soddisfacente per i Campolmi, forse perché non molto diverso dai vini di altri produttori. Si punterà allora sul monovitigno, sul cabernet franc (non sauvignon), nella convinzione che su quel territorio potesse esprimersi con una marcia in più, abbandonando certi toni vegetali, non così gradevoli, in favore di un turbinio di profumi mediterranei, freschi e balsamici, di un carattere forte ma pulito, di tannini succosi. Scelta che si rivelerà vincente, ma che viene compiuta a piccoli passi, meditata e sperimentata di anno in anno. Il mutamento del tipo di uve impiegate è significativo.
Il Paleo rosso nasce come Bolgheri Superiore Doc nel 1989, come blend di cabernet sauvignon (90%) e sangiovese (10%) e così rimane fino al 1995.
Con l'annata 1996 e fino al 1998 viene aggiunto un 5% di cabernet franc, diminuendo in egual misura l'uva cabernet sauvignon.
Nel 1999 viene abolito il sangiovese e la percentuale di cabernet franc aumenta al 15. Nel 2000 si passa
Mathusalem
di Messorio 2004
a un 70% di cabernet sauvignon e 30% di franc. Dal 2001, via tutto il sauvignon e largo al cabernet franc, che da allora rimarrà al 100%. Il vino deve abbandonare la Doc Bolgheri e diventa un Igt Toscana.
Nel frattempo erano nati altri due vini in purezza, il Messorio (100% merlot)  e lo Scrio (100% syrah), ambedue nel 1994.
Nel 2002 scompare quasi improvvisamente Eugenio e Cinzia deve prendere in mano le redini dell'azienda, supportata dal fratello Massimo che si occupa dei vigneti e da un piccolo team guidato oggi in cantina da Luca Rettondini. Due vini ancora fanno parte della Scala reale enoica delle Macchiole, questa volta uvaggi. Il primo, il Bolgheri rosso Doc ha una base di merlot (50%), con inserti di cabernet franc e syrah, una sorta di riassunto dei tre vitigni e vini, di beva forse più fresca ma pur sempre ricca. Il secondo è l'unico bianco della cantina, il Paleo bianco, connubio riuscito di sauvignon e chardonnay, sapido, fresco e dotato di una accattivante morbidezza.
Il resto, è storia di ieri e di oggi, la conduzione del vigneto parcella per parcella, la scelta della data della vendemmia per ogni varietà e destinazione delle uve, la doppia e anche tripla cernita delle stesse, l'applicazione dei criteri dell'agricoltura biologica e, in divenire, biodinamica, le potature e la raccolta manuali: insomma una cura pressoché maniacale. Quindi, in cantina, le 45 vinificazioni sperimentali ogni anno, l'uso sapiente dei tini d'acciaio, dei tonneau e delle barrique, le rullature delle botti come metodo per mettere in sospensione le fecce fini. E poi discussioni, autocritiche durante gli assaggi preparatori, "emozioni che ci guidano", sostiene Cinzia Merli, "ma anche condivisione e compartecipazione fra chi lavora a Le Macchiole. È il vino a parlare. A noi spetta solo il compito di amplificare la sua voce".
Ed ecco in breve come parlano e cosa raccontano i vini delle Macchiole.

Paleo Bianco Toscana Igt 2014
Nato nel 1991, oggi è un mix di sauvignon (60%) e chardonnay (40%). Poco più di 4mila bottiglie. 25 €. Vinificato e maturato (7 mesi) in tonneau.
Sulla tavola de La Pineta
Colore: giallo paglierino con riflessi dorati. Profumo: frutta gialla (melone, ananas), miele, vaniglia. Sapore: secco, fresco e sapido, morbido. Abbinamento d'elezione: spaghetti alla Farouk (con scampi e
curry).

Le Macchiole Bolgheri Rosso Doc 2014.
Nato nel 2004, è un mix di merlot (50%), cabernet franc (30%) e syrah (20%). Circa 110mila bottiglie. 17 €. Matura per 11 mesi in barrique (di 2° e 3° passaggio) e per il 20% in vasche di cemento.
Colore: rosso rubino. Profumo: fiori, frutti di bosco, pepe. Sapore: ricco, fresco, morbido e deciso. Abbinamento d'elezione: risotto con le quaglie, fiorentina.

Paleo Rosso Toscana Igt 2012
Nato nel 1989 come blend di cabernet sauvignon e sangiovese, oggi è un cabernet franc in purezza. Circa 25mila bottiglie. 62 €. Matura 20 mesi in barrique nuove o di secondo passaggio.
Colore: Rosso rubino tendente al granato. Profumo: complesso, leggermente erbaceo, confettura di more, macchia mediterranea. Sapore: austero, ricco, tannini in evoluzione verso la morbidezza, potente. Abbinamento d'elezione: agnello al forno, lepre in salmì.

Scrio Toscana Igt 2012
Nato nel 1994, uno dei pochi Syrah prodotti a Bolgheri. 100% syrah. 4.200 bottiglie circa. 75 €. Matura 20 mesi per il 75% in tonneau nuovi e per il 25% in barrique di secondo passaggio.
Colore: rosso rubino con sfumature porpora. Profumo: ciliegie sotto spirito, cacao, caffè, alloro. Sapore: ricco, potente, giustamente tannico, di gran piacevolezza. Abbinamento d'elezione: peposo (spezzatino toscano piccante), gulasch all'ungherese.

Messorio Toscana Igt 2012
Nato nel 1994, merlot in purezza. Fermentazione in acciaio e anche in tini di legno. 9.500 bottiglie circa. 140 €. Maturazione: 20 mesi in barrique nuove (per il 75%) e di secondo passaggio (per il restante 25%).
Colore: rosso rubino intenso, quasi impenetrabile. Profumo: intenso, anche speziato, mora, prugna, sandalo e tabacco. Sapore: caldo, vigoroso, sapido, con finale ammandorlato. Abbinamento d'elezione: stufato di manzo, cinghiale in agrodolce.

Le Macchiole, via Bolgherese 189/A, Bolgheri (Livorno), tel. 0565.766092, www.lemacchiole.it.


DOVE DORMIRE, MANGIARE, COMPRARE…

Dove dormire

Villa Le Luci
Indirizzo: via Umberto I 47, Castagneto Carducci (LI), tel. 0565.763601, www.villaleluci.it.
Un b&b  ricavato in una residenza antica con 5 camere doppie e una suite. Letti king size con scelta di cuscini, marmi di Carrara in bagno, alti soffitti. Doppia b&b da 95 €, secondo periodo (ora, fino al 22/12, 133 €).

Sant’Elena
Indirizzo: via Campo di Sasso, Bibbona (LI), tel. 0586.67107, www.relaissantelena.it.
Piccolo relais di charme in una tenuta. Ambienti eleganti e luminosi. Doppia b&b da 150 €. Chiuso dal 2/11 al 31/3.

Dove mangiare

La Pineta
Indirizzo: via dei Cavalleggeri Nord 27, Marina di Bibbona (LI), tel. 0586.600016, www.lapinetadizazzeri.it. Chiuso lun. e mart. a pranzo (da nov. a feb., anche a cena). Menu degustazione a 75 € (6 portate) e 85 € (7 portate). Alla carta (3 piatti) da 64 €.
Un tempo baracca su palafitte, oggi straordinario locale sulla spiaggia (1 stella Michelin). Deus ex-machina il patron Luciano, già pescatore, e chef. Menu ispirato al territorio e al mare. Eccellenti antipasti freddi e caldi di pesce e crostacei; spaghetti con polpo novello, capperi e pomodorini; cacciucco della pineta; lupicante (astice) in guazzetto; deliziose costolette d’agnello con patate.

El Faro
Indirizzo: viale della Vittoria 70, Marina di Cecina (LI), tel. 0586.620164, www.ristorantelfaro.it. Chiuso merc. Menu 25-50 €. Alla carta, da 39 €.
Sulla spiaggia attrezzata, con beach bar. Nel ristorante vista mare si gustano le specialità della famiglia
Giacomo Poggetti, El Faro,
pescaturismo e pranzo a 70 €
Poggetti, proprietaria dal 1957. Fra quelle assaggiate, l’eccellente caldaro, “minestrina” di pesce povero, passato due volte; le scarpettine sporche, purè di porri con seppioline; i maltagliati con ricciola, capperi, verdurine e cocco (ovoli); pagello e dentice al forno con patate. Possibilità di fare pescaturismo (con bagno al largo) sulla barca di famiglia tutto l’anno (70 € a persona, compreso pranzo al ristorante). Anche pescheria-street food, con vendita del proprio pescato.

Osteria Magona
Indirizzo: via Bolgherese, loc. Vallone dei Messi 199, Bolgheri (LI), tel. 0565.762173, www.osteriamagona.com. Da 28 €.
In questo bel casale di campagna, la “ciccia” (la carne) la fa da padrona. E che carne. Quella del macellaio-“poeta”-ristoratore Dario Cecchini di Panzano, di cui il patron Omar Barsacchi è grande amico. In un frigo grandi pezzi a frollare anche per 90 giorni e oltre. In tavola, tartare, arrosticini, bocconcini di carne marinata, maltagliati al ragù di chianina, bistecca. Si beve bene. 

Dove comprare

Peperita
Indirizzo: via Vittorio Emanuele 32, Castagneto Carducci (LI), tel. 0565.765143, www.peperita.it.
Negozio dell’azienda agricola omonima di Rita Salvadori: produce ben 17 tipi di peperoncino biodinamico, che non si distinguono solo per il grado di piccantezza, ma per tante sfumature gustative, che li rendono adatti a insaporire certi cibi piuttosto che altri. Si va dal banana pepper all’erotico, dallo jalapeno allo scotch bonnet, dall’habanero al naga morich: 25mila piante coltivate nel Podere I Doccioni in loc. Calcinaiola. Confezioni in polvere, in fiocco, ma anche in paté. Altri negozi a Roma, Volterra e Bibbona. Vendita anche on line.

Premiata Fabbrica Liquori Emilio Borsi
Indirizzo: via Garibaldi 5/a, Castagneto Carducci (LI), tel. 0565.766017, www.borsiliquori.it
Antico laboratorio liquoristico, dove Annamaria Costa prepara ancora “a mano” squisite specialità come l’Elixir China Calisaja, la Genziana, il Gran Liquore del Pastore e l’Amarancia, in vendita nel negozio con altre specialità regionali. Prezzi bottiglie: sui 30 €.

Arte e Moda
Indirizzo: via Vittorio Emanuele 50, Castagneto Carducci (LI), tel. 0565.763694, email artemoda@live.com
Marianna e Florin Cristea. Fra loro,
Cinzia Merli
La sartoria di Florin Cristea e di sua moglie Marianna, sulle orme dello storico artigiano Walter Morganti, è un piccolo, delizioso locale d’antan, dove si confezionano giacche e vestiti su misura, anche in panno casentino, come l’immortale cacciatora.






Cosa vedere

Rifugio Faunistico Padule di Bolgheri
Ingresso: SP 39 Vecchia Aurelia, km 269,400, Castagneto Carducci (LI). Aperta da novembre ad aprile, sab. e dom. (prenotazione obbligatoria). Cell. 338.4141698, www.wwf.it/oasi/toscana/padule_di_bolgheri/ 
Già riserva di caccia del marchese Mario Incisa della Rocchetta, trasformata in rifugio faunistico. Si possono ammirare il bosco di frassino ossifillo allagato, praterie umide, stagni, tombolo costiero e dune. Si incontrano, fra gli altri,  aironi guardabuoi, lepri, cinghiali e caprioli al pascolo; in cielo, allodole, ghiandaie marine, rigogli. E una coppia di cicogne bianche, tornate in Maremma dopo 200 anni di assenza.